ERITREA, CARCERE D’AFRICA UNICA SPERANZA E’ LA FUGA

Se prima del baratto Ue-Turchia di Erdogan i siriani e gli iracheni costituivano la stragrande maggioranza dei profughi che imboccavano quella che era la 'rotta balcanica', ora dalla Libia attraversano il Mediterraneo verso l'Italia i poveracci che vivono nelle nostre ex colonie d'Africa: Libia, Somalia, Etiopia ed Eritrea.

Gli ultimi due adesso, dopo la lunga e sanguinosa guerra che ha provocato 120 mila morti, sono appunto due Stati e non uno solo come ai tempi del Negus e della colonizzazione italiana.
Addis Abeba capitale dell'Etiopia da quando il dittatore Menghistu ha detronizzato Hailé Selassié, Asmara capitale dell'Eritrea dal 1991, anno della sua indipendenza, di cui in questi giorni sta festeggiando il quarto di secolo con parate militari e fuochi d'artificio.
Un denominatore comune: una struggente povertà e regìmi che ai giovani danno una sola speranza: la fuga da quelle che sono le prigioni d'Africa. Regno delle biciclette, come un tempo il Vietnam, vertici politici asfissianti tanto che in 25 anni in Eritrea non ci sono mai state elezioni. Presidente è da sempre Isaias Afewerki, ora settantenne, l'uomo che guidò la lotta per l'indipendenza dall'Etiopia.
L'Onu afferma che negli ultimi 5 anni ben il 9% della popolazione eritrea (4 milioni e mezzo di abitanti) è scappata dal Paese e che nel 2015 oltre 40 mila dei 475 mila fuggitivi sono approdati in Italia attraverso il Sahara e poi il 'mare nostrum'. A centinaia sono morti sui barconi affondati nel Mediterraneo.
Le Nazioni Unite denunciano da tempo “gravi e diffuse violazioni dei diritti umani” e sostengono che non c'è Paese al mondo che si svuota così velocemente come l'Eritrea (addirittura più di Siria e Iraq).
Il nome “Eritrea” (dal greco “rossiccio”) uscì nel 1890 dalla penna dello scrittore Carlo Dossi, amico dell'allora Premier Francesco Crispi e l'Italia la governò per mezzo secolo. Per questo Asmara è la città 'più italiana' dell'Africa con la sua architettura Anni Venti e Trenta e il culto del caffè corretto. Poi c'è il capolavoro della nostra ingegneria, la ferrovia da Massaua alla capitale. Le sue locomotive hanno 80 anni e sono l'equivalente eritreo delle vecchie decappottabili yankees che circolano tuttora a Cuba.
Un Paese-caserma col servizio militare obbligatorio e perenne a partire dai 16 anni, pagato 30 euro al mese. Internet è un lusso per l'1% della gente. Ci sono ciclisti eritrei che corrono il Tour de France e sono accolti trionfalmente al loro ritorno. E poi una decina di calciatori che giocano all'estero e recentemente han chiesto asilo politico in Botswana.

AUGUSTO DELL’ANGELO

Augusto.dell@alice.it