Il premio World Press Photo al tempo del selfie

Couple takes a selfie as others observe the sunset at an oceanfront in the neighbourhood of Miraflores in Lima

Il lavoro di un fotografo, di un giornalista oppure quello di un grafico sono ancora lavori dai tratti riconoscibili ? Al giorno d'oggi è sufficiente navigare un po' in internet per avere la netta sensazione che tutto finisca in un mare d'informazioni senza steccati divisori. E' questo davvero un limite ?

Ad un primo rapido sguardo lo è di sicuro: è molto difficile infatti farsi strada senza un po' di spirito critico, senza stelle polari da seguire o a cui rivolgersi di tanto in tanto. Uno dei problemi iniziali quando si cerca qualcosa tramite internet è quello che ci vede arrivare poco preparati: una fase che quasi tutti hanno vissuto (naturalmente anche prima della comparsa del web). Non si nasce "imparati", direbbe qualcuno. Da qualche parte o da qualcuno dobbiamo pur apprendere qualcosa prima di poter distinguere. Magari le basi sono ancora un elemento utile da cui partire.

A questo proposito citiamo un caso di questi giorni: forse il più celebre concorso di fotogiornalismo a livello mondiale, il World Press Photo, ha stabilito, dopo averlo all'inizio assegnato, di ritirare il primo premio che s'era aggiudicato il fotografo italiano Giovanni Troilo. La serie di foto che aveva presentato, "La Ville Noir - The Dark Heart of Europe", secondo gli organizzatori, non sarebbe stata «coerente con le regole del concorso»: Troilo avrebbe spedito i documenti per prender parte al concorso con una foto scattata a Molenbeek (Bruxelles), e non a Charleroi come invece all'inizio dichiarato. Il fotografo avrebbe confermato l'errore.

Nella circostanza, riportata anche da ilpost.it, il premio era stato confermato nonostante le iniziali proteste del sindaco di Charleroi, Paul Magnette: «Questo lavoro utilizza essenzialmente tecniche di messa in scena - aveva affermato - che aggiungono dramma alle immagini attraverso una luce artificiale. Se fosse un lavoro artistico privato non sarebbe assolutamente un problema. Sfortunatamente il fotografo non ha presentato il suo lavoro come tale. Ha dichiarato di aver svolto giornalismo investigativo, un saggio fotografico che riflette la realtà». Troilo s'era difeso: «Io nella descrizione del progetto per il World Press Photo - ha detto - sono stato chiaro, il mio non è un reportage d’inchiesta, infatti non concorreva per le categorie di news ma in quella su temi contemporanei… Il mio è un punto di vista». Alla fine però la decisione definitiva da parte del World Press Photo è stata di dare il primo premio a colui che in principio s'era classificato solo al secondo posto.

Al di là delle polemiche, stiamo parlando di un premio che riconosce il lavoro svolto da tutti i partecipanti: professionisti della fotografia a vari livelli ed in grado di adottare diverse tecniche, quasi sicuramente con uno stile personale ben riconoscibile. Nonostante ciò, anche nel caso di grandi professionisti l'errore è comparso, come si suol dire, dietro l'angolo: ciò significa che tutti possono sbagliare, non però che tutti siano in grado di svolgere il proprio lavoro agli stessi livelli.

Da tutto ciò si può partire per chiedersi, più in generale, se ha ancora un valore oggi il lavoro attento e paziente di un fotografo, la ricerca di una notizia e la costruzione di una difficile e lunga inchiesta da parte di un giornalista oppure se invece l'estrema diffusione in rete di articoli, comunicati stampa e materiali fotografici non abbia fatto sparire dagli occhi dei più cosa significhi faticare, cercare ed approfondire al fine di giungere ad un risultato finale soddisfacente. Ottenere finalmente risultati interessanti, che si autoaffermino e, piano piano, emergano dalla massa non è certo una cosa semplice, soprattutto se l'impegno profuso nel corso del proprio lavoro non è da tempo ormai più un valore apprezzabile. Siamo o non siamo in tempi in cui tutto dev'essere veloce, indolore e luccicante ? E se non costa nulla, allora sì: forse è il meglio del meglio.