Gli effetti del Qe di Draghi

Il piano di acquisti di titoli (sia pubblici che privati) da parte della Banca Centrale europoea, sinora considerato una carta estrema da utilizzare solo come ultima spiaggia, si sta dimostrando una mossa valida, al punto che sembra lecito domandarsi perchè non sia stata utilizzata all'inizio, quando il malato europeo sarebbe stato curato molto più facilmente.

I precedenti provvedimenti messi in campo da Mario Draghi (Ltro 1 e Ltro 2) sono state misure potenti dal punto di vista delle cifre messe in campo (nell'ordine delle centinaia di miliardi di euro), ma insignificanti dal punto di vista degli effetti prodotti.

Il motivo? E' semplice: perchè questa immensa liquidità era destinta non direttamente alle attività produttive, bensì alle banche che poi avrebbero dovuto (in seconda battuta) girare all'economia produttiva secondo i tradizionali circuiti del credito bancario. Evidentemente qualcuno ai piani alti di Bruxelles deve aver sopravvalutato l'efficienza di tale sistema che, in evidente cortocircuito, ha utilizzato i circa mille miardi messi in cricolo per finanziare tutto tranne che le imprese (in primis i titoli di Stato, tra cui quelli italiani), senza fare troppa fatica e a rischio zero o quasi. La Bce, infatti, non si è mai preoccupata di chiedere conto alle banche delle modalità con cui venivano utilizzati i fondi resi disponibili a costo praticamente zero. Risultato: della montagna di soldi stampata a Bruxelles, solo una minima quota è andata a finanziare le impres,e il resto altro (non si sa bene cosa).

Ebbene, nel 2015, dopo 7 anni di crisi nera, finalmente la musica è cambiata e i mercati se ne stanno accorgendo. La Cgia di Mestre, da tempo attenta a valutare questo tipo di cambiamenti nel sistema economico, attraverso il suo segretario Giuseppe Bortolussi: "Con il Quantitative easing la Bce si impegna ad acquistare titoli dei settori pubblici e privati per un ammontare di 60 miliardi di euro al mese. Complessivamente la Banca centrale dovrebbe erogare fino al prossimo mese di settembre del 2016 più di 1.000 miliardi di euro. Di questi 1.000 miliardi, sostengono alcune importanti società finanziare europee, tra i 130 e i 150 miliardi di euro dovrebbero interessare l’Italia, con l’obbiettivo di ridare liquidità al nostro sistema economico che negli ultimi tre anni ha subito una contrazione nell’erogazione del credito del 7,4% che, in valore assoluto, corrisponde a una riduzione dei prestiti pari a 110 miliardi di euro”.

Purtroppo gli effetti "sociali" di questa prolungata assenza di credito stanno diventano sempre più evidenti.

Le preoccupazioni della stessa CGIA, infatti,soldi riguardano anche un altro aspetto spesso trascurato.

“Anche se negli ultimi anni il numero delle denunce effettuate alle Forze di polizia e all’Autorità giudiziaria è rimasto molto contenuto e non presenta variazioni di rilievo – conclude Bortolussi - esiste il ragionevole sospetto che la forte contrazione dei prestiti registrata nei confronti delle famiglie e soprattutto delle imprese abbia incentivato molti di questi soggetti a ricorrere a forme illegali di approvvigionamento del credito, con il rischio che la piaga dell’usura sia in aumento. Per questo, il provvedimento di politica monetaria che partirà domani va salutato positivamente, non solo per ridare liquidità e fiducia al sistema economico, ma soprattutto per scongiurare la presenza di soggetti che con l’economia reale nulla hanno a che fare”.