Francia e Usa aumentano l’impegno militare in Siria, ma la soluzione militare da sola non è sufficiente

Senza il clamore dei grandi titoli della stampa nazionale e internazionale sulla vicenda siriana qualcosa di nuovo sul piano militare bolle in pentola, non solo l'annuncio Usa di utilizzo di truppe di terra, se pur sotto la dicitura di corpi speciali che farebbe pensare ad azioni limitate e mirate, ma ora anche la Francia alza il tiro: Infatti il presidente Francois Hollande ha annunciato lo schieramento della portaerei Charles de Gaulle al largo delle coste siriane per intensificare le operazioni contro l’Isis. La portaerei a propulsione nucleare si aggiunge ai sei caccia Rafale schierati negli Emirati Arabi Uniti e ai sei Mirage che stazionano in Giordania, già impegnati nei bombardamenti sull’Iraq e, in almeno un paio di missioni, sulla Siria. La Charles de Gaulle imbarca 12 Rafale, nove Super Etendard e quattro elicotteri. In realtà era già stata inviata per due mesi nel Golfo Persico a febbraio nell’ambito della lotta all’Isis in Iraq, per poi rientrare a Tolone. In quel periodo i suoi aerei avevano lanciato 10-15 raid al giorno contro le postazioni jihadiste in Iraq. Poi a ottobre Parigi ha lanciato i primi due raid sulla Siria motivandoli con la necessità di colpire terroristi che preparavano attentati contro la Francia, dopo un anno di attacchi sull’Iraq che hanno totalizzato 1.285 sortite con 271 bombardamenti e la distruzione di 459 obiettivi. Almeno questi sono i dati snocciolati con orgoglio dai militari francesi. Ora la presenza della portaerei francese nel Mediterraneo Orientale sembrerebbe quindi indicare la volontà di impiegare i velivoli imbarcati principalmente sul territorio siriano intensificando così un’offensiva aerea i cui effetti in realtà non sono stati molto efficaci visto che le milizie jihadiste non sembrano essere state indebolite più di tanto dagli attacchi aerei svolti, bisogna ricordarlo, senza un supporto di intelligence a terra che ne affini la mira. Diversa è l'azione dei russi, che in 35 giorni di operazioni aeree in Siria utilizzando 34 cacciabombardieri russi (12 Suklhoi 24, 12 Sukhoi 25, 4 Sukhoi 30 e 6 Sukhoi 34) basati a Latakya nella Siria controllata da Assad hanno effettuato oltre 1.600 sortite d’attacco contro 2.084 “obiettivi dei terroristi” secondo quanto riferito dal Ministero della Difesa russo che però comprende nella dicitura “terroristi”, come è noto non solo l'Isis ma anche i ribelle anti regime di Assad. Fra l'altro l'efficcia de bombardamenti russi sarebbe maggiore anche per la presenza di persone a terra ancora legate al regime di Assad che riescono a coordinare e segnalare gli obiettivi. Insommal'imprssione da osservatori è che il problema si potrà risolvere solo quando l'occidente e la Russia riusciranno a mettersi davvero d'accordo sul futuro della Siria, un dopo Assad senza se e senza ma da parte occidentale, un governo di transizione lenta secondo il Cremlino. Le distanze non sembrano incolmabili dato che il mancato accordo fa proliferare i jihadisti. Anche l'attentato al jet russo in Egitto potrebbe convincere tutti nel dare accelerazione alla risoluzione delle controversie diplomatiche.