Fare di passato, virtù

Magazzini Bon Marché, Parigi

Magazzini Bon Marché, Parigi

160 anni fa il commercio veniva rivoluzionato dal Bon Marché; siamo passati dalle grandi idee per il futuro del XIX secolo, alle grandi idee per recuperare un po' di passato del XXI. 

Aristide de Boucicaut, venditore ambulante parigino, a partire dal 1852 lanciò a Parigi la grande distribuzione, i grandi magazzini, progenitori dei nostri centri commerciali. Boucicaut, di fatto, disegnò il futuro del commercio, e non solo.
Ma andiamo per gradi.
Il motto del piccolo commerciante, proprietario di un banchetto di stole in rue du Bac, era: «Più che oggetti, io vendo i desideri», alludendo a tutte le donne parigine che, non ancora emancipate al voto, di sicuro lo erano dal punto di vista della moda e della frivolezza. In un certo senso questo stratega del commercio ci ricorda il “venditore di sogni” greco trapiantato a New York e interpretato da Anthony Quinn nel film, “La stirpe degli dei”.
Ma quale fu l'idea vincente del commerciante che, in breve tempo, riuscì ad erigere l'impero dei Magazzini Bon Marché, tempio che ispirò perfino Zola per il romanzo, “Au Bonheur des dames”? Prima di tutto stabilì un prezzo fisso sui prodotti, mentre prima oscillava a seconda del ceto sociale. Come seconda cosa decise di tenere la merce esposta sui bancali, alla portata delle clienti. Il fatto di vedere il prezzo “democraticamente” stampigliatto su una eticchetta e quello di non dover domandare ai commessi di aprire cassetti e scaffali alla ricerca di un vestito o di un accessorio, diede alle clienti una tale libertà e sicurezza che rappresentò la fortuna del visionario Boucicaut. Ma lo stratega del mercato non si fermò qui, inventando le consegne a domicilio, l'acquisto per corrispondenza, la garanzia “soddisfatti o rimborsati” e perfino i saldi di fine anno. 3913346220514341363050063765
Insomma, per avere un'idea vincente, a volte è sufficiente domandare a sé stessi cosa ci farebbe più comodo, poiché le nostre necessità sono, in realtà, le necessità di tutti.
Ecco che la genialità del francese fu subito copiata dai magazzini Harrods di Londra e Macy's di New York.
Ma questi colossi del mercato, con tanto di sale giochi per bambini, sale lettura per i mariti, toilettes e caffè, rappresentarono prima che l'inizio del conusmismo, la democratizzazione della moda, resa accessibile a tutti, e una emancipazione femminile senza precedenti. Non sono da sottovalutare, infatti, la vendita di accessori quali ombrelli e borsette, a significare che alla donna era concesso poter uscire di casa, passeggiare, andare al caffé, contrariamente a quanto accadeva fino a pochi anni prima.
E un'altra novità storica da attribuire al cambiamento del mercato, è l'affermarsi, sotto Napoleone III, di una nuova classe media, figlia della rivoluzione induistriale e della ferrovia. E a proposito di ferrovia, grazie alle nuove stazioni i magazzini Bon Marché, ben 50 mila metri quadri su tre piani, poterono essere puntualmente riforniti. Per la creazione del suo grande impero commerciale, Boucicaut si ispirò all'Expo parigino del 1867, volendo così creare una struttura di vetro e ferro capace di contenere prodotti di ogni genere in arrivo da tutto il mondo. Per realizzare l'edificio, il commerciante chiese aiuto all'ingegnere Gustave Eiffel, che nel frattempo stava già progettando una torre per l'esposizione del 1900.
Erano gli anni, quelli, del tutto possibile.
Ed ora ci domandiamo quale idea nuova possa rivoluzionare un sistema e una cultura che, terribilmente barcollante, riesce a stare in piedi soltanto grazie agli esempi del passato. E mentre ci interroghiamo a cosa possano realmente servire e cosa possano salvare gli Expo mondiali in un'epoca così compromessa, dovremmo fare un po' come Boucicaut e chiederci che mondo vorremmo per noi, adesso. Ma diversamente al francese, paradossalmente dovremmo rinunciare per un po' al futuro: perché vedendoci sempre più vegani, vegetariani, naturisti, amanti del recupero, dell'arte povera, del chilometro zero, e dell'orto urbano, è fin troppo palese che vogliamo fare un passo indietro, prima del baratro. Un passo verso le cose semplici per recuperare la retta via che porta al domani migliore.