ERITREA, PRIMA COLONIA ITALIANA: ANCORA VIE MUSSOLINI E IMPERO

 

Il futuro, in Eritrea, è il passato. Qui il tempo è immobile, saturo di memoria, compatto come pietra. La gente si saluta ancora in italiano, lo Stivale campeggia nelle mappe scolastiche. Così come le immagini di Padre Pio. E poi i nomi in caratteri latini dei bar e delle strade dove passeggiano le ragazze vestite all'occidentale. Nella capitale Asmara ci sono i cinema Roma, Dante e Impero. Per di più un viale Mussolini e la statua di Cesare Augusto. Se non una dépendence dell'Italia, poco ci manca…
La povertà regna sovrana, in questo Paese del Corno d'Africa è una delle peggiori al mondo. Un presente durissimo e tensioni non ancora sopìte con la confinante Etiopia su confini ancora incerti, crisi alimentare e isolamento internazionale per i legami del potere con l'estremismo islamico somalo.
Due le fasi storiche che fotografano il passato (che è anche eterno presente) dell'Eritrea. La prima riguarda il nostro Paese. Era il 1869 quando un gruppo di italiani vi arrivò, guidati dal genovese Raffaele Rubattino, un capitano d'industria in cerca di porti, e dal missionario esploratore Giuseppe Sapeto. Tredici anni dopo (1882), Rubattino vendette al Governo italiano, guidato da Depretis, la baia di Assab. Era la prima nostra colonia; allora faceva ancora parte dell'Etiopia del Negus Hailé Selassié.
Eravamo al rimorchio delle potenze europee con secoli di esperienza coloniale alle spalle. Intonammo lo stesso l'epopea della conquista, costruimmo strade e ferrovie che diedero progresso. A differenza dell'Etiopia feudale, l'Eritrea ci seguì con entusiasmo e la capitale Asmara divenne una città ideale con il 'culto della ruota': auto, scooter e bici dovunque.
Poi la guerra, la fine del colonialismo, il conflitto indipendentista contro Addis Abeba. L'indipendenza arrivò soltanto un quarto di secoli fa, il 24 maggio del 1991. Dopo 30 anni di guerra con i vicini, il generale Isais Afewerki sconfisse il regìme di Menghistu e si insediò al potere con un referendum sotto l'ègida dell'Onu.
Alle origini, marxista anche lui, ma poi orientato a un mix di ossessione militarista (servizio militare obbligatorio e permanente a partire dai 17 anni) e controllo dittatoriale. Questa mancanza di democrazia, unita alla povertà, ha spopolato il Paese. Un milione e 200 mila eritrei (un quarto della popolazione) son fuggiti in Libia e da qui han raggiunto con i barconi le sponde dell'Italia. Molti ci son restati, altri hanno imboccato da qui la strada verso gli Stati del Nord Europa.

AUGUSTO DELL’ANGELO

Augusto.dell@alice.it