La coalizione anti-Isis e la tutela del Giubileo

I Paesi che hanno aderito alla coalizione anti-Isis sono una sessantina, ma oltre la metà lo fa soltanto a parole (Italia in particolare) e quindi non partecipano ad azioni militari contro il Califfato. E quelli scesi in campo contro i tagliagole sono più un'Armata Brancaleone che una reale alleanza. Sia per gli obiettivi militari e la zona d'azione sia per quelli politici (cosa ottenere 'dopo').
Se la Gran Bretagna di Cameron è riuscita a spaccare il partito laburista ottenendo l'adesione anche bellica all'operazione anti-'bandiere nere', la Germania della Merkel ha dato il via al sostegno alla coalizione (invio di Tornado e fino a 1200 soldati), ma con l'impegno a non bombardare o a combattere sul campo. Quindi: niente o poco più.
L'unica cosa che dà speranza è l'unione Usa-Russia all'Onu per attaccare i pozzi petroliferi. La vendita dell'oro nero è infatti la vera fonte di approvvigionamento dell'Isis. Ma prima di scendere nell'analisi della situazione bellica e degli obiettivi politici dei vari Paesi della missione anti-Isis, vediamo gli schieramenti nei due Paesi che sono il fulcro della lotta al terrorismo.
In Iraq, a sostegno delle forze curde e dei peshmerga nel combattere e colpire gli obiettivi del Califfato a Mossul, ci sono Francia, Danimarca, Gran Bretagna, Belgio, Olanda, Canada, Australia e Giordania. Da pochi giorni si sono unite anche forze turche e questa mossa di Erdogan spiazza dato che i curdi sono proprio i principali nemici di Ankara. Il 'sultano' parla di semplice addestramento, ma molti temono che in realtà stia preparando l'offensiva.
In Siria sono invece impegnati Stati Uniti, Canada, Bahrein, Giordania, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Poi ci sono la Russia e la Turchia che però avrebbero nel mirino forze ben diverse da quelle del Califfato: Putin i ribelli dell'alleato Assad (dittatore di Damasco) ed Erdogan i soliti curdi.
Poi ci sono i Paesi che definirei 'della cautela': giudicano giusta la lotta ai terroristi, ma stando ben alla larga dal campo d'azione. Non è un caso che finora non sono stati oggetto di attentati o minacce (quelle rivolte a noi riguardano quasi esclusivamente il Vaticano). In primo piano in questo schieramento è l'Italia: Due le motivazioni: 1) proprio oggi comincia a Roma il Giubileo e nella capitale sono attese centinaia di migliaia di persone; 2) il nostro Paese è stato 'bruciato' dall'esperienza libica e ne ha subito le conseguenze: se si bombarda senza organizzare il 'dopo', si crea soltanto il caos.
Tornando alla 'coalizione combattente', quel che preoccupa di più è la doppia diffidenza nei confronti della Russia: quella della Turchia, ma sopratutto quella degli Usa, che puntano a non perdere il loro ruolo di primattori in una zona nevralgica del Pianeta come il Medio Oriente.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it