Disboscamento. L’ultimo anno è stato il peggiore degli ultimi dieci per la foresta pluviale amazzonica.

Nell’ultimo anno, l’Amazzonia ha perso circa ottomila chilometri quadrati di foresta pluviale, una superficie grande come l'intero Friuli-Venezia Giulia. A renderlo noto sono i dati diffusi dal Ministero dell’ambiente del Brasile, che mostrano dall’agosto un aumento della deforestazione del 13,7% da agosto 2017 a luglio 2018. Un record negativo degli ultimi dieci anni per la foresta pluviale più grande del pianeta che come è noto è fondamentale per la stessa sopravvivenza del pianeta a partire dai cambiamenti climatici. Le cose potrebbero anche peggiorare in futuro dato che Jair Bolsonaro, neo presidente eletto del Brasile, in campagna elettorale ha promesso di diminuire le multe per chi danneggia la foresta e di ridimensionare il ruolo dell’agenzia dell’ambiente. Di questo passo, temono gli ambientalisti, l’Amazzonia raggiungerà presto un punto di non ritorno.
Già oggi i dati del 2017 hanno segnato una preoccupante inversione di tendenza degli ultimi 10 anni. Dal 2004, infatti, anno in cui l’Amazzonia perse più di 27 mila kmq, le misure prese dal governo brasiliano avevano portato a un notevole calo del fenomeno, con un picco negativo nel 2012, in cui la perdita su di “soli” 4600 kmq. Dal 2013 però il disboscamento ha ricominciato ad aumentare in seguito al rilascio di concessioni governative. Ora gli ambientalisti pensano che quando Bolsonaro assumerà la carica effettiva di presidente, il 1° gennaio 2019, la situazione non possa che peggiorare. Il neo presidente infatti, come accennato, ha promesso di ammorbidire le leggi contro la deforestazione, annunciando anche la fusione tra i ministeri dell’agricoltura e dell’ambiente.
Ese consideriamo che fra le cause principali del disboscamento dell’Amazzonia c’è l’espansione dell’agricoltura, che minaccia anche altri ambienti naturali del paese, per esempio, nel Nord-est lasituazione potrebbe presto sfuggire di mano in nome di intessi economici di pochi soggetti. Gran parte della deforestazione dell’ultimo anno è avvenuta negli stati di Parà, dove la coltivazione è una delle attività principali, e del Mato Grosso, il primo produttore di cereali del Brasile. Secondo l'attuale ministro dell’ambiente Edson Duarte, tuttavia, la colpa della deforestazione sarebbe da attribuire principalmente al disboscamento illegale, conseguenza dell’aumento del crimine organizzato: “È necessario aumentare gli sforzi contro le infrazioni ambientali e in difesa della foresta. Dobbiamo aumentare la mobilizzazione a tutti i livelli del governo, della società, e del settore produttivo per combattere le attività illecite”, ha dichiarato alla BBC.
Alcuni esperti sono decisamente pessimisti e temono che si possa, in un futuro non molto lontano, raggiungere un punto di non ritorno. Racconta, secondo quanto riportato Guardian, Marcio Astrini, coordinatore di Greenpeace in Brasile: “Esiste secondo gli scienziati un limite di disboscamento oltre il quale l’Amazzonia smetterà di essere una foresta, è stimato essere tra il 20 e il 30% e al momento siamo vicini al 20%”. Un altro dato allarmante lo riporta l’Osservatorio del Clima del Brasile, secondo cui il 46% delle emissioni di gas serra del paese nel 2017 sono dovute al cambio della destinazione d’utilizzo del suolo, spesso conseguenza della deforestazione, fatto che mette un altro tassello al puzzle malefico dei cambiamenti climatici globali.