Il coronavirus ha strappato alla vita Luis Sepulveda, lo scrittore cileno aveva settantanni

Alla fine l'orribile virus che sta mietendo miglia di vittime si è portato va anche Luis Sepulveda. Lo scrittore cileno era ricoverato da fine febbraio in ospedale a Oviedo in Spagna dopo aver contratto l'infezione. A dare la notizia il quotidiano spagnolo El Paìs che è stato ripreso immediatamente dalle agenzia di tutto il mondo. Lo scrittore cileno, nato a Ovalle nel 1949, in Cile, era stato naturalizzato francese. Scrittore di successo, giornalista, sceneggiatore, regista ma anche attivista per i diritti civili nel suo Paese, aveva lasciato il Cile dopo l'incarcerazione subita da parte del regime di Augusto Pinochet. Fu, dunque, uno dei tanti esuli in Europa tra gli intellettuali sudamericani della sua generazione. Dopo la scuola secondaria di Santiago, aveva studiato teatro presso l'Università di produzione nazionale. Nel 1969, Sepúlveda aveva ricevuto una borsa di studio di cinque anni per continuare i suoi studi presso il teatro dell'Università di Mosca, ma era stato ritirato dopo cinque mesi. Luis Sepúlveda era stato politicamente attivo come leader del movimento studentesco. Dopo il golpe cileno del 1973 che portò al potere il generale Augusto Pinochet era stato imprigionato per due anni e mezzo per poi ottenere una liberazione condizionale, grazie agli sforzi della filiale tedesca di Amnesty International. Era stato tenuto agli arresti domiciliari. Con l'aiuto di un amico che era a capo della Alliance française di Valparaíso istituì un gruppo teatrale che era diventato il primo centro culturale della resistenza. La sua attività non passò inosservata al regime che lo arrestò nuovamente condannando all'ergastolo (pena poi ridotta a ventotto anni) per alto tradimento e sovversione. La sezione tedesca di Amnesty International intervenne di nuovo e la sua pena detentiva fu commutata in otto anni di esilio. Così e nel 1977 lasciò il Cile per volare verso la Svezia, dove avrebbe dovuto insegnare letteratura spagnola. Ma alla prima tappa a Buenos Aires fuggì riuscendo a passare in Uruguay per poi passare prima a San Paolo in Brasile e poi in Paraguay. Sepulveda diresse l'Alliance Française di teatro, fondando una compagnia teatrale per poi prendere parte a una spedizione dell'UNESCO per valutare l'impatto della colonizzazione sugli indios Shuar. Durante la spedizione condivise la vita del SHUAR per sette mesi giungendo, raccontava, alla comprensione di come l'America Latina fosse un continente multiculturale e multilingue in cui il marxismo-leninismo come era stato insegnato non era applicabile ad una popolazione rurale così dipendente dall'ambiente naturale circostante. Sepulveda lavorò a stretto contatto con le organizzazioni indiane redigendo il primo piano di insegnamento di alfabetizzazione per la federazione della contadini Imbabura, nelle Ande. Nel 1979 si unì alla brigata internazionale Simón Bolívar, che stava combattendo in Nicaragua e, dopo la vittoria della rivoluzione iniziò a lavorare come giornalista e un anno dopo partì per l'Europa. Andò a Amburgo, in Germania, motivato dalla sua ammirazione della letteratura tedesca (aveva imparato la lingua in carcere. Lavorò come giornalista viaggiando ampiamente in America Latina e Africa. Nel 1982 venne in contatto con Greenpeace e lavorò fino al 1987 come un membro dell'equipaggio su una delle loro navi. In seguito agì in qualità di coordinatore tra i vari settori dell'organizzazione. Ma ovviamente raggiunse la notorietà internazionale per i suoi libri. "Sono uno scrittore – dice Sepulveda - perché non so fare altro che raccontare storie. Ma sono anche un essere sociale, un individuo che rispetta sé stesso e intende occupare un piccolo posto nel labirinto della storia. Da questo punto di vista, sono il cronista di tutti coloro che giorno dopo giorno vengono ignorati, privati della storia ufficiale, che è sempre quella dei vincitori".