Esterofilia culturale in scena, anche “magnifici sette” stranieri alla guida dei musei italiani: Gli Uffizi in mano teutoniche

Che la gestione dei musei nel nostro Paese gridasse spesso vendetta è cosa nota, ma da questo a sconvolgere l'intero sistema introducendo una miriade di nomine aliene con direttori stranieri in sostituzione degli italici che qualcuno pensa sempre "paraculati", è sembrato troppo non solo all'intera categoria dei papabili all'incarico, ma anche a molti uomini di cultura che, ad essere malpensanti,  forse vedono venir meno i loro tradizionali collegamenti e utili ammanicamenti. C'è da scommettere quindi che la polemica si alzerà alta, sia quella legittima, che quella  pretestuosa, anche se in verità ciò che appare una bocciatura di una categoria non può essere generalizzata, perchè anche fra gli italiani non promossi da Franceschini e c. vi sono eccellenze che spesso non hanno potuto, per l'oggettività delle situazione, esprimere la loro capacità di gestione e soprattutto le loro volontà di innovare. In ogni caso le  regole del nuovo corso sono state rispettate, e la notizia che in venti musei pubblici arriveranno ben sette direttori “esteri” rischia di essere solo un classico colpo di teatro in stile renziano o se preferite una moda snob, come quella che vedeva i fumatori nostrani preferire Muratti o Malboro come sigarette da ostentare perchè più eleganti ed esclusive rispetto alle nostre italianissime “nazionali”. Solo fumo negli occhi quindi? Domanda legittima dato che non è per nulla detto che cambiato il vertice le cose migliorino se non verranno forniti ai nuovi direttori, qualsiasi sia la loro nazionalità, strumenti adeguati alla sfida di riformare il vetusto sistema museale del Paese che vanta la più alta concentrazione di opere d'arte del mondo e la più bassa affluenza di visitatori in rapporto alla qualità di quanto esposto.  Come accennato, nella lista dei nuovi direttori sette sono stranieri, tredici gli italiani ma quattro di loro tornano dopo prestigiose esperienze all’estero. Il primo commento è stato, ovviamente, del ministro per i Beni e le attività culturali, Dario Franceschini: “Si volta pagina. Sono scelte di altissimo valore scientifico che colmano anni di ritardi”. L'età media dei vincitori della procedura di selezione internazionale prevista dalla riforma Franceschini è di 50 anni. Su 20, 10 sono uomini e 10 sono donne. Gli stranieri, tutti cittadini UE, sono 7 (3 tedeschi, 2 austriaci, 1 britannico e 1 francese), gli italiani che tornano dall'estero sono 4 (Bagnoli, Gennari Santori e D'Agostino che rientrano dagli Stati Uniti e Degl'Innocenti dalla Francia). Quanto alle professioni: 14 sono storici dell'arte, 4 archeologi, uno un musicologo/manager culturale e uno un manager culturale. "Davvero con queste 20 nomine di così grande levatura scientifica internazionale il sistema museale italiano volta pagina e recupera un ritardo di decenni", ha aggiunto il ministro Franceschini che sottolinea come la Commissione presieduta da Paolo Baratta "ha fatto un grande lavoro ed ha offerto al Direttore Generale dei Musei del Mibact, Ugo Soragni, e a me la possibilità di scegliere in terne di assoluto valore. I nuovi direttori sono italiani, stranieri e italiani che tornano nel nostro Paese dopo esperienze di direzione all'estero". La novità più clamorosa riguarda gli Uffizi dove il direttore uscente, Antonio Natali, non ce l’ha fatta. La commissione presieduta da Paolo Baratta ha infatti scelto Eike Schmidt, 47 anni, esperto di arte fiorentina di fama internazionale, in arrivo dal Minneapolis Institute of Art. Polemico l'ex direttore Natali: “Un Paese che dice di voler cambiare non poteva permettersi di dire che restava il vecchio direttore...”, ha commentato. “L’amarezza - dice - l’ho avuta quando ho capito quale era il copione... Da parte mia ho continuato però a lavorare come sempre, come se avessi dovuto restare agli Uffizi fino all’anno tremila”. Insomma Natali fa intravedere le ombre di scelte precostituite non basate su criteri oggettivi ma sulla volontà, già scritta, di cambiare per il gusto di cambiare.
Stessa sorte per Brera, altra scelta molto significativa per l’importanza del museo milanese, dove è in arrivo James Bradburne, museologo anglo canadese con una passato lunga esperienza italiana alla Fondazione Strozzi. Alla Galleria Borghese di Roma resta Anna Coliva, direttore uscente, incarico che ricopre dal 2006, mentre alle Gallerie dell’Accademia di Venezia arriverà Paola Marina, che ha già diretto Palazzo Forti a Verona. Alle Gallerie nazionali di arte antica a Roma spunta il nome di Flaminia Gennari Santori, dal 2008 al Vizcaya Museum and Gardens di Miami, Florida.  Alla Galleria nazionale delle Marche di Urbino è stato scelto Peter Aufreiter, dal 2010 direttore del Dipartimento mostre, prestiti, depositi e dell’Artoteca del Museo Belvedere di Vienna.
Alla galleria Nazionale dell’Umbria ci sarà invece Marco Pierini, già direttore del Centro di Arte Contemporanea palazzo delle Papesse di Siena. Al museo nazionale del Bargello a Firenze il nome prescelto è quello di Paola d’Agostino, da 2013 è Assistant Curator di arte europea nella Yale University Art Gallery. Il prescelto per il museo Nazionale Archeologico di Napoli è Paolo Giulierini, direttore del Museo dell’Accademia Etrusca e della città di Cortona, dove lavora dal 2001. Il Museo archeologico nazionale di Taranto sarà diretto da Eva degli’Innocenti, dal 2013 direttrice del Servizio dei beni culturali e del museo/centro d’interpretazione Coriosolis della Comunità dei Comuni Plancoët Ple’lan in Bretagna, Francia. Al Museo nazionale archeologico di Reggio Calabria dove sono esposti i Bronzi di Riace, approda Carmelo Malacrino che non arriva da lontano in quanto dal 2010 ricercatore di storia dell’architettura nel Dipartimento di architettura e territorio dell’Università Mediterranea proprio di Reggio Calabria. Al parco archeologico di Paestum arriva Gabriel Zuchtriegel, appena 34 anni, professore contrattista di Archeologia e storia dell’arte greca e romana nell’Università degli Studi della Basilicata. Al palazzo Ducale di Mantova arriverà Peter Assmann, dal 2002 al 2012 presidente della Associazione dei musei austriaci Museumsbund Österreich. Al palazzo Reale di Genova Serena Bertolucci, dal 2010 direttore di Villa Carlotta, Museo e Giardino Botanico sul lago di Como. Al Polo reale di Torino ci sarà Enrica Pagella, ora alla Fondazione Torino Musei, dove dal 2003 è direttore del Palazzo Madama e Borgo Medievale. Al Museo di Capodimonte è in arrivo Sylvain Bellenger, dal 2005 al 2010 curatore capo all’Institut National d’Histoire de l’Art (INHA) di Parigi. Sulle nomine, Vittorio Sgarbi attacca il ministro Franceschini ed affida all'agenzia Ansa il suo commento al vetriolo “Altro che svolta, quello di Franceschini è un errore grave: non si umiliano così i funzionari delle sovrintendenze. È solo un’operazione di immagine si è voluto aprire agli stranieri e guarda caso sette direttori su 20 sono stranieri, come pure è sospetto che 10 siano uomini e 10 donne... Ma nomine di questo tipo e di questa importanza un ministro dei Beni culturali le fa in prima persona, assumendosene la responsabilità, non le affida a quattro commissari e al presidente della Biennale di Venezia”. Il ministro Dario Franceschini ''mortifica il suo esercito, non difende le truppe che ha, lascia sul campo dissapori e conseguenze sgradevoli''. La scelta di fare un concorso per i direttori dei 20 principali musei italiani, prosegue Sgarbi, è un atto politico pericoloso, che il ministro pagherà: fra i 20 selezionati ci sono persone capaci, ma non credo che il neo direttore degli Uffizi Eike Schmidt sia più bravo di quello uscente, Antonio Natali''. Per alcuni dei top 20 Sgarbi ha comunque parole di apprezzamento: ''la nomina all'Accademia di Venezia di Paola Marini è ottima. Bene anche la conferma di Anna Coliva alla Galleria Borghese di Roma, ma, di nuovo, perché lei sì e Natali no?''. Con il quarantenne Aufreiter l'assessore si dice pronto a collaborare. Anzi, meglio, sorride, sarà Aufreiter ''che dovrà collaborare con me''. “Nessuno mette in discussione la competenza dei prescelti - ammette il critico - ma non è che gli stranieri abbiano per forza competenze maggiori dei nostri. Non solo: ci sono conferme, e sostituzioni, ma decise su quali basi? La verità e che è i sovrintendenti dovrebbero ribellarsi a un metodo profondamente ingiusto e sbagliato”. Insomma Vittorio Sgarbi boccia senza appello più nel metodo che nel merito l'idea della selezione per concorso dei top manager dei musei: “e l'innamoramento' per gli stranieri: sette?, e perché non dieci o uno? Per non parlare di 'dieci donne e dieci uomini', una cosa inaudita. Una sciocchezza che contestai anche quando Roberto Maroni nominò la sua giunta in Lombardia''. ''All'epoca avremmo fatto un concorso di idee fra Michelangelo e Raffaello? ma che vuol dire...E poi, il presidente della Commissione selezionatrice, il mio amico Paolo Baratta, è diventato presidente della Biennale di Venezia per concorso? non mi pare. E' il principio che è sbagliato''. ''Natali era il miglior direttore possibile per gli Uffizi, e Franceschini che fa? invece di aspettare che il suo incarico scada, lo sostituisce con un ottimo studioso, certo, ma che non credo farà meglio di lui''.  Diverso, secondo Sgarbi, era lo spirito della riforma delle Soprintendenze, che istituì i settori di competenza affidati a singoli esperti: ''monumenti, architettura, opere d'arte. Così come nelle procure c'è il magistrato che si occupa di mafia e quello addetto ai reati tributari''.