Islam contro Islam, fra “loro” è guerra mondiale

La guerra civile nello Yemen si sta trasformando, non è più tutta interna, ma ora vede l'intervento diretto dell'Arabia Saudita che è entrata in azione insieme ad altri 9 Paesi, inclusi i 6 membri del Consiglio di Cooperazione del Golfo, tutti sunniti. Le truppe ammassate al confine meridionale del regno sono intervenute nello Yemen per difendere il governo del presidente, il sunnita Abd-Rabbu Mansour Hadi, che era fuggito dopo l'assalto dei ribelli sciiti Houthi, sostenuti, secondo lo stesso Hadi e Riad, dall'Iran, culla dello sciismo e dell'ex presidente Ali Abdullah Saleh.

Si tratta della più grande operazione militare della storia saudita: sarebbero infatti impegnati 100 aerei da combattimento e 150.000 soldati. Lo ha riferito la rete satellitare al Arabiya, secondo la quale, nella coalizione islamica (sunnita) guidata da Riad, la Giordania ha inviato 6 caccia-bombardieri F-16 mentre gli Emirati Arabi Uniti 30 jet. Gli altri Paesi impegnati sono Marocco, Egitto, Sudan, Kuwait, Bahrein, Qatar. Inoltre è pronto ad impegnarsi, anche in operazioni di terra, il Pakistan. La notizia dell'attacco è ormai ufficiale ed è stata annunciata dall'ambasciatore saudita a Washington. Resta incertezza sulla sorte dello stesso presidente: quest'ultimo sarebbe fuggito probabilmente proprio in Arabia Saudita.

L'ambasciatore Adel al-Jubeir ha chiarito da Washington che l'attacco è partito dalle truppe saudite (alle ore 19.00 secondo il fuso della costa orientale americana - le 24 qui da noi) per "difendere il legittimo governo" yemenita di Hadi su richiesta esplicita di quest'ultimo. Al-Jubeir ha specificato che gli Stati Uniti non stanno partecipando in alcun modo all'attacco che coinvolge esclusivamente i Paesi musulmani. L'azione non si limiterà ad alcune città yemenite ma a tutto il Paese perché "il fallimento (come Stato) dello Yemen non è un'opzione (accettabile) per noi", ha precisato al-Jubeir. L'ambasciatore non ha voluto fornire indicazione su dove Hadi si sia rifugiato, dopo aver abbandonato la sua residenza ad Aden, l'importante porto meridionale dove si era stabilito dopo la defenestrazione da Sanaa. L'ambasciatore saudita ha insistito che Hadi e il suo governo continuano a guidare legittimamente lo Yemen: il diplomatico ha sottolineato che l'azione militare esterna è giustificata sulle norme previste dalla 'Carta' costitutiva delle Nazioni Unite e della Lega Araba e che includerà raid aerei contro le postazioni degli sciiti Houthi che da settembre controllano la capitale (Sanaa) e che stanno avanzando da giorni su Aden.

Da ultimo al-Jubeir ha lanciato l'allarme per la notizia che gli Houthi hanno il controllo di missili balistici, che sono in grado di raggiungere obiettivi negli stati confinanti, e di tutta l'aeronautica militare yemenita. L'allarme non riguarda solo armamenti, ma anche informazioni riservatissime. Secondo fonti Usa (editate dal Los Angeles Times) documenti dell'intelligence americana custoditi dalle forze di sicurezza yemenite potrebbero essere finiti nelle mani dei ribelli huthi e, forse, da questi comunicati all'Iran con cui il gruppo sciita ha legami. Si tratterebbe di materiale contenente dettagli su operazioni di intelligence americana nel Paese, compresi dettagli e nominativi di collaboratori su cui gli huthi avrebbero messo le mani dopo aver occupato gli uffici del dipartimento per la Sicurezza Nazionale a Sanaa.

Si sospetta infine che ex funzionari yemeniti che si sono alleati con i ribelli sciiti possano aver consegnato direttamente ai consulenti iraniani 'files' sensibili per l'intelligence americana. Le forze Usa hanno a lungo collaborato con il governo yemenita del presidente Abdu Rabbu Mansour Hadi, soprattutto sul fronte della lotta al terrorismo.