Europa dei popoli o dei banchieri? La crisi della Grecia è anche questo

Un dato è chiaro, la Grecia va verso il default dopo la rottura del negoziato con l’Europa. Ma questo non vuol dire che vi sia l'uscita dall'euro, perchè è un automatismo in realtà non previsto dai trattati internazionali. Questa  è l'arma migliore in mano alla Grecia ed il motivo principale per il quale l'Europa dei falchi e della finanza, scalpita, minaccia, ma ancora non affonda il suo stiletto nel cuore ellenico. In realtà solo i greci possono decidere l'uscita dall'Euro o dalle Ue, per questo Tsipras ha lanciato il referendum dando al popolo greco la decisione se accettare le condizioni proposte dai creditori internazionali in cambio di nuovi aiuti finanziari ma assoggettandosi alle decisioni di Bruxelles. Come sempre le ragioni non sono solo da una parte, la Grecia ha le sue colpe nel passato remoto e nel passato prossimo e probabilmente nel presente,  ma l'impressione che i creditori internazionali stiano tentando di strozzare Atene è forte. A questo tentativo la maggioranza parlamentare greca ha deciso di reagire in una maniera inaspettata, almeno per l'immaginazione sterile di quelli che qualcuno chiama i tecnocrati europei. L'idea che un governo non si pieghi al volere esterno e ribadisca la autonomia nazionale nelle scelte e affidi al voto una decisione fondamentale per la vita dei singoli cittadini, è fatto inconcepibile per chi ha una concezione della democrazia come mezzo di comando basato solo sul consenso rappresentativo, ma ben manipolato da una comunicazione della "paura" spesso asservita alle logiche dei palazzi.
L’ex Troika è abituata a non accettare punti di compromesso, vuole continuare a dettare l’agenda economica infischiandosene del mandato elettorale e delle volontà dei singoli paesi, soprattutto se non si tratta di una volontà mediata nelle stanze parlamentari, da governi "amici", inconcepibile poi il ricorso diretto al popolo sovrano attraverso un referendum. Tsipras e Varoufakis per evitare di dover essere chiamati dal loro popolo all'harakiri hanno provato a difendersi, opponendo una tenace resistenza che, in mancanza di aiuti esterni, loro ingenuamente speravano nell'Italia di Renzi e nella Francia di Hollande, non poteva durare all'infinito. Quella Greca non è solo una battaglia nazionale, da come finirà si determinerà per davvero il futuro dell'unità europea, servirà una mediazione che non può che passare attraverso la ripresa del primato della politica sulla volontà di tecnocratiche che hanno obiettivi diversi da quelli della felicità e del benessere dei popoli europei. Il benessere per loro  è buona cosa ma solo  quando funzionale alle logiche di accumulazione di denaro per i soliti noti. Il vero problema è che nello scontro fra volontà popolare e imposizioni dei mercati internazionali fino ad oggi sono stati questi ultimi a prevalere, incuranti di cancellare lentamente la democrazia lasciando solo l'ombra di questa. Per capire quanto avviene oggi in Grecia è bene leggere la nota diffusa non molti giorni fa da Syriza, il partito di Tsipras: “Le linee rosse del Governo sono le linee rosse del popolo greco. Dal primo momento che questo governo si è insediato, è stato chiaro – sia in Grecia, sia all’estero – che il mandato dato dal popolo greco è vincolante e costituisce la bussola per i negoziati. La “linea rossa” del governo greco è anche la “linea rossa” del popolo greco. Essi esprimono gli interessi dei lavoratori, dei lavoratori autonomi, dei pensionati, dei contadini e dei giovani. Essi esprimono il bisogno del paese di imboccare un nuovo percorso di sviluppo, che abbia al centro la giustizia sociale e la redistribuzione della ricchezza. La persistenza dei prestatori sulla realizzazione del programma dei Memorandum accettato dal governo Samaras, che mette un cappio sul paese attraverso una pressione politica crescente e l’asfissia sulla liquidità, è in diretto contrasto con l’ideale di sovranità democratica e popolare in Europa. Esprime l’impegno ossessivo all’austerità che distrugge lo stato sociale. Il direttorio oligarchico degli affari europei, stabilito in stanze chiuse in modo da non essere minimamente influenzato dalla volontà popolare, lastrica la strada per la crescita dell’estrema destra in Europa. Queste richieste non possono essere accettate. Non possono essere accettate dal popolo greco che ha lottato duramente, per tanti anni, per mettere fine alle politiche criminali dei Memorandum. Non possono essere accettate dai popoli europei e dalle forze progressiste sociali e politiche che lottano per una Europa della solidarietà e della democrazia. I cittadini greci e i cittadini europei non sono consumatori passivi dei telegiornali dell’ora di cena. Al contrario, noi crediamo fermamente che essi possono essere i protagonisti di questi negoziati che sono cruciali per il nostro futuro in Europa e nel mondo. Syriza prenderà tutte le iniziative necessarie per informare la società greca e i popoli europei. In ogni città, in ogni quartiere, in ogni posto di lavoro, e anche in tutti i paesi d’Europa i parlamentari greci, i parlamentari europei, i quadri di Syriza, insieme agli aderenti a Syriza e ogni forza politica e sociale che è al nostro fianco in solidarietà, si uniranno in un forte appello alla mobilitazione per la vittoria della democrazia e della dignità. Ora è il tempo per tutti di unirsi alla battaglia. Vinceremo.”
Certo è un appello “popolare”, un proclama che contiene ingenuità tipiche di chi pensa che la ragione possa prevalere sulla barbarie solo per il fatto di essere “ragione”, ma una cosa appare certa, è fondamentale che su quanto avviene in Grecia non cali il velo della disinformazione, perchè in gioco non c'è solo Atene, ma anche Roma.