Il pasticcio del Regime dei Minimi

Siamo purtroppo alle solite, il nuovo Regime dei Minimi si è rivelato l'ennesimo pasticcio all'italiana.

Uno dei pochi strumenti efficaci che consentiva a tante micro attività imprenditoriali di lavorare senza troppi vincoli e costi è stato stravolto. Il vecchio regime, tuttora in vigore fino al 30 gennaio nonostante sia stato di fatto sostituito dal nuovo regime con la legge di Stabilità 2015, prevedeva una tassazione forfettaria del 5%, l'esclusione dal regime Iva e dagli studi di settore. Tre importanti ostacoli in meno, un piccolo paradiso destinato a coloro che non superavano la soglia di reddito pari a 30 mila euro l'anno. Una cifra che, tolte le spese di produzione (pari al 30/40%) consentivano ad una pletora di piccoli imprenditori (artigiani, liberi professionisti, ecc.) di lavorare senza troppe pastoie, dedicandosi serenamente al proprio lavoro.

Con tanti problemi che ci sono in questo martoriato paese, sembra impossibile, ma si finisce sempre per mettere mano alle poche cose che ancora funziona, in questo caso su tale regime, le cui modifiche hanno finito per stravolgerlo, mortificarlo e, in ultima analisi, renderlo spesso inutile ed inefficace.

Il regime di tassazione, in primis, è di fatto triplicato, passando dal 5% (un livello decisamente conveniente) al 15% (conveniente si, ma molto di meno); ma la novità più devastante, per l'intero regime, è quella della riduzione della soglia di reddito prevista per potervi accedere. Il tetto di ricavi per rimanere nel regime dei minimi, infatti, adesso è  pari a 15.000 euro per attività professionali, scientifiche, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurativi; costruzioni e attività immobiliari; intermediari del commercio; a 30.000 euro per commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande (20.000 euro per altri prodotti); a 35.000 euro per industrie alimentari e delle bevande; a 40.000 euro per commercio all'ingrosso e al dettaglio; attività dei servizi di alloggio e di ristorazione. In certi casi, dunque, la soglia è stata innalzata rispetto ai 30 mila originari, ma in molti altri è stata notevolmente ridotta, rendendola di fatto inaccessibile per... chi lavora realmente.

Per chi svolge attività professionale in genere, rimanere entro il tetto di 15 mila euro di fatturato, significa fare la fame, visto che da tale cifra è necessario togliere le spese sostenute per svolgere l'attività stessa. Stesso discorso anche per la soglia di 20 mila euro prevista per il commercio.

Limiti così stringenti per l'accesso a tale regime semplificato spingeranno molti a dichiarare redditi inferiori a quelli realmente percepiti, dando un forte impulso all'evasione e al nero, vanificando tutti gli sforzi fatti sinora nel contrasto all'evasione. Una consapevolezza, questa, che sta lentamente maturando anche nelle menti di chi ha concepito questo ennesimo pasticcio, con il risultato che si sta tentando disperatamente di prorogare il vecchio regime: è infatti possibile utilizzarlo ancora per le partite Iva che si registrano entro la fine del mese, ma con data di inizio attività postergata al 31 dicembre 2014. Nel frattempo si cerca di aggiustare il tiro con il nuovo regime.

Risultato: una situazione di imbarazzante confusione che costringe chi vuole aprire una nuova attività, a rimanere in attesa di ulteriori e, si spera, chiarificatrici novità. Una attesa che dura già da settimane, ma che potrebbe prolungarsi per mesi, con effetti disastrosi.

Se risulta così difficile investire sul lavoro in questo paese da parte degli stessi italiani, risulta facile capire perchè gli investitori stranieri se ne stiano ben lontani, limitandosi a fare i semplici turisti.