Il califfato avanza in Libia verso il polo petrolifero di Sidra sulla costa mediterranea. Se venisse occupato l’Isis si rafforzerebbe alle nostre porte

Mentre la diplomazia mondiale tergiversa e fatica a rendere operative con la dovuta prontezza decisioni di intervento militare che, giuste o sbagliate che siano, sono in realtà già state prese, non così fa lo Stato Islamico, che, detto fatto, ha attaccato l'area petrolifera di Sidra in Libia con  attacchi suicidi, il primo lunedì scorso, al quale è seguita l'avanzata verso l'area strategica ed economicamente rilevante. Per questa ragione il generale Khalifa Haftar, a capo delle forze armate libiche regolari, ha ordinato una reazione, in sostanza quanto rimane dell’aviazione che fu di Gheddafi dovrebbe “fermare con tutti i mezzi a disposizione” l’avanzata dell’Isis verso il terminal petrolifero di Sidra. I combattenti islamici sono a circa 50 chilometri dal porto, ma hanno già assaltato il complesso industriale di Hindia, alle porte di Ras Lanuf, che è un altro terminal petrolifero importante. La questione non è irrilevante dal punto di vista strategico perchè se gli uomini del califfo dovessero oltrepassare Ras Lanuf, l'area di Sidra, che è uno dei maggiori scali petroliferi libici, sarebbe in gravissimo pericolo, verrebbe spezzata l'economia libica e il processo di unificazione che l'occidente ha sponsorizzato diverrebbe ancora più delicato e difficile. L'attacco dei terroristi è partito da quella che viene considerata la nuova roccaforte armata dello Stato Islamico, Ben Jawad, che si trova a Est di quella che considerano la loro “capitale libica”, la città di Sirte che per i miliziani fedeli all'Isis avrebbe lo stesso valore di Raqqa in Siria. Dalla base di Ben Jawad gli islamisti possono colpire con molta più facilità le installazioni petrolifere anche con attacchi suicidi. Oggi una seconda azione con un camion bomba avrebbe provocato  decine di morti e feriti. Le forze fedeli all'Isis non sono numericamente elevate ma conoscono il territorio ed hanno legami con la popolazione locale alcuni sono infatti gli stessi uomini che combatterono nel 2011 la rivoluzione anti-Gheddafi, insomma ancora una volta gli “amici” di ieri sono diventati i nemici di oggi. Il gruppo principale è Ansar al Sharia, nato localmente ala quale si sono aggiunti rinforzi provenienti da Siria ed Iraq, in tutto poco più di 6mila uomini la cui determinazione e bellicosità sta mettendo a dura prova le forze dell’esercito libico “regolare” quello che risponde al governo di Tobruk e che dovrebbe costituire l'ossatura delle forze armate del nuovo stato libico nazionale unificato come vorrebbe la comunità internazionale e l'Onu. Per questo gli strateghi del “califfato” hanno fretta di spezzare l'economa libica occupando i siti produttivi, si sono resi conto che la loro presenza sta diventando il miglior viatico per convincere le tante milizie presenti in Libia a trovare accordi di collaborazione, in sostanza meglio uno stato unitario nel quale si potrà contare qualcosa piuttosto che diventare schiavi delle follie dell'Isis. Insomma si sceglie quello che si considera il male minore perchè la minaccia dello Stato islamico vale per tutti. Il terminal di Sidra, ormai minacciato da vicino, in tre giorni di combattimenti sono morti una decina di militari e una cinquantina (40 per altre fonti) sono rimasti feriti. Di certo però cinque depositi di greggio sono finiti in fiamme e, secondo testimonianze locali, alte colonne di fumo sono visibili da chilometri. Il sito è comunque ancora oggi controllato dalle milizie libiche del capo tribù della Cirenaica, Ibrahim Jodran, che si considera “autonomo” e che mantiene una posizione equidistante da Tobruk e Tripoli e che spera così di poter contare molto nella Libia del futuro. La strategia dello Stato islamico è chiara, da un lato sta cercando di unire tutta la fascia costiera fra Sirte e Sidra e dall'altro vuole impadronirsi delle risorse petrolifere fiaccando l'economia libica e rafforzandosi nel contempo economicamente, fatto basilare per creare un embrione di Califfato sulla costa Mediterranea a poche decine di chilometri dall'Europa e dall'Italia. Una tale situazione potrebbe innescare l' intervento armato occidentale che vedrebbe il nostro paese in prima linea e non certo solo in manera eufemistica.