Gli architetti scoprono il futuro, guardando al passato

Le periferie, protagoniste alla XV Biennale di Architettura.

Simone Sfriso

Simone Sfriso

L’architetto Simone Sfriso sarà il curatore del Padiglione Italia alla XV Biennale di architettura di Venezia.
Ad annunciarlo è stato il ministro Dario Franceschini che ha così motivato la sua scelta: “la decisione è avvenuta a seguito di una procedura di selezione di dieci personalità di elevata competenza e professionalità del panorama dell’architettura nazionale. Sono pervenute proposte curatoriali di grande interesse e tutte molto attente alle più avanzate ricerche nell’ambito delle nuove frontiere del futuro urbano con un’attenzione particolare alle periferie. Il progetto presentato da Sfriso – sottolinea Franceschini - è in linea con il tema scelto dal curatore della mostra internazionale Alejandro Aravena che indaga la necessità di coniugare l’architettura con l’esigenza di una migliore qualità dell’ambiente edificato e quindi della vita delle persone. La proposta affronta inoltre con coraggio il tema della riqualificazione delle periferie urbane, - continua il ministro - luoghi finora trascurati e marginali in cui vive, lavora e sogna la grande maggioranza dei cittadini. Periferie che sono al centro di una particolare attenzione da parte del governo che le vede come la grande sfida del secolo, su cui investire con interventi di riqualificazione e innesti di architettura contemporanea. Ecco perché è stato espressamente chiesto ai curatori della Biennale di affrontare il tema delle periferie e dello sviluppo delle città, una scelta in continuità con l’azione del governo che con la recente riforma del Mibact ha creato una direzione generale ad hoc nel ministero, e approvato norme che incentivano i comuni, anche con aiuti economici, a trasferire molte iniziative culturali dai centri storici al loro interland”.
Se fino ad oggi l’architettura e l’urbanizzazione ha rappresentato spesso un vero crimine nei confronti dell’ambiente e del paesaggio, deturpando, inquinando e cementificando il territorio, adesso si è reso indispensabile trovare il connubio perfetto tra abitazione e natura, una sfida necessaria per la sopravvivenza.
E’ incredibile come l’uomo tragga scarsa esperienza e insegnamento dal passato, dovendo spesso ritornare sui suoi passi e su quelli di chi lo ha preceduto.

L'architetto Frank Lloyd Wright con i suoi allievi

L'architetto Frank Lloyd Wright con i suoi allievi

Per quanto riguarda il nodo fondamentale della convivenza tra uomo e natura, infatti, tema fondamentale della prossima Biennale, l’architetto che visse il problema con maggiore vigore ed efficacia, imponendo al mondo la bellezza della sua filosofia costruttiva, visse all’inizio del secolo scorso e si chiamava Frank Lloyd Wright, ideatore della così detta “architettura organica”. Wright, infatti, nell’elaborazione della sua opera, fu attentissimo al rapporto armonico tra le parti e il tutto, tra l’uomo e la natura, intendendo tutti parte di un unico “organismo vivente”. Il suo lavoro fu un costante approfondimento del “dialogo” tra l’individuo e lo spazio architettonico, intendendo la natura quale fondamentale riferimento “esterno e interno” senza soluzione di continuità. La ricerca di sintonia, allora, rappresentò per lui l’ispirazione; sintonia tra “il dentro ed il fuori”, tra gli edifici e il paesaggio circostante. Fondamentale anche la scelta dei materiali: più naturali e meno impattanti possibile. Possiamo affermare che Wright fuse assieme l’intelligente e sana urbanistica americana (quella delle case di legno) con la cultura dei nativi del centroamerica e del Giappone, per poi ridisegnare una sintesi di gusto contemporaneo.
Ecco che gli imperativi di Wright ora tornano al centro dell’attenzione degli architetti contemporanei, alle prese con l’edilizia sostenibile. E sono imperativi che certamente emergono, almeno così si spera e presume, anche nei temi e nei progetti proposti per la biennale. Così, l’architettura del futuro, riprendendo i dettami del passato, certamente sarà semplice, libera da sovrastrutture e superfluo, eclettica, poiché rispetterà le diverse culture e l’estetica dei paesaggi. Gli edifici sembreranno così ben inseriti da sembrare parte del contesto, sia per forma, materiali che per i colori.
Secondo Wright, il più lungimirante architetto contemporaneo, l’abitazione dell’uomo doveva possedere anche una sua integrità spirituale. Doveva essere sincera, vera e aggraziata. Soltanto così sarebbe durata nel tempo, superando dignitosamente mode e secoli.
Chissà mai se i numerosissimi architetti di oggi sapranno essere all’altezza del compito. Chissà se riusciranno ad invertire la rotta e dare “un’aggiustatina” ai crimini architettonici e paesaggistici compiuti negli ultimi sessant’anni.

In Sudan un ospedale secondo natura. Opera degli architetti Simone Sfrisio, Massimo Lepore, Raul Pantaleo

In Sudan un ospedale secondo natura. Opera degli architetti Simone Sfrisio, Massimo Lepore, Raul Pantaleo

In questo senso, il titolo della proposta curatoriale di Simone Sfriso ci lascia ben sperare: “Taking Care. Progettare per il bene comune”. L’ambizione di Sfrisio, infatti, è rendere reale un’architettura capace diffondere e ispirare i principi di cultura, socialità, partecipazione, salute, integrazione e legalità. Il futuro curatore del padiglione Italia, infatti, classe 1966, è progettista e consulente nei settori dell’architettura bioecologica della riqualificazione urbana e degli spazi pubblici, della pianificazione e direzione dei cantieri urbani, e si occupa degli aspetti progettuali ed esecutivi nei processi di progettazione partecipata e comunicativa.