Donald Trump innesta una nuova strategia della tensione e l’Italia torna ad essere “obiettivo strategico”

Nessuna meraviglia che Donald Trump, nonostante gli appelli europei, abbia mandato alle ortiche l'accordo nucleare con l'Iran alzando così di colpo le tensioni nel Mediterraneo e nell'intero Medio Oriente, con il Friuli che si conferma obiettivo militare strategico. Ma andiamo per ordine e partiamo da Trump dai suoi tamburi di guerra: “Non avremmo mai dovuto firmare l’accordo con l’Iran“, è “disastroso e imbarazzante” perché “serve solo alla sopravvivenza di un regime” che “finanzia il terrore e permette ancora di arricchire uranio”. Insomma la scusa già pronta per poter menare le mani ottenendo il plauso di Israele ed Arabia Saudita. Parole non nuove ma che questa volta da proclami muscolari rischiano di diventare effettive scelte dalle conseguenze finali difficilmente prevedibili vista la collocazione della Federazione Russa nella vicenda, mentre prevedibilissimo è quanto accadrà nell'immediato, con un rialzo della “febbre” in un area già caldissima del mondo. Donald Trump ieri sera, poco dopo le 20 ora italiana, ha fatto slittare le lancette dell'orologio della storia indietro di anni. “Fra qualche momento siglerò un memorandum presidenziale per dare il via alle sanzioni al regime iraniano. Istituiremo il massimo livello di sanzioni economiche. Tutti i Paesi che aiuteranno l’Iran sul nucleare potrebbero essere fortemente sanzionati”, un ultimatum indiretto anche all'Europa che in questi ultimi due anni aveva riallacciato rapporti economici importanti con l'Iran. Insomma la mossa del tycoon è pericolosa per gli equilibri del Medio Oriente e per il mercato globale del petrolio, motore di ogni recente guerra abbia funestato il mondo. Nel mirino ci sono anche le economie dei paesi europei che dopo i dazi rischiano di vedersi imporre l'ennesimo embargo indiretto ai loro prodotti. Per questo la Ue si è posta in difesa è già nel pomeriggio è riunita a Bruxelles ribadendo la piena attuazione dell’accordo sapendo benissimo che senza gli Usa il trattato rischia di diventare carta straccia, anche perché Teheran ha già alzato i toni. Insomma il rischio che Donald Trump, bullo impenitente che a furia di marcare il territorio, sta al mondo come la famiglia Casamonica, sta a Roma. Il rischio è che alla fine in nome delle antiche alleanze l'Europa e l'Italia finiscano per l'ennesima volta per fare gli sgherri del boss perfino contro i propri interessi nazionali come nel caso delle sanzioni alla Russia. Ed allora vengono in mente fatti del passato e come nessuna stagione geopolitica è e deve restare immutabile. E se nel 1976 Enrico Berlinguer provocò sgomento e meraviglia, soprattutto nella sinistra il suo schierarsi con Il “Patto atlantico”, oggi varrebbe la pena discutere di quella questione anche se il devastante panorama politico fa sporgere spontaneo il quesito con chi discutere di temi così delicati, se la classe politica è fatta di “leader” come Salvini, Renzi e Di Maio. Berlinguer in quel lontano 1976, forse anche per rassicurare gli Usa ed evitare, alla fine senza successo, ulteriori ingerenze nella politica italiana in funzione anticomunista (nelle quali è facile inserire anche la fine di Aldo Moro), fece una scelta storica con una svolta che era già nei fatti della storia, disse: «Io voglio che l’Italia non esca dal Patto atlantico e non solo perché la nostra uscita sconvolgerebbe l’equilibrio internazionale. Mi sento più sicuro stando di qua, sotto l’ombrello della Nato, ma vedo che anche di qua ci sono seri tentativi di limitare la nostra autonomia». Parole profetiche anche quelle ultime, dato che negli anni successivi, gli Usa intervennero pesantemente nella politica italiana fino ad arrivare ad oggi dove della permanenza sotto l’ombrello della Nato bisognerebbe iniziare davvero a discutere e non per ragioni “sovraniste” ma soprattutto strategiche, alla luce di Trump, e per gli interessi economici nazionali. Per farlo bisognerebbe avere una classe politica all'altezza, un inciampo non di poco conto dato che si è consolidata la profezia che, sempre Enrico Berlinguer, aveva pronunciato nella storica intervista a “la Repubblica” del 28 luglio 1981, nella quale sollevò la questione morale sintetizzando la situazione dei partiti politici con queste parole: «Macchine di potere e clientela: scarsa mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passioni civili, zero». Lui parlava degli anni 80 e da allora non solo le cose non sono cambiate, ma addirittura peggiorate, perché il maquillage operato dalla politica è stato solo una passata di cipria su un viso funereo, solo cambi di termini, partiti diventano “leghe”, “movimenti”, “unioni” e peggiora addirittura la democrazia interna con le fulminee scalate di personaggi, senza arte ne parte, che basano la propria fortuna su spregiudicatezza e negazione di ideologie come “valore”. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e non solo nell'empasse politico che vede l'incapacità di dare un governo a per il fatto che l'Italia rischia di scivolare definitivamente nella marginalità internazionale ulteriormente telecomandato dall'estero, diventando perfino obiettivo strategico di guerre con ci appartengono. Basti pensare che non solo la Nasa considera l'Italia come la migliore e più importante base strategica per i propri interessi nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, ma che di questo sono consapevoli anche i potenziali “nemici” nei cui piani strategici c'è, come prima azione ritorsiva, l'annientamento delle basi in Italia, Aviano in testa. Insomma il Friuli nucleare come obiettivo principe di ritorsione atomica e con le bocce il mano a Donald Trump non c'è di certo da stare tranquilli. Del resto per un sottomarino arrivare non visto in Alto Adriatico non sarebbe certo un problema.