ICI beni della chiesa? Per la Corte Europea va recuperata

La Corte di Giustizia dell'Unione europea si è pronunciata sull'annosa questione dell'Ici non pagata dalla Chiesa che, dice la Ue, deve essere recuperata dallo Stato italiano: in tal senso si è pronunciata  la Corte che ha annullato la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016, accogliendo il ricorso della scuola elementare Montessori di Roma.

La Commissione aveva dichiarato che l’esenzione dall’imposta comunale sugli immobili (Ici) concessa dall’Italia agli enti non commerciali (come gli istituti scolastici o religiosi) che svolgevano, negli immobili in loro possesso, determinate attività (quali le attività scolastiche o alberghiere) costituiva un aiuto di Stato illegale. La Commissione non ne ha tuttavia ordinato il recupero, ritenendolo assolutamente impossibile. La Commissione aveva affermato, inoltre, che l’esenzione fiscale prevista dal nuovo regime italiano dell’imposta municipale unica (Imu), applicabile in Italia dal 1° gennaio 2012, non costituiva un aiuto di Stato. L’istituto di insegnamento privato Montessori e il sig. Pietro Ferracci, proprietario di un bed & breakfast, hanno chiesto al Tribunale dell’Unione europea di annullare tale decisione della Commissione, lamentando che il fatto che li abbia posti in una situazione di svantaggio concorrenziale rispetto agli enti ecclesiastici o religiosi situati nelle immediate vicinanze che esercitavano attività simili alle loro e potevano beneficiare delle esenzioni fiscali in questione. La Commissione aveva obiettato che né la Scuola Montessori né il sig. Ferracci soddisfacevano le condizioni per rivolgersi ai giudici dell’Unione, previste dall’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue). Con sentenze del 15 settembre 2016, il Tribunale aveva dichiarato i ricorsi ricevibili, ma li aveva respinti in quanto infondati. La Scuola Montessori e la Commissione hanno proposto quindi impugnazioni contro tali sentenze.

Con la sua sentenza odierna, la Corte giudica ricevibili i ricorsi e ricorda che l’adozione dell’ordine di recupero di un aiuto illegale è la logica e normale conseguenza dell’accertamento della sua illegalità. È pur vero che la Commissione non può imporre il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione, come quello secondo cui "ad impossibilia nemo tenetur" ("nessuno è tenuto all’impossibile"). Tuttavia, la Corte sottolinea che un recupero di aiuti illegali può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare unicamente quando la Commissione accerti, dopo un esame minuzioso, che sono soddisfatte due condizioni: da un lato l’esistenza delle difficoltà addotte dallo Stato membro interessato e, dall’altro, l’assenza di modalità alternative di recupero. Nel caso di specie, quindi, la Commissione non poteva riscontrare l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti illegali limitandosi a rilevare che era impossibile ottenere le informazioni necessarie per il recupero di tali aiuti attraverso le banche dati catastali e fiscali italiane, ma avrebbe dovuto anche esaminare se esistessero modalità alternative che consentissero un recupero, anche solo parziale, di tali aiuti. In mancanza di un’analisi siffatta, la Commissione non ha dimostrato l’impossibilità assoluta di recupero dell’Ici. Per tale ragione, la Corte annulla la sentenza del Tribunale nella parte in cui esso ha convalidato la decisione della Commissione di non ordinare il recupero dell’aiuto illegale concesso con l’esenzione dall’Ici e annulla, di conseguenza, la decisione della Commissione. La Corte ritiene, inoltre, che il Tribunale non abbia commesso errori di diritto dichiarando che l’esenzione dall’Imu, che non si estendeva ai servizi didattici forniti dietro remunerazione, non si applicava ad attività economiche e non poteva pertanto essere considerata un aiuto di Stato. A tale riguardo, la Corte richiama la propria giurisprudenza secondo cui le esenzioni fiscali in materia immobiliare possono costituire aiuti di Stato vietati se e nei limiti in cui le attività svolte nei locali in questione siano attività economiche.