La meccanica semplice e bella. Bicicletta meraviglia della modernità

tandem-bike-for-10Si dice che la scoperta della ruota segnò uno spartiacque decisivo nel progresso della civiltà: dopo la ruota tutto fu possibile. A quanto pare il prodigio “bicicletta” ebbe i suoi prodromi nel V millennio a.C.
“Il prototipo dell'attuale bicicletta – scrivono i documenti storici – è stato prodotto nel 1889; negli anni precedenti esisteva il biciclo con la mastodontica ruota anteriore, la piccola posteriore e la sella a oltre un metro da terra. Il peso si aggirava sugli 80 kg e per questa ragione l'uso di un velocipede del genere era molto pericoloso in strada, sia per i ciclisti, che spesso perdevano l'equilibrio che per i passanti che venivano travolti”.
In una convulsa seduta del Consiglio Comunale di Udine, si propose di mettere al bando l'uso del biciclo, ma fu grazie al sindaco G.L. Pecile che sostenne con fermezza l'utilità del mezzo per «soddisfare il prepotente bisogno di ricreazione, di aria e di moto della gioventù» che la mozione fu bocciata. 3-uomini-su-vecchie-biciclette-con-riflesso-nellacqua
tre-donne-in-bici-con-la-gonna-women-on-a-bikeMa poi l'evoluzione, e alla fine del XIX secolo il velocipede conquistò un ruolo importantissimo nella società. La “macchina”, come venne per lungo tempo chiamato, sottolineando il suo aspetto meccanico e meraviglioso, non solo si legava al movimento di emancipazione delle classi subalterne, grazie all'accessibilità economica e l'utilità nel mondo del lavoro, ma riempiva di poesia la vita della borghesia acculturata. Le gesta dei campioni, poi, il senso di liberazione dato dal dominio sulla macchina, la velocità, l'idea del moto che vince la stasi, un "mezzo" che ci consente di dominare la forza di gravità... tutto questo faceva della bicicletta il simbolo della liberazione dalle leggi della fisica, e il fatto di restare in equilibrio dopo la prima pedalata esaudiva il sogno di ognuno: raggiungere l'equilibrio fisico e mentale che fa sentire bene. Non ultima l'idea di conquista a prezzo di lotta e sacrificio, fecero del velocipede un complesso mito della modernità. Un mito consegnato alla storia da cronisti pignoli e scrittori intenti a riportare non soltanto le gare epiche, ma anche i fatterelli di cronaca locale. Riportiamo un redazionale “appassionato” dal titolo “I gioielli in casa De Luca”, apparso sui quotidiani italiani del 1899 e che riguarda la produzione della ditta friulana. monociclo-senza-pedali-nc3a8-sella-e1395706179469
paris-1890-gruppo-di-gentelmen-in-bici“Abbiamo veduto le biciclette modello 1899 fabbricate nell'officina Teodoro De Luca – scrive il cronista – e davvero le troviamo splendide. Perfezionate come sono presentemente, le biciclette De Luca, si può dire senza tema di smentita, presentano tali pregi di solidità, scorrevolezza ed eleganza, da gareggiare senz'altro con le macchine che sortono dalle fabbriche inglesi. Già nel '97 e '98 la produzione dell'officina De Luca prese un grande sviluppo ed il bravo “Doro” può aspettare anche quest'anno un felicissimo esito, e lo dimostrano già le ordinazioni che da ogni parte giornalmente gli piovono. Certo non trascurato dai ciclisti d'oltre confine e, in special modo, da quelli della Venezia Giulia, appassionati dei velocipedi, intenditori e che da tempo conoscono e apprezzano le sue macchine. All'amico “Doro” le nostre più vive congratulazioni e auguri di ottimi affari”.
Che meraviglia i tempi che furono! Dove tutto sembrava ancora possibile! t

Zigaina

Zigaina

Gareggiare con la bicicletta, vuoi per emulare i grandi campioni, vuoi per dimostrare le potenzialità della macchina, era lo sport preferito della borghesia.
Annuncia “Il giornale di Udine” in un articolo del 22 aprile 1899: “Una sfida velocipedista, accorrere tutti! Domani alle due e mezza avrà luogo una gara velocipedista sul percorso Udine-Palmanova fra due ciclisti in tandem e uno in bicicletta. Saranno capaci le gambe del prode solitario ad avere la meglio sulle quattro avversarie? La partenza sarà alla barriera di porta Aquileia”.
Si ha notizia, inoltre, di una prima corsa in bici a Udine nell'agosto del 1869, a tre anni dall'annessione all'Italia e nel 1888 sorse il “Veloce Club Udine”, che si fece costruire una pista in terra battuta di un quarto di miglio (404 metri) nella borgata Vat, località preferita dagli udinesi per le passeggiate. PAR90956Ma le gare ufficiali si svolgeranno sull'ellisse di Giardin Grande, solitamente utilizzata per le corse dei cavalli. La pista Vat fu anche il teatro per l'allenamento di grandi campioni italiani, gli udinesi Carlo de Braida e i fratelli Giovanni e Alessandro de Pauli (quest'ultimo nominato console per il Comune di Udine del Touring Club Ciclistico Italiano). E sono del 1899

Scarpi

Scarpi

i natali dell' “Unione velocipedista Udinese” in sostituzione del “Veloce Club”, aggregata all'Unione Italiana che poi diventò federazione del Coni. Ma le glorie continuano: nel ferragosto del 1903 in occasione dell'Expo regionale, a Udine si è svolta una grande riunione ciclistica che ha chiamato sull'ellissi di piazza Primo Maggio ben 1500 appassionati provenienti da tutta Italia.
partenza-di-gara-di-bici-bike-race-startMa non di soli fasti e ludici intrattenimenti si circondava la bicicletta. Il 25 aprile 1897 fu scritto: “Una donna investita da un velocipedista. Viene medicata Luigia Montalbano di anni 37 da Udine, per contusione all'alluce destro riportata in seguito a caduta per urto di una bicicletta. Giudicata guaribile in giorni sei”.
Da quanto si apprende dalle cronache del passato, il rischio sulle strade è un problema da sempre esistito. Muli, cavalli, carri, carrozze, biciclette e automobili, da sempre hanno investito pedoni scorrazzando a velocità sostenuta. E' interessante scoprire come alla fine del XIX secolo, Londra avesse già grossi problemi in questo senso, anche se si trattava di veicoli tirati da cavalli. E fu così che il primo segnale, chiamato “semaphore”, fu installato all'incrocio tra George Street e Bridge Street, vicino al Parlamento, il 10 dicembre 1868. Il dispositivo fu realizzato da J.P. Knight, un ingegnere ferroviario, e doveva permettere ai

Touluse Lautrec

Touluse Lautrec

pedoni di attraversare la strada in sicurezza. Peccato, però, che ebbe vita breve esplodendo letteralmente il 2 gennaio 1869. Ma non fu solo l'uggiosa donne-in-bicicletta-women-on-bikes-by-helmut-newtonmetropoli inglese ad avere il problema dei pirati della strada; il capoluogo friulano, infatti, in questo senso non fece eccezione. Ecco cosa scrisse un articolo datato 18 giugno 1899: “Il problema del traffico e il viale della stazione. Si era sempre creduto che il viale alberato che da Porta Aquileia conduce alla stazione e quindi a Porta Cussignacco, fosse riservato esclusivamente ai pedoni, e ora invece il medesimo viene continuamente percorso da velocipedi, da cavallerizzi, da vetture pubbliche e private, e perfino da carri. E bisogna ancora aggiungere che si fanno sempre andare a corsa sfrenata tanto i velocipedi che i cavalli. I miseri cittadini che passano per il viale non sono mai sicuri della propria pelle; le famiglie che abitano nelle case che lo fronteggiano ed hanno i bambini, stanno sempre in timore che qualche disgrazia possa succedere ai loro figliuoletti. Ci rivolgiamo a chi di ragione affinché vengano fatti osservare i regolamenti municipali e, se dal caso, ritorneremo sull'argomento”.
E oltre al pericolo, troppo spesso alla bicicletta si associava uno stile di vita un po' troppo... avventuroso.
“Una persona seria – scrivevano i galatei – non deve farsi vedere sul velocipede”. E guai concedere l'uso di tale mezzo alle donne!
Henri_CartierBresson__Hyres_FranceEppure, come accade oggi per le auto, circolare in bici portava alle casse pubbliche un certo guadagno: era d'obbligo, infatti, il pagamento di un bollo: “1 maggio 1899: Sequestrata alla stazione ferroviaria di Udine dalla guardia di città, Giuseppe Mattalich e dal vigile urbano vicario, la bicicletta di Giuseppe March fu Francesco, d'anni 36 da Briech, dimorante a Udine suburbio Cussignacco, perché mancante della targhetta comprovante il pagamento della tassa per l'anno 1899”.

Schifano

Schifano

Insomma, la bicicletta sembra correre anche nel Dna dell'uomo. Basta pensare che risale al 1447 il primo avvistamento di un simile mezzo tra gli abitanti di Meiningen. Poi nulla fino al 1649 quando, Giovanni Hausch si fece notare a Norimberga in sella a un velocipede che, a suo dire e vanto, faceva 1500 passi all'ora.
Nel 1700 la bici fu perfezionata ma ce n'è voluto di studio prima di arrivare dal pedivale al pedale. due-bicic-e-ombrello

L'arte in bici.

Grazie al suo fascino e al suo grandissimo valore simbolico ed evocativo, la bicicletta è stata spesso la musa di grandi artisti. Dalla pittura, scultura alla fotografia, essa si è conquistata un posto di tutto rispetto nella storia dell'arte internazionale. Essa, inoltre, fu amata maggiormente dai futuristi, poiché rappresentava il mezzo che ci lanciava verso il progresso, verso il futuro. Ma non solo loro amarono le due ruote, non dimentichiamo l'impressionista, Toulouse Lautrec ad esempio, George Dyer e Giuseppe Zigaina. Senza considerare la moltitudine di fotografi che se ne innamorarono, intendendo il pedale, a seconda dei periodi, il simbolo del romanticismo, dell'esistenzialismo o della lotta di classe. Inoltre, fotografia e bicicletta sono quasi coetanee, e questo ha permesso di poter vedere levoluzione nel tempo delle due ruote.