Erdogan come Gheddafi Euro per l’alt ai profughi

Dopo 11 anni di vane richieste turche di avere accesso all'Ue (sempre decisivo il 'no' della Francia) la Comunità europea apre uno spiraglio ad Ankara, primo Paese arabo accanto ai 28. Non erano bastate le parole di Erdogan (“Siamo il Paese cuscinetto tra Occidente e oltranzismo islamico”) tanto più che il suo ruolo ambiguo (combatte più i curdi che l'Isis) ha ulteriormente allontanato la prospettiva agognata dai turchi.
A sbloccare la situazione è invece venuta l'emergenza-profughi (oltre due milioni tra siriani, iracheni e afghani) decisi a raggiungere l'Europa occidentale dalla Turchia. E allora l'Ue ha copiato Berlusconi che a suo tempo pagò Gheddafi perché trattenesse i disperati. Ad Ankara andranno 3 miliardi di euro. Speriamo che serva e sopratutto, date le caratteristiche politiche della Turchia di Erdogan, non si ripeta l'autogol che facemmo nel 2004 ammettendo la Romania, al primo posto nella criminalità nei Paesi comunitari. Che non sia un autogol o un 'cavallo di Troia' anche perché Ankara è ben lontana dal rispettare i diritti umani.
Intanto, se non ci fosse in ballo la pace nel Pianeta, di questi tempi in Medio Oriente potremmo giocare a puzzle viste le strane e pericolose alleanze in campo. Fino a 60 anni fa consideravamo i contrasti israelo-palestinesi la polveriera del mondo, da 10 anni si è aggiunto il caos libico e da 5 la Siria con l'incubo dell'Isis e gli intrecci con le Grandi Potenze, la Turchia e il Kurdistan.
Il 'sultano' di Ankara Erdogan dice di voler annientare il Califfato, ma in realtà combatte per debellare i curdi, cosa che del resto fa da anni visto che ne ha uccisi ben 40 mila. Divisi in ben 4 Stati della regione, sognano di poter costituire un Paese unitario, il Kurdistan, ma sono in lotta tra loro. I più agguerriti sono quelli del Pkk di Abdullah Ocalàn che operano in Turchia alleati con l'Ypg: sono loro quelli che hanno inferto le più grosse sconfitte sul campo all'Isis sottraendo al Califfato importanti fette di territorio. Ci sono poi i peshmerga che agiscono a partire dall'Iraq, anche loro protagonisti di significativi successi sui terroristi con le bandiere nere.
Ma la loro sfida non si limita ad Ankara; si estende infatti alla Siria in quanto si sono alleati con i ribelli del dittatore Assad, anch'essi in lotta con l'Isis. Molti osservatori dicono che i russi, se a parole proclamano guerra aperta al Califfato, in realtà bombardano proprio coloro che vogliono un cambio di regìme a Damasco. Ed è appunto questo il motivo per cui Obama non si fida di loro.
In una parola: Turchia e Russia si proclamano unite nel conflitto contro l'Isis, ma sono ai ferri corti per la questione dell'aereo di Mosca abbattuto da Ankara e in lotta con i curdi da una parte e i ribelli di Assad dall'altra, i veri nemici del Califfato.
Un vero rompicapo.

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it