La “questione” Venezia Giulia alla luce dell’Italicum, intervista a Ferruccio Clavora

La storia civile e politica della regione Venezia Giulia è ancora troppo complessa per diventare una formidabile piattaforma di pace, cultura e convivenza transfrontaliera. Una questione antica riaperta recentemente dalla legge elettorale italiana in discussione. Il territorio che da Tarvisio giunge a Trieste è storicamente nominabile “Venezia Giulia” senza ombra di ambiguità: oggi la nostra memoria storica collettiva dimentica come sin dal 1918 si avviò subito lo smembramento della Provincia di Gorizia a favore di quella di Udine e Tarvisio trasformò rapidamente la sua identità giuliana in friulana. Detto questo (merita un approfondimento se un lettore lo richiedesse) differente è la questione delle Valli del Natisone incluse anch'esse con Cividale, nel Collegio elettorale due, insieme a Trieste e Gorizia e alle minoranze slovene giuliane, dalla legge italiana per l'elezione della Camera dei Deputati. Per capire la situazione di quest’area, da sempre al centro di arroventate polemiche identitarie, abbiamo interpellato Ferruccio Clavora, sociologo, giornalista, autonomista di lungo corso ed attualmente presidente dell’associazione “Istituto Slavia Viva”.

 Come va interpretata la polemica nata sull’applicazione dell’Italicum in Friuli-Venezia Giulia, proprio sulla questione slovena ?

 Piano, piano, sta emergendo la serietà di un problema che alla maggioranza dei friulani sembra irrilevante: la presenza e la sorte, sul confine orientale del Friuli, delle comunità slavofone del Natisone, del Torre e di Resia. Comunità che hanno sempre condiviso le sorti geopolitiche della “Patrie”, essendone elemento costitutivo. Senza queste popolazioni, il Friuli sarebbe altra cosa. Con troppa leggerezza e colpevoli cedimenti, i friulani hanno acconsentito alla progressiva erosione della specificità storica, culturale e linguistica di questi cittadini del Friuli a la loro assimilazione alla minoranza nazionale slovena di Trieste e Gorizia quale compimento del progetto nazionale sloveno che vedeva tutti gli sloveni all’interno dello stesso spazio geopolitico. Con l’allargamento ad Est dell’Unione europea ed il Tratto di Schenghen tale sogno si è realizzato. Politicamente, però, è rimasto aperto un problema: il rifiuto delle popolazioni del Natisone, del Torre e di Resia di accettare la loro assimilazione alla comunità nazionale slovena di Trieste e Gorizia, imposta dalla sciagurata Legge 38 del 2001 di tutela della minoranza stessa ed ulteriormente specificata dalla L.R. 26/2007 che, però, riconosce l’esistenza delle varianti linguistiche di Resia , del Natisone e del Torre. Inoltre, questo intreccio tra il determinato perseguimento del progetto nazionale sloveno e la colpevole distrazione della classe politica friulana, ha lasciato il campo libero alle sempre più insistenti ingerenze - politiche e finanziarie - delle autorità della Repubblica di Slovenia su questo territorio, alla faccia delle prediche sulla “sovranità”. La questione dei collegi elettorali dell’Italicum è solo la logica prosecuzione di tale disegno: compattare la componente “slovena” del Friuli Venezia Giulia in un unico contenitore elettorale per rafforzare il dominio della componente triestina sulla Slavia friulana e dintorni, Forum Julii compresa. In Friuli, di questo esproprio di sovranità nessuno - salvo rarissime eccezioni - sembra preoccuparsi causa “la generale incultura democratica della Repubblica italiana” come ha scritto Sergio Cecotti sul Messaggero di alcuni giorni fa .

La questione delle comunità del Natisone, del Torre e di Resia sia di assoluta rilevanza democratica, istituzionale nazionale ed internazionale viene confermato anche da quanto ha scritto in merito, pochi giorni fa, Andrea Valcic sul Messaggero. “Interessante e curioso, dopo settant’anni, scoprire la lungimiranza storica e geografica di Josip Broz Tito. Si, proprio lui, il presidente della repubblica socialista di Jugoslavia che nel 1945 disegnava i confini della sua futura repubblica federativa, inglobando al suo interno, vaste porzioni del Friuli. Prendete le cartine geografiche, le mappe presentate durante convegni e seminari, sul ruolo del IX Corpus, della Garibaldi e dell’Osoppo, ma soprattutto “la madre di tutte le polemiche”, ovvero P orzus, e poi sovrapponetele al disegno dei nuovi collegi elettorali della Regione. Il numero due comprende , oltre le ex province di Gorizia e Trieste, quarantaquattro paesi friulani. Esattamente, comune più, comune meno, quello che aveva previsto Tito, ma proposto oggi dal governo di Matteo Renzi, con l’ “Italicum”. Chiaro ?

Ma come si è potuto arrivare ad una tale situazione e soprattutto come è possibile che il tutto avvenga senza che nessuna istituzione o forza politica reagisca con forza ?

E’ la Legge 38/2001 della Repubblica italiana che ha consentito alle organizzazioni della minoranza nazionale slovena di costituirsi in vero e proprio corpo separato ed autoreferenziale all’interno dello Stato italiano organicamente collegato alla vicina Repubblica di Slovenia. Dall’Italia, questo Stato nello Stato, chiede solo il rispetto delle norme che ciò consentono e, cospicui finanziamenti. Ha, quindi, ragione il consigliere regionale Roberto Novelli a chiedere a quanto ammontano le risorse elargite dall’Italia e dalla Slovenia per tentare di condizionare la coscienza identitaria di un popolo demograficamente allo stremo e abbandonato - svenduto - dalle istituzioni italiane. Finanziamenti ingenti (decine di milioni di Euro l’anno !) che rendono ridicolo - per non dire offensivo - il sostegno alla comunità friulana. Ovviamente e nonostante le ripetute sollecitazioni del Comitato consultivo della “Convenzione quadro sulla protezione delle minoranze nazionali” del Consiglio d’Europa, non si è mai proceduto ad una verifica della reale consistenza della comunità nazionale slovena presente nel Friuli Venezia Giulia ne garantito ai cittadini della Slavia friulana il diritto alla libera autodeterminazione identitaria.

 Possibili svolte ?

 Mentre sulla questione greca, in virtù del principio della “sovranità popolare”, è stato fortemente affermato il diritto inalienabile del popolo a decidere del proprio destino, per quanto riguarda una parte importante del Friuli ed in particolare la Slavia friulana, il trasferimento di sovranità sta avvenendo senza che il popolo possa esprimersi liberamente e senza condizionamenti. Solo ripristinando un normale funzionamento delle regole democratiche, restituendo alla volontà popolare il controllo del proprio destino e respingendo fermamente le ingerenze estere negli affari interni del nostro Stato, potrà essere riparato il gravo danno subito da questa parte integrante del Friuli che si sente italiana pur disponendo di cultura, lingua e tradizioni di origine slava. A questo punto, non mi sembra inopportuno riportare parte dell’intervento pronunciato dal leader autonomista friulano Tiziano Tessitori in sede di Assemblea Costituente: Entro i nuovi confini del nostro nuovo stato rimangono circa 9.400 slavi, che si concentrano quasi tutti nella città o nei dintorni di Gorizia. Ci sono altri slavi, circa 30.000, ma questi sono stati e sono incorporati all’Italia fin dal 1866: sono le popolazioni della Vallata del Natisone, popolazioni che sono profondamente italiane. Basta che l’Assemblea Costituente sappia come durante la guerra 1915-1918, l’unico reparto dell’esercito italiano che non abbia avuto nemmeno un disertore è stato il battaglione Val Natisone dell’ VII Reggimento Alpini. Quando poi si scenderà ai dettagli, a fissare cioè gli articoli di tale Statuto, siate pur certi che, se la elaborazione di esso, come certamente avverrà, sarà affidata ad uomini della mia terra, essi sapranno trovare quegli istituti e quelle formule che serviranno a risolvere, non tanto un problema locale ma, nell’interesse dell’intero Paese, un problema di carattere nazionale. . Ma, prima di finire, non posso sottacere ... la preoccupazione …. che una eccessiva differenziazione del Friuli nei confronti delle altre regioni d’Italia potrebbe costituire pretesto, se non argomento, alle correnti nazionalistiche slave per pretese su quelle italianissime terre”

 Mi sembra che quanto ha detto meriti ulteriori approfondimenti. Per ora, Le chiedo una breve conclusione ?

 Reagiscano i democratici della “Patrie”. Si sveglino gli autonomisti. Non si lasci, il Friuli, sfilare questa parte costitutiva del suo essere. Non si costringa la Slavia friulana a tornare ad essere “Schiavonia veneta” e chiedere aiuto a Venezia.

Intervita a cura di Michelangelo Castellarin