IL COSTO DELL’INTEGRAZIONE

“Nella sola Berlino sono circa 55mila i richiedenti asilo la cui domanda è in fase di esame e dall’inizio dell’anno fino al mese di maggio sono state 309mila e 785 in tutta la Germania. Più di un milione sono i profughi che sono entrati nel Paese della Cancelliera Merkel dallo scorso settembre. Per ciascuno di loro lo Stato paga mensilmente dagli 86 euro per un bambino fino ai 6 anni, fino ad arrivare ad un massimo di 392 per un adulto. Più alloggio, riscaldamento ed articoli per la casa inclusi. Il tutto per una media dei 15 mesi necessari ad analizzare la domanda di asilo presentata presso gli uffici adibiti al riconoscimento dei requisiti necessari all’attribuzione dello status di rifugiato. Per molti di loro il Ministro del Lavoro e degli Affari Sociali, la socialdemocratica Andrea Nahles, ha ottenuto lo scorso marzo da quello delle Finanze Schäuble, circa 300milioni di euro per finanziare un piano di lavoro denominato Ein-Euro-Jobs (lavoro da un euro. 1,05 per la precisione)”. A scriverne è Stefano Russo per “Il Deutsch – Italia”, diretto a Berlino da Alessandro Brogani.
“Il piano, rivolto ai rifugiati, prevede per questi ultimi la possibilità, per non oltre 20 ore alla settimana, di prestare servizio presso alcune imprese facendo lavori che vanno dal servire in mensa, al potare alberi nei parchi, allo spazzare i marciapiedi.
Subito tale iniziativa aveva scatenato una ridda di critiche da parte di molte parti politiche e non solo, ritenendo che fosse inutile e che servisse solo allo sfruttamento di manodopera a bassissimo costo (ricordiamo che la paga minima garantita in Germania dallo scorso anno è per legge stabilita a 8 euro e cinquanta centesimi). Tuttavia l’intento del provvedimento non era di certo stato quello di favorire lo sfruttamento dei rifugiati, quanto al contrario quello di risolvere due problemi: il primo è quello di tenere attivi molti dei rifugiati che spesso, in attesa del giudizio sull’eventuale diritto di asilo, non occupano le loro giornate con attività produttive di alcun tipo; ed il secondo di permettere loro di iniziare a familiarizzare con il mercato del lavoro tedesco dandogli nel contempo l’opportunità di parlare la lingua direttamente a contatto con la gente, piuttosto che cercare di apprenderla frequentando le lezioni generosamente elargite da un piccolo esercito di volontari tedeschi, sparsi su tutto il territorio nazionale.
La città di Berlino impiega attualmente 3.925 rifugiati, che sono alloggiati in 75 centri, in questo modo, e vuole ampliare l’offerta di associazioni che offrono questo tipo di servizio pubblico ad enti di beneficenza che aiutano i senzatetto o ai centri riabilitativi per alcolisti.
In Baviera, la principale porta d’ingresso per migliaia di rifugiati nel Sud della Germania, ben 9mila sono quelli che hanno aderito a questo piano di lavoro. Nella città di Hannover i nuovi arrivati hanno l’opportunità di lavorare come riparatori di biciclette, o per sistemare i vestiti che sono stati donati, oppure accompagnando bambini dell’asilo in cambio di lezioni di lingua tedesca.
Secondo Ronald Bachmann, economista presso la RWI di Essen (Rheinisch-Westfälisches Institut für Wirtschaftsforschung),la cosa ha un senso sul breve periodo, perché altrimenti i rifugiati “non potrebbero lavorare”. Il Ministro Nahles ha previsto di arrivare ad occupare in questo modo fino a 100mila persone.
Sarebbe senz’altro un interessante esperimento da provare anche a casa nostra, dove le tensioni sociali ed episodi di cronaca proprio in queste ore sono venuti tristemente, per l’ennesima volta, alla ribalta dell’informazione. Un modo civile per integrare e verificare la reale voglia d’integrarsi, fiaccando così le polemiche di quanti sostengono che gli immigrati sono solo un problema”.