Il Financial Times diventa giapponese

Alla voce "Financial Times" Wikipedia recita: "è il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito ed uno dei più antichi, autorevoli e letti del mondo".

Questa dichiarazione evidentemene "english style" dovrà essere entro breve modificata sia nella sostanza che nella forma, in Ft, infatti, è stato appena acquistato da una testata giornalistica... giapponese, il Nihon Keizai Shimbun (Nikkei), definito nientemeno che "il più diffuso quotidiano economico  del mondo.

Per assurdo, la vera notizia non è il fatto che il quotidiano simbolo dell'Inghilterra non sia più inglese, bensì il fatto che protagonista di tale storica acquisizione non sia la solita e onnipresente Cina, bensì il Giappone. Il Paese del Sol levante fino agli anni '80 e '90 era abituato a svolgere un ruolo di protagonista a livello mondiale (basti pensare agli sviluppi nel settore delle auto-moto e dell'hi-tech). Ma accanto ad un indebolimento della sua economia ha fatto seguito il possente sviluppo della vicina Cina, ritenuta fino ad allora il "grosso, ingombrante e inefficente cugino".

Dopo un ventennio di oscurantesimo, il Giappone sembra essere riuscito a riguadagnare un piccolo quarto d'ora di notorietà nel salotto buono dell'economia mondiale, con una acquisizione che ha reso "estremamente orgoglioso" il n°1 del Nikkei, Tsuneo Kita. L'offerta d'acquisto giapponese (844 milioni di sterline) ha avuto la meglio su quella avanzata dal gruppo tedesco Axel Srpinger.

Come spesso accade in casi simili, la prima preoccupazione riguarda la possibilità che la nuova dirigenza decida di mandare a casa gran parte dei dipendenti, scegliendo strategie di sviluppo molto azzardate e poco etiche. Al di la delle parole ufficiali e di facciata del presidente, fanno ben sperare per il futuro della testata inglese due fattori: il primo riguarda le dimensioni del gruppo risultante, che sfiorerà i 4 milioni di copie, il secondo (quello più importante), il fatto che il Nikkei sia controllato dai suoi dipendenti.