Dove sta andando il Pd? De Luca boccone indigesto per il premier

Dove sta andando il Pd? Di certo la trionfale avanzata di Matteo Renzi rischia non solo di rallentare, ma di ripiegarsi su se stessa. L'affaire De Luca è emblematico,  è una situazione che rischia di andare di traverso al premier. Il vincitore delle primarie in Campania, è infatti ora certificato come il più forte uomo politico della sua regione, erede, nel bene e nel male, di Antonio Bassolino con il quale però non si amavano per non dire che si detestavano. Vincenzo De Luca è quindi uno dei personaggi più carismatici della sinistra meridionale e non solo perchè il sindaco di Salerno ha cambiato il volto della sua città ed ha sbaragliato tutti alle primarie, ma per il fatto che nonostante per molti versi il suo pensiero coincida con quello del renzismo, che vuole pescare voti più alla sua destra che alla sua sinistra, resta per il premier una sorta di cavallo pazzo. Un purosangue scalciante difficilmente domabile e che varrebbe la pena di rottamare più che di gestire.  Ma in Campania Renzi ha sbagliato quasi tutto, ha sbagliato la scelta del proprio candidato, ha sbagliato nel non intervenire preventivamente sulla candidatura di De Luca, che se non per regolamento, almeno per opportunità politica, non doveva essere proposta. Così ora il premier si trova una bella gatta da pelare, o volendo rimanere in ambito equino, un cavallo recalcitrante difficilmente confinabile in un paddock. Ma andiamo per ordine, per cercare di capire la situazione del Pd campano, si dovrebbe analizzare la storia del partito in quella regione, fatto di grandi passioni, di grandi problemi e di grandi interessi alcuni inconfessabili. Ma volendo rimanere negli argini della storia recente, diciamo che il meccanismo delle primarie in Campania è certamente un ordigno da maneggiare con cura che rischia in ogni momento di esplodere in mano. É stato cosìin passato, lo è oggi. Per questo Renzi fidandosi forse troppo dei propri pasdaran locali, aveva orchestrato un programmino che avrebbe dovuto vedere un candidato “unitario” sterilizzando prima ogni contestazione. L'uomo scelto con la benedizione del premier era Gennaro Migliore, ex Rifondazione, ex vendoliano, oggi renziano di ferro. Primo errore in Camania, come altrove, molti lo considerano un transfugo più per convenienza che per convinzione. Insomma avrebbe abbandonato il Sel proprio perchè qualcuno gli aveva fatto odorare la poltrona di Governatore della Campania. Vero? Falso? Comunque sia le cose sono andate diversamente, e nell’ultima settimana prima del voto Migliore si è ritrovato con il classico cerino in mano, abbandonato da chi in Campania lo aveva sponsorizzato, dimenticando con rapida piroetta il momento di entusiasmo quando la discesa in campo di Migliore fu annunciata dall’ambiziosa manifestazione “La fonderia delle idee”, promossa dal gruppo dei renziani campani capitanati dalla deputata Pina Picierno e da Francesco Nicodemo. Così dopo un colloquio con Renzi che i bene informati raccontano come turbolento, il deputato ex Sel ha annunciato il suo ritiro dalla competizione. Causa, venne spiegato, il clima che si era creato in Campania, tra tentativi di annullare le primarie e strappi clamorosi proprio fra i sostenitori di Migliore, per non parlare dell'appello a disertare lanciato da Saviano e dell’addio al partito di Massimo Paolucci, uomo potente e inizialmente fra i principale sponsor dell'operazione. Per capire di più vale la pena leggere la lettera aperta con la quale Paolucci ha annunciato le dimissioni dal Pd:

«Non posso tacere», ha scritto testualmente,«Con dolore, ma coerente con le mie convinzioni, ho deciso di lasciare il Pd. Continuerò con serietà il mio lavoro di parlamentare europeo nel gruppo S&D (gruppo dell’alleanza progressista di socialisti e democratici al Parlamento europeo, ndr) in Europa se accetteranno la mia richiesta di adesione». «Non sopporto più l’ipocrisia». Paolucci che è stato commissario di governo all’emergenza rifiuti in Campania aggiunge: «Ho sempre pensato, e continuo a pensare, che il Pd sia la nostra casa naturale, lo storico approdo delle diverse esperienze e culture del centrosinistra italiano. Ho difeso questa tesi anche quando il mio dissenso su alcune scelte compiute da Renzi era molto forte. Quel che non posso tollerare è vedere il mio partito trasformarsi geneticamente. Quel che non posso sopportare è l’ipocrisia, la doppia morale. Tutti, a Napoli e a Roma – aggiunge – sanno che le nostre prossime primarie saranno un grande revival di Forza Italia. Tutti vedono le fotografie riportate dai giornali. Tanti, navigando sulla rete, hanno “scoperto” fotografie imbarazzanti. Tanti sanno che le nostre prossime primarie saranno un replay peggiore di quelle svolte nel 2011. Tanti sanno che si va incontro a un disastro annunciato». «Tanti – spiega – sanno che sotto gli occhi di tutti si stanno spendendo montagne di soldi. Tanti sanno che sotto i nostri occhi si definiscono accordi con interi settori del centrodestra, con i protagonisti della stagione cosentiniana. Tutti, tanti, sanno ma nessuno interviene. Un clamoroso scaricabarile. Alla pochezza e alla miseria campana si somma una sconcertante irresponsabilità del Pd nazionale, che da mesi si ostina a lasciare incancrenire una situazione divenuta ormai insostenibile. Una cosa è sostenere l’autonomia del partito locale, altro è “girare la testa dall’altra parte», continua l’eurodeputato nato a Napoli 56 anni fa". «Io non posso né voglio tacere. Non posso accettare che il prossimo presidente della Regione Campania sia scelto con il voto determinante del centrodestra. Non posso accettare la perdita di autonomia politica del mio partito. Il forte legame che ho con il mio partito non può trasformarsi in un opportunistico e complice silenzio. Non posso piegare la mia libera coscienza alla ragion di Stato, alla vecchia e sbagliata formula secondo la quale i “panni sporchi si lavano in famiglia”. Ho sbagliato nel 2011, non ripeterò lo stesso errore oggi», scrive Paolucci. «Ai compagni, agli elettori, agli amici di una vita chiedo scusa per non essere riuscito con la mia iniziativa a evitare che il Pd campano si infilasse in un vicolo cieco. Riconfermo il mio più totale impegno per difendere le ragioni del nostro Sud che mi ha dato tanta fiducia e mi ha consentito di diventare parlamentare europeo».

Insomma una vera bomba che non poteva non provocare ripercussioni a catena. Il problema di Renzi a quel punto è stato grande almeno come la voglia di mandare di nuovo a monte le primarie campane. Di certo il premier, forse per la prima volta da quando ha preso le redini del Pd, è davvero in difficoltà, prova ne sia che anche i suoi più fedeli sostenitori campani lo hanno in qualche modo lasciato solo a dirimere la matassa. Perfino Pina Picierno e Francesco Nicodemo si sono elegantemente defilati, segno che per i rottamatori le cose all’ombra del Vesuvio si sono messe malissimo. Insomma a Renzi non è restato che passare il cerino al povero Migliore, infatti dinnanzi alla certezza di vedere la debacle del proprio candidato, al premier non è rimasto che “suggerire” il ritiro dalla competizione, gettare la spugna prima che inizi l'incontro. Migliore non ha potuto fare altro che prendere atto della situazione e farsi da parte ottenendo, dicono sempre i soliti ben informati, la promessa di essere il prossimo candidato “unitario” alla carica di Sindaco di Napoli alle elezioni del 2016. Ora tornando invece al vero vincitore Vincenzo De Luca la strada per lui è ancora irta di spine, infatti la sua posizione davanti alla Legge Severino resta traballante, tanto che Matteo Renzi è cauto. “La decadenza in caso di elezione è un problema”, averebbe detto ad alcuni stretti collaboratori, per poi però aggiungere con stile “doppia faccia di tolla” che: “C'è stata una competizione molto partecipata, senza irregolarità. Nessuno si sogna di ribaltare quel risultato”. Per De Luca però il rischio decadenza subito dopo un eventuale vittoria alle elezioni è molto concreto inoltre la situazione è un grosso vantaggio competitivo per il suo rivale di centrodestra, Stefano Caldoro. Quindi anche se il premier, comunque, ha di fatto “certificato” la vittoria dell'ex sindaco di Salerno, con una telefonata per complimentarsi del risultato, la situazione resta molto fluida. Ma c'è un secondo elemento che deve far preoccupare Matteo Renzi. Un problema che dalla Campania potrebbe propagarsi come un virus al resto del Paese, potrebbe essere solo un raffreddore, ma potrebbe diventare anche un influenza e perfino una polmonite. La situazione nel Pd è tale infatti che ciò che dovrebbe più preoccupare Renzi non sono le possibili scissioni a sinistra, quanto l’emergere del fatto che aver smantellato la classe dirigente chea aveva in mano il partito rischia di rendere ingovernabili i territori. Insomma Renzi alla fine potrebbe annegare nel suo partito liquido. L'esempio della Campania dovrebbe far preoccupare Renzi del fatto di non aver costruito una vera classe dirigente propria e che non basta mandare in televisione una schiera di belle ragazze i cui discorsi sono infarciti di “Matteo Renzi dice”, “Matteo Renzi pensa”. Se il premier capirà quello che sta avvenendo, potrà ancora correggere il tiro, ma per farlo dovrà abiurare almeno un poco alla sua logica personale e al suo protagonismo smodato e smetterla con la logica rottamatoria, facendo ricorso perfino alla vecchia classe dirigente sopravvissuta. Del resto alcuni di questi hanno capito la situazione prima di lui e si sono posizionati pronti ad aggrapparsi al rallentante carro renziano. Sono dirigenti ex bersaniani e dalemiani che stanno dando vita ad una sorta di nuova corrente, sono collaboranti col premier, pronti a diventare renziani, ad un cenno. Se il segretario Pd non attuerà una conversione rischia che in molti territori i suoi uomini vengano sconfitti dai tanti De Luca presenti . Insomma la sua ipotesi di partito liquido o fantasma come qualcuno lo ha chiamato, finisca per travolgerlo, perchè si sa, a volte i fantasmi, si materializzano.

Fabio Folisi