“Guernica”, quadro di un secolo tragico

Guernica-PicassoChe emozione in Spagna, di maggio, per vedere Guernica: quella dipinta da Picasso nel 1937, non la città rasa al suolo dai tedeschi alleati di Franco nella guerra civile, che volevano sperimentare dal vivo un bombardamento “a tappeto”!
Mentre partecipo alla visione con un centinaio di persone accorse da tutto il mondo, che lasciano il posto ad altre centinaia dopo pochi minuti, e così di seguito ogni giorno, ricordo un episodio della vita del Maestro. Dopo la sconfitta della Francia nel 1940, alcuni ufficiali tedeschi vollero visitare lo studio di Picasso a Parigi, e uno di loro, indicando “Guernica” (sicuramente una riproduzione, perché il quadro era allora in mostra itinerante), domandò: “Ha fatto Lei anche questo?”. “No – rispose il Maestro – questo l'avete fatto voi”.
Se si ama Picasso come io lo amo, il viaggio alla Mecca dell'arte del XX secolo era indispensabile, penso, e senza parole rimango con gli occhi incollati a quei ventotto metri quadri in bianco, nero e grigio, la Bibbia artistica del Novecento.
Il gioco della visione potrebbe durare all'infinito: gli occhi dapprima sezionano l'opera, come davanti a un polittico, perché non si resiste al dolore della madre che stringe il bambino morto, all'urlo del cavallo, alla vitalità del toro, alla mano del guerriero che stringe la spada spezzata, alla disperazione gridata con le braccia verso una finestra … e poi si allargano sull'intera superficie della tela, per poi rimettere a fuoco una figura o un dettaglio.
Picasso, quando fu bombardata Guernica, il 26 aprile 1937, aveva già ricevuto l'incarico dalla Repubblica, dissanguata dalla guerra civile, di eseguire un grande quadro per il padiglione della Spagna nell'Exposition International des Arts et Tecniques di Parigi, e una volta appresa la tremenda notizia decise in pochi giorni di rappresentare quel tragico evento su una grande tela.
Il primo disegno preparatorio, leggo su “El Guernica. Historia de un cuadro” di Joaquin de la Puente, è datato 1° maggio 1937. Alla fine se ne conteranno sessantadue. E grazie alle fotografie di Dora Maar, la compagna del Maestro in quel tempo, si riesce a vedere come l'opera prese corpo e fisionomia nel giro di un mese: con una tensione sovrumana Picasso concentra il suo vissuto fino a quel momento e anticipa il suo futuro.
“Guernica” contiene la narrazione di più episodi vissuti separatamente da singoli esseri umani e animali coinvolti in un unico attimo di distruzione e di morte. “Guernica”, mi dico, è un racconto, non una rappresentazione; un romanzo, non una cronaca; ma è la simultaneità che crea la sconvolgente unità di episodi molto diversi prodigiosamente amalgamati da una forma “continua” e inimitabile.
E mentre gli occhi passano dal particolare al generale e viceversa, scoprendo sempre qualosa di nuovo, penso che “Guernica” è opera degna della sua fama anche per le vicende storiche nelle quali fu coinvolta.
Esposto nel padiglione spagnolo a Parigi il 12 luglio 1937, il quadro fu guardato da poche persone perché la maggior parte dei visitatori era attratta dalle arti e dalle tecniche, non dalla rappresentazione della guerra di Spagna: preferiva guardare i colori della speranza, non il disegno della disperazione.
Il quadro, contestato da un gruppo di intellettuali spagnoli che gli preferivano, sullo stesso tema, il trittico di un altro pittore, non fu neanche riprodotto nel Libro d'oro dell'Esposizione pubblicato nel 1938!
La sua importanza non sfuggì tuttavia a Josè Bergamin e altri intellettuali che scrissero i saggi per il n.4-5 dei “Cahiers d'Art” 1937 dedicato interamente a “Guernica”, ma giustamente la mia fonte osserva che quel quaderno “no representa la opinion del espectador normal o de la critica comun”.
Non si dimentichi, poi, che “Guernica” apparve a Parigi mentre in Germania veniva dichiarato l'ostracismo per l'arte “degenerata” (Hitler dichiarò che gli artisti che la producevano avevano un difetto di vista e dovevano essere curati, non puniti).
È certo, tuttavia, che il quadro attirò l'attenzione di poche persone anche a Londra e negli States, dove era stato portato in mostra itinerante per ottenere fondi a favore degli intellettuali spagnoli fuggiti dalla persecuzione franchista e dalla guerra.
A Londra nel 1938 l'opera fu vista da poche migliaia di persone ma non incontrò il favore della critica. E questi sono i dati degli States: a Los Angeles 735 visitatori; a San Francisco 535; a Chicago 208; a New York 1.700, ai quali si aggiunsero 2.000 “curiosos”!
Oggi si calcola che davanti alla grande tela, esposta al “Reina Sofia”, passano migliaia di persone al giorno.
Per volontà di Picasso il quadro rimase al MOMA di New York, con il patto che fosse restituito alla Spagna dopo la morte di Franco.
Il grande giorno cadde il 24-25 ottobre 1981, per ricordare la data di nascita del Mestro, e da allora il quadro è la meta di un ininterrotto pellegrinaggio.
Scendendo dal Centro de Arte “Reina Sofia” verso la Puerta de Atocha, ci si porta appresso la sensazione di aver partecipato a un avvenimento, non a una semplice visione.

di Gianfranco Ellero