Evasione fiscale miliardaria delle multinazionali, l’Europa resta a guardare?

In questi giorni in alcuni paesi europei , non ci risulta in Italia, viene proiettato un interessante documentario di un regista Canadese, Harold Crooks, nome non certo noto al grande pubblico ma che ha prodotto alcuni interessanti documentari di impegno sociale. La nuova opera di denuncia di Crooks farà certamente discutere nel suo documentario “Il prezzo da pagare” l'autore canadese si scaglia vigorosamente contro le multinazionali che si rifiutano di pagare le tasse, fatto noto ma non certo analizzato a fondo dalla stampa “tradizionale”forse per innominabili conflitti d'interesse. Le multinazionali stanno facendo tutto quanto in loro potere per evitare di pagare le tasse nei Paesi dove erogano servizi nella quasi inerzia degli Stati che dovrebbero garantire l'equa distribuzione del carico fiscale con rischi seri, evidenziati di violare definitivamente i patti sociali con i cittadini che vorrebbero la progressione della tassazione a secondo del reddito, una anticamera alla "morte della democrazia" . Cerchiamo di capire di cosa parliamo e per eviare il solito italico provincialismo analizziamo la situazione nella patria del capitalismo, gli Usa. Ebbene Barack Obama si è reso conto che per evitare di pagare l'imposta sul reddito del 35% normalmente dovute le grandi multinazionali a stelle e strisce sono “migrate”. Microsoft e Google hanno scelto Bermuda, mentre Facebook e HP hanno preferito le Isole Cayman mentre Apple si è rifugiata nelle Isole Vergini. L'elenco potrebbe continuare e ovviamente le stesse società così come tante altre con operatività transnazionale hanno operato scelte simili anche per i mercati Europei, italiano compreso. Una elusione o evasione fiscale miliardaria, mentre gli stati continuano a perseguitare i cittadini rei di non essere riusciti ad onorare le scadenze fiscali causa la crisi e magri la perdita del lavoro. Obama ci sta provando, ha inserito nel bilancio degli Stati Uniti per il 2016 la previsione di tassazione per queste società per la cifretta di 2000 miliardi di dollari. Ma siccome tutto il mondo e paese, le lobby si stanno già muovendo e le società confidano in un nuovo condono fiscale del tipo di quello promosso da George W. Bush nel 2004, che offrì la possibilità di tassare solo il 4% dei profitti alle società che avrebbero accettato di rimpatriare. E l'Europa? La Commissione europea ha annunciato di aver aperto un'inchiesta non solo sugli accordi segreti tra le autorità fiscali in Lussemburgo e le società che in quel paese sono accorse attirate da condizioni fiscali “imbarazzanti” volute dall'oggi presidente della commissione europea  Junker ma anche condizioni molto favorevoli che il Belgio riserva oggi alle multinazionali. Sarebbero in corso “rilevazioni” sui profitti di queste società, che operano in tutta Europa ma dichiarano i profitti solo nei Paesi a tassazione più favorevole fatto che "costituisce una grave distorsione della concorrenza" , dice il commissario per la concorrenza Margrethe Vestager. Eppure la soluzione sarebbe tanto semplice quanto visionaria, occorrerebbe uniformare i regimi fiscali degli stati membri dell'unione, ma questo ovviamente non si potrà fare finchè esistono differenziali così enormi nei bilanci dei singoli Paesi. Insomma non si potrà fare mai a meno che i governanti non vengano folgorati sulla via di Damasco da autentica fede unitaria. Dato che non sarà così, perchè gli egoismi prevarranno, come un cane che si morde la coda l'Europa è destinata ad avvitarsi nelle proprie differenze nazionali e probabilmente, nella migliore delle ipotesi, a rimanere un matrimonio collettivo fittizio, un unione di fatto che consente però ai partner di avere ogni sorta di flirt o addirittura di prostituirsi alle multinazionali o al miglior offerente. E' questa l'Europa che volevano i padri fondatori? E' questa L'Europa che vorremmo noi? Ai lettori il commento.