Il voto, nome per nome, degli europarlamentari italiani sul Jefta, il trattato di libero scambio con il Giappone fotocopia di Ceta e Ttip di cui ricalca la filosofia. Il voltafaccia di Lega e M5S

Come è noto il Jefta, il trattato di libero scambio fra Ue e Giappone, è stato approvato con 474 voti a favore, 152 contro e 40 astensioni. Interessante è vedere come hanno votato gli europarlamentari italiani nei quali spicca la posizione monolitica di Lega e M5S compatti a favore del trattato. Una stranezza se consideriamo che il Jefta è considerato una fotocopia di Ttip e Ceta osteggiato da molti esponenti di quei movimenti politici. Contraddizione che non meraviglia dato che soprattutto il M5s, come è noto, ora che al governo nazionale sta cambiando opinione o comunque ha posizioni opache ed ondivaghe su molte questioni sulle quali in passato avevano espresso monolitiche contrarietà che a questo punto pare ovvio fossero solo finalizzate alla raccolta di consenso. Basti pensare a Tav e Tap. Anche nel caso del Jefta il voltafaccia del M5s appare evidente dicendo“Sì” Di Maio & c hano di fatto delegittimato una strategia che era condivisa con i movimenti che si può sintetizzare nella necessità di modificare la struttura dei trattati e il modo con cui vengono negoziati e approvati. Considerato anche che gli accordi conclusi non sono più negoziabili, tanto meno dai governi. Spostare oggi l’attenzione sui potenziali vantaggi economici, che sono comunque solo per alcuni, senza evidenziare criticità in altri settori, distrae da una profonda revisione del modello di trattato di libero scambio riducendolo a un semplice calcolo aritmetico da pallottoliere. ma c'è di più, sono infatti molte le insidie contenute nel trattato Jefta, perchè non riconosce il principio europeo di precauzione a tutela di ambiente e salute; spinge la liberalizzazione dei servizi; attacca l’agricoltura di qualità (protegge solo 18 indicazioni geografiche tipiche su 205); abbatte i controlli alle frontiere sui prodotti agroalimentari, aprendo un’autostrada alla contaminazione da Ogm, di cui il Giappone è leader brevettuale; abbassa ulteriormente le tutele sul lavoro (il Giappone non ha ratificato 2 delle otto convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro). Per quanto riguarda il tema della sicurezza alimentare il Codex Alimentarius diventa riferimento unico, esattamente come per il Ceta e per il Ttip, sebbene molto spesso abbia standard più deboli di quelli europei. Per quanto riguarda il tema dell'etichettatura, la questione non cambia. Basti sapere che mentre in Europa la presenza di Ogm dei cibi viene considerata accidentale se sotto allo 0,9% (senza obbligo di citazione in etichetta), in Giappone la soglia è del 5%. Ed anche la favoletta che il tutto verrà armonizzato da un sistema di comitati tecnici lascia il tempo che trova dato che questi si riuniranno senza il minimo controllo democratico e parlamentare, esattamente come per il Ceta di cui il Jefta è palesemente parente strettissimo in filosofia e diritto e anche se nel Jefta non è contemplato l’arbitrato investitore-Stato (Isds), questo è avvenuto solo perchè continuare il negoziato su questo avrebbe ritardato l’approvazione dell’accordo, considerate le distanze sul capitolo investimenti che, essendo di competenza nazionale, avrebbe richiesto la ratifica da parte dei Parlamenti degli Stati membri. "Fastidio" evitato facilmente spostando questo ad un futuro accordo sugli investimenti, a Jefta ratificato dal solo da parte del Parlamento europeo così come è avvenuto. Entrando nel merito del trattato le criticità non sono solo quelle nell'agroalimentare, sul fronte dei servizi, l’accordo Ue-Giappone usa l’identico approccio del Ceta: tutti quei servizi non elencati nell’apposito allegato, saranno aperti alla concorrenza da parte delle imprese giapponesi. Se prima bisognava specificare quali servizi erano disponibili alla privatizzazione, ora è il contrario, con il rischio che dall’elenco di servizi da salvaguardare vengano esclusi alcuni settori importanti. Senza contare che, per “servizi pubblici” l’accordo intende soltanto quelli forniti dallo Stato e senza contropartite economiche. L’acqua, in questo quadro, non è considerata servizio pubblico. La liberalizzazione dei servizi finanziari include nella lista quei prodotti all’origine della crisi finanziaria come i prodotti derivati. E la cooperazione normativa considerata nell’accordo, invece di spingere a rafforzare gli standard di regolamentazione finanziaria soprattutto in una fase di instabilità e di volatilità, andrà verso la deregulation e la semplificazione. Ma anche la Lega non è certamente trasparente sulla vicenda dei trattati di libero scambio: ecco come si esprimeva solo l'anno scorso Paolo Tosato, senatore leghista partecipando ai lavori in commissione affari esteri (scorsa legislatura) dove si votava la ratifica dell'accordo globale per il commercio tra Canada-Europa. "La scelta della maggioranza di proseguire l'iter di ratifica dell'accordo Ceta è gravissima, il voto favorevole di Forza Italia in commissione è scandaloso. Hanno deciso di ignorare produttori, associazioni, sindacati per fare gli interessi dei grandi gruppi di potere a scapito dei produttori di qualità che sono la spina dorsale del paese. Questo è un accordo truffa che avvantaggia le multinazionali mettendo a rischio 40 mila posti di lavoro e la nostra salute visto che spalanca le porte a prodotti contraffatti di bassissima qualità. Ad avvalorare il fatto che questo accordo sia una fregatura e deleterio per la nostra economia la presenza in commissione di Mario Monti che non c'è mai ma si palesa solo quando c'è da favorire gli interessi della grande finanza. La nostra battaglia prosegue e la maggioranza si prepari per l'aula perché da parte nostra non ci saranno sconti". Si dirà che quella posizione riguardava il Canada e non il Giappone, ma in realtà ad essere scandalosi sono i meccanismi che sono uguali praticamente in tutti i trattati anche se il peggiore è il Ttip con gli Usa tanto che la reale preoccupazione non è il Jefta in quanto tale ma il fatto che la sua approvazione rischia di essere il cavallo di Troia per fare da apripista agli altri trattati. E la sinistra? E' apparsa meno monolitica anche se la maggioranza del PD ( grupp0 S&D Socialists & Democrats) ha votato a favore con sei "defezioni" su 26, ma almeno con la coerenza di avere sempre dichiarato la propria intensione nel solco di quanto fatto soprattutto nella passata legislatura nazionale sul solco del renzismo in favore di banche, banchieri e poteri economici forti. Forza Italia e "dintorni" ovviamente schierati con gli affari propri e dei propri amici.

Ma siccome il voto è espresso anche dalle persone così si sono espressi gli europarlamentari italiani:
A favore del trattato:
EFDD: (M5S: Adinolfi, Agea, Aiuto, Beghin, Castaldo, Corrao, D'Amato, D'Ornano, Evi, Pedicini, Tamburrano, Valli, Zullo)
ENF: (Lega: Bizzotto, Borghezio, Ciocca, Scottà), (ex M5S: Zanni)
ECT: (Fdi: Maullu)
NI: (ex M5S: Borrelli)
PPE: (FI: Cicu, Gardini, Matera, Martusciello) (Nuovo centrodestra - Udc: La Via, Salini) (Stv: Dorfmann)
S&D: (Pd: Bonafè, Bresso, Caputo, Chinnici, Costa, Cozzolino, Danti, De Castro, De Monte, Ferrandino, Gentile, Giuffrida, Gualtieri, Mosca, Picierno, Toia, Viotti, Zanonato, Zoffoli)
Contro il trattato
GUE (Sinistra Europea): Forenza, Spinelli
S&D: Pd: Bettini, Briano, Cofferati, Panzeri, Schlein
Astenuti
Pd: Benifei