La guerra annunciata dalle campane della Carnia

imagesLe leggende vengono talvolta tramandate in più versioni, come ben sanno gli etnografi, ma stentiamo a credere che la guerra, anzi la Grande guerra, sia stata annunciata da un “festoso scampanio in Carnia” come ci è capitato di leggere in questi giorni: uno scampanio che vorremmo definire “spontaneo” e “just in time”, perché sarebbe stato udito nella notte del 23 maggio 1915.
Secondo la versione che definiremo “corale”, lo scampanio iniziò in un non identificato paese della Carnia e poi si sarebbe propagato “per simpatia”, come dicono i militari per le mine troppo vicine, fino a trasformarsi in un grande concerto di campane in tutte le vallate.
Noi di quella leggenda conosciamo una versione diversa e sicuramente più controllata sul piano scientifico, che fu pubblicata su “Ce fastu?”, la rivista della Società Filologica Friulana, nel 1931.
Il racconto dell'avvenimento è firmato da Maria Gentile Gortani, moglie del fondatore del Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari, e ci piace trascriverlo a beneficio dei nostri lettori, facendo preliminarmente notare che lo scampanio, partito in una notte del luglio 1914 dal colle di San Pietro di Carnia, fu udito da molti ma non si propagò ad altre celle campanarie.
Questo il testo, nelle parti più strettamente aderenti all'oggetto:
“In una notte del luglio 1914 (…) un suono di campane interruppe ad un tratto il silenzio del Canal di San Pietro. Destate dal sonno pesante (…) molte donne di Zuglio e di Arta, di Sezza e di Fielis, balzarono alle finestre pensando a un segnale d'incendio. Erano le campane della Modonna di San Pietro: era la chiesetta che sorge ai piedi dell'antichissima pieve presso la cime del monte (...).
Il suono delle piccole campane era limpido e regolare, ma aveva un timbro accorato come di richiamo insistente. Gli occhi scrutanti le tenebre non riuscivano peraltro a scorgere alcun bagliore d'incendio, né in fondo alla valle né in alto sui monti.
Che cosa dunque minacciava i paeselli immersi nella notte? Dalle case di Fielis (…) il sacrestano della pieve – che è custode pure della chiesina della Madonna – scese di corsa a vedere che cosa fosse accaduto. Ma quando vi giunse, il suono era cessato; la porta della chiesetta era ben chiusa, e nell'interno tutto era oscurità, pace e silenzio.
(A questo punto, in nota, l'Autrice scrive: “Il racconto del suono misterioso delle campane della Madonna era largamente diffuso nella media valle di San Pietro fin dai primi di agosto 1914, e molte donne parlavano realmente come sotto l'impressione di aver presenziato ad un fatto soprannaturale”. E ne cita quattro, viventi, per nome e cognome).
Il domani era tutto un incrociarsi di commenti (…) poiché non si poteva pensare a intervento umano nello scampanio notturno, data l'impossibilità di sonar le campane se non dall'interno della chiesa, dove pendon le corde del campaniletto a vela posto sopra il tetto dell'acuto spiovente.
Pochi giorni dopo si scatenava la guerra tremenda, e a torme si videro ritornare gli emigranti dai paesi ormai tutti sconvolti dalla bufera devastatrice. Arrivavano stanchi, disorientati dallo sbalzo improvviso. Le donne accorrevano ad accoglierli, ma non col festoso saluto del consueto ritorno autunnale: in tutti i cuori c'era ormai il presagio di dolori e di orrori imminenti. “La Madonna ci ha avvisati” dicevano quelle anime semplici. E nel segno soprannaturale trovavano non solo l'annuncio di sventura, ma anche la speranza che l'Avvisatrice del pericolo avrebbe dato ai suoi figli l'aiuto per poterlo superare (…)”.
Maria Gentile Gortani non parla di “miracolo”, nella nota finale, bensì di “leggenda” che non offriva elementi di novità nei tempi e nei modi nei quali si era verificata, ma osserava che in Carnia “sono sempre fresche e attive le fonti essenziali del mito: e i fantasmi che ne sorgono sono talvolta, nella loro stessa esilità e trasparenza, la figurazione d'intuizioni profonde, che resterebbero altrimenti indistinte, sono cioè, in qualche modo, la figurazione di una realtà superiore”: intuizioni profonde, specifica, che trovano il terreno nativo nel cuore della donna, non dell'uomo.
Come si vede ci sono molte e rilevanti differenze di tempo, di luogo e di modo fra la versione di recente divulgata e quella da noi riproposta nell'anniversario del 24 maggio 1915.

Gianfranco Ellero