La pagella di Obama: luci, ma tante ombre

 

Qualche luce, però tante ombre. Anticipo subito il voto: 6, ma con due 'meno'. Questa è la pagella degli 8 anni di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti a 8 mesi dal voto sulla sua successione (primo martedì di novembre) e a 10 dal suo trasloco dalla Casa Bianca (10 gennaio 2017).
Ha dovuto fronteggiare circostanze davvero difficili: economiche (lo 'tsunami' del 2008), politiche (i veti del Congresso, divenuto a maggioranza repubblicana) e di scenari internazionali sempre più caotici.
Ma sull'altro piatto della bilancia ci sono il declino degli Usa nel mondo, errori strategici che hanno prodotto vuoti colmati dal terrorismo, 'dialogo tra sordi' con la Destra interna.
L'efficacia dell'azione della Casa Bianca è stata sì compromessa dall'involuzione del Partito repubblicano, finito sotto l'influenza dei radicali del Tea Party e adesso, addirittura, di Donald Trump, ma nella pagella del primo Presidente Usa di colore restano anche gli errori per quel che ha fatto (o, meglio, non fatto) da capo del Partito democratico.
La vicenda dei 'superdelegati' del partito, che sta alterando, in maniera molto poco democratica, il testa a testa nelle primarie tra Hillary Clinton e Bernie Sanders richiama alla mente l'incapacità della Sinistra italiana di affrontare in politica il problema del conflitto di interessi, anche quando c'erano i numeri per farlo.
I democratici Usa, ben 35 anni fa, fecero approvare una legge che riserva alle strutture del partito (sottraendolo agli elettori) il 15% dei delegati che scelgono l'inquilino della Casa Bianca. Risultato: dopo le prime tre primarie, Hillary e Bernie avevano quasi lo stesso numro di delegati votati dagli elettori, ma in realtà la Clinton aveva un vantaggio abissale (502 a 70) perché 445 dei 712 'superdelegati' avevano già dichiarato l'appoggio alla 'royal family' della Sinistra contro i soli 18 schierati per Sanders. Un rapporto di 1 a 25 nei voti dell'apparato mentre quelli popolari indicavano una sostanziale parità.
Questa assurdità doveva essere sanata da Obama, che però non l'ha fatto anche perché anche lui se ne avvalse nel 2008 (sua prima elezione) . Hillary, infatti, ha assunto Jeffrey Berman, l'architetto di Barack nella gestione vincente dei 'superdelegati'.
E i risultati si vedono.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it