La ricetta di Mario Draghi fra poche luci e molte ombre

Di Fabio Folisi

draghi_630x420Il mondo della finanza ha chiesto e Mario Draghi ha fatto. Il lancio da parte della BCE di un programma di acquisto titoli di Stato per 1.100 miliardi di dollari è una novità di fatto ma non di metodo. Infatti questa scelta di politica monetaria in realtà non può cambiare nulla perchè resta accompagnata dai principi di austerità che, teoricamente valori importanti, hanno creato danni enormi ad una parte delle economie europee. Insomma la nuova ricetta Draghi è lontana dal sostenere l'economia europea reale, ma è piuttosto un nuovo piano di aiuti per le banche che difficilmente allargheranno i cordoni della borsa se non costrette da provvedimenti nazionali che non si vedono all'orizzonte. Le critiche su Mario Draghi rischiano ora di superare i consensi, chi fra i grandi finanzieri mondiali (non serto solo europei) lo ha voluto e sostenuto ora gli ha chiesto un ulteriore conto. Hanno richiesto atti concreti al Presidente della Banca centrale europea che non li ha delusi. La ricetta non è nuova o meglio potrebbe diventarlo se accompagnata da precisi vincoli nei confronti dei sistemi del credito, vincoli ad immettere effettivamente il denaro nell'economia che non appaiono allo stato neppure lontanamente plausibili. La speranza di rompere la spirale deflazionistica in cui precipita il economia europea resterà una chimera ed il programma di riacquisto di azioni di debito pubblico e privato per 60 miliardi al mese fino al settembre 2016 potrebbe diventare un boomerang. Ovviamente le reazioni politiche internazionali sono diverse, da un lato François Hollande e Matteo Renzi pensano di aver vinto una grande battaglia politica con l'aiuto della BCE visto che secondo la loro visione si è accettato di rompere con la politica europea sotto la guida di Berlino. Dall'altra la Germania che prima ha cercato di opporsi a ciò che considera un grave errore per quanto riguarda la loro idea di ortodossia monetaria considerando l'intervento della BCE un incentivo per lassismo dei governi irresponsabili. Per questo il 14 gennaio scorso Mario Draghi aveva incontrato il cancelliere Angela Merkel per cercare di superare la sua opposizione, quella della Bundesbank e di altri paesi, come la Finlandia. Ma se la Germania non ha potuto opporsi al principio di questa politica diciamo non convenzionale, è però riuscita ad imporre le sue condizioni. La limitazione principale è che titoli acquisti saranno ricondotti alle banche centrali nazionali e saranno loro a sopportarne il rischio principale. Non ci sarà insomma la messa in comune del debito sovrano europeo. Esattamente il contrario di quello che coi si poteva auspicare, non si è rafforzato il concetto di unità europea basata sulla solidarietà, anzi, il nuovo programma ribadisce ed amplifica le differenze, ripristinando l'ordine di valori fra singoli paesi e nazionalità. Ripristina il ruolo delle banche centrali nazionali indebolendo in realtà il concetto fondante della moneta unica. Non poteva essere che così in un Europa puntellata solo dalla finanza e dalla logica monetaria che non riesce ad avere politiche realmente comuni se non quelle che impongono omologazioni artificiose. La prova è nel servizietto riservato alla Grecia, infatti pur riaffermando l'immutabilità della zona euro, uno status separato è stato riservato e ritagliato per la Grecia, un precedente che potrebbe essere poi allargato ad altri Paesi. Per avere denaro la Grecia deve dare garanzie, in sostanza Atene deve prima attenersi rigorosamente alle condizioni imposte dalla Troika. Le condizioni sono chieste in prospettiva della vittoria elettorale di Syriza: l'Europa insomma non è pronta a fare concessioni. Ma in realtà una piccola vittoria l'Europa meridionale, mediterranea se si preferisce definirla così, l'ha ottenuta, anche se si tratta di fondi che non è detto vadano davvero a rilanciare l'economia serviranno comunque ad una possibile stabilizzazione e comunque sono una opzione diversa all'immobilismo austero propugnato dai tedeschi. Prova ne sia che i rappresentanti della Bundesbank, a quanto pare, hanno tentato di tutto almeno per guadagnare. La loro tesi è che la deflazione non minaccia l'economia europea. Se i prezzi scendono a rotta di collo secondo loro è dovuto alla caduta dei prezzi del petrolio. Quindi era meglio aspettare che la situazione si stabilizzasse e verificare se la deflazione esistesse per ragioni strutturali della zona euro, prima di lanciare un programma di riacquisto del debito. Una volta tanto i tedeschi sono stati messi in minoranza perchè non sono riusciti a convincere i loro interlocutori. Così un raggiante Mario Draghi ha potuto trionfalmente affermare: "Il provvedimento è stato adottato a larga maggioranza". Speriamo non si tratti della vittoria di Pirro.