Il friulano Maurizio Zamparini, ex patron del Palermo calcio, finisce ai domiciliari. La decisione del riesame

Ricorso rigettato e per Maurizio Zamparini sia apre il percorso dell'arresto. La Corte di Cassazione ha infatti dato il via libera alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Dunque nelle prossime ore il patron rosanero dovrà essere accompagnato nella sua abitazione. Una personalità “altamente negativa” e “assai incline alla commissione di delitti di falsità e soprattutto di falsità in ambito economico”. Così lo definiva il Tribunale che nell'ottobre del 2017 aveva stabilito che Maurizio Zamparini meritava di finire quantomeno ai domiciliari. In realtà il Giudice per le indagini preliminari aveva respinto la richiesta di misura cautelare sostenendo che non ci fossero esigenze cautelari, insomma non esisteva pericolo di fuga o di inquinamento delle prove ne di reiterazione del reato, ma è su quest'ultmo punto che i riesame non è d'accordo con le valutazioni della difesa. La Procura siciliana aveva presentato un ricorso firmato dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvo De Luca e dai sostituti Dario Scaletta e Francesca Dessì. Il collegio composto da Antonia Pappalardo, Giuliano Castiglia ed Erika Di Carlo diede ragione ai pm. Quindi il ricorso in Cassazione da parte dei difensori. Ora la sentenza definitiva.
Zamparini è accusato tra l’altro di riciclaggio e autoriciclaggio. È la stessa indagine che coinvolge, oltre al patron friulano, il figlio, la segretaria Alessandra Bonometti, cinque professionisti e l’ex presidente della società Giovanni Giammarva accusati, a vario titolo, di false comunicazioni sociali, ostacolo alle funzioni di vigilanza della Co.Vi.So.C., sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Contestualmente alle indagini penali, la Procura aveva chiesto il fallimento della società Us Città di Palermo. L’istanza, però, è stata respinta. Su quel processo e sul giudice Giuseppe Sidoti c'è un'altra indagine dei pm di Caltanissetta.
Il cuore dell’inchiesta è la vendita di Mepal, la società che si occupa del merchandising, alla lussemburghese Alyssa che l’accusa riconduce sempre a Zamparini. Secondo il Riesame, fu un’operazione fasulla per dissimulare la reale situazione economico-patrimoniale della società”. Ed ancora: “A fronte di una partecipazione valorizzata in bilancio per circa 18 milioni di euro la cessione viene effettuata alla stratosferica cifra, a confronto, di 40 milioni”. Non fu solo un’operazione fittizia, dicono i giudici, ma “assolutamente incredibile”. Quando la Procura chiese il fallimento, Zamparini si sarebbe attivato per pagare alcune rate del debito di Alyssa. Altro non fu che “un escamotage, un espediente” che, come spiegava lo stesso Zamparini a una sua collaboratrice, serviva per “smontare il castello che hanno montato sti cazzi qua”. E cioè i pubblici ministeri. Sul fronte delle esigenze cautelari, secondo il Riesame, non c’era più il rischio di inquinare le prove (soltanto perché ormai sono state acquisite), mentre il rischio di reiterazione del reato si presentava con “massima intensità”, non soltanto nelle vicende del Palermo Calcio, ma nell’intera “personalità dell’indagato” che ha dimostrato un “chiaro spregio delle regole della trasparenza per nulla limitato dalla consapevolezza di procedimenti giudiziari o amministrativi in corso”.  Ma non era solo in Sicilia che Zamparini ha svolto le sue attività disinvolte. In Friuli citiamo solo i fatti più recenti, quando nel 2017 una sua società, la Monte Mare Grado Srl, risulta al primo posto nella classifica dei debitori insolventi della Banca Popolare di Vicenza. Dei circa 589 milioni di euro che non sono mai rientrati, 57 milioni riguardano l'imprenditore friulano per il progetto turistico (residence, alberghi, terme) "Monte Mare Grado", sfumato nel 2013.