Dati impietosi per i giovani italiani: è nuova emigrazione di massa, ma spesso l’estero è solo una “chimera”

Parlando con i giovani italiani, neolaureati compresi, delle prospettive di lavoro per il loro futuro quello che salta immediatamente all'occhio è la sfiducia generale nel fatto che il nostro Paese sia davvero in grado di fornirgli occasioni di lavoro che vadano oltre la precarietà selvaggia. Il passo successivo alla sfiducia è molto spesso l'espatrio, per molti si trasforma in una sorta di viaggio della speranza. Ma dato che non è tutto oro quello che luccica in molti non trovano fortuna all'estero ma solo altra precarietà  e reddito solo di sussistenza. Insomma si parte povero, si resta povero e per di più neppure a casa propria. I dati da questo punto di vista sono impietosi. In generale, al primo gennaio 2015 sono in tutto 4.636.647 gli iscritti all'Aire (l'anagrafe italiani residenti all'estero), il 3,3% in più rispetto all'anno precedente. Sembra poca cosa ma in realtà solo una parte degli espatri viene registrata soprattutto se è indirizzata verso Paesi Ue. La Germania da questo punto di vista è la meta preferita dai giovani italiani. Nel 2014 gli espatri sono stati 101.297, con una crescita del 7,6% rispetto al 2013 (94.126). A fare le valige sono stati in prevalenza uomini (56,0%), non sposati (59,1%), tra i 18 e i 34 anni (35,8%).Sono partiti soprattutto dal Nord Italia e la meta preferita è stata appunto la Germania (14.270); a seguire il Regno Unito (13.425). I dati sono quelli del Rapporto Italiani nel mondo 2015 della Fondazione Migrantes, presentato a Roma. In generale, al primo gennaio 2015 sono in tutto 4.636.647 gli iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), il 3,3% in più rispetto all'anno precedente. Il 51,4% è di origine meridionale, con un primato della Sicilia (713.483). Negli ultimi anni, questa è una novità significativa, però si è registrata "una marcata dinamicità delle regioni settentrionali", tanto che tra i connazionali espatriati nel 2014, la maggior parte proviene dalla Lombardia (18.425). Seguono Sicilia (8.765), Veneto (8.720), Lazio (7.981) e Piemonte (7.414). Appare evidente che il famoso divario Nord sud si sta riducendo, ma drammaticamente al ribasso. Negli ultimi anni - si legge nel Rapporto - il fenomeno dell'emigrazione per ragioni lavorative, tra i laureati, è tendenzialmente in crescita. E il titolo di studio posseduto risulta più efficace, nella ricerca di lavoro, per chi si è trasferito all'estero. In aumento anche i liceali che trascorrono un anno di studio all'estero. Tra le mete preferite dagli italiani nel 2014, oltre a Germania e Regno Unito, ci sono Svizzera (11.092 espatri), Francia (9.020) e Argentina (7.225). La maggior parte dei cittadini italiani iscritti all'Aire risiede in Europa (53,9%) e in America (40,3%). Al primo gennaio 2015 le donne sono 2.227.964, il 48,1% (+75.158 rispetto al 2014) del totale, i minori 706.683 (15,2%). Gli over 65 sono 922.545 (19,9%). Fin qui i dati che ci dicono molto perchè se da un lato il fenomeno è causato dalla crisi economica poco si è fatto per argunare il fenomeno. L'emigrazione non riguarda più solo i cosiddetti cervelli in fuga, che era già fatto grave di impoverimento del Paese, ma ora una fascia di popolazione dalla formazione più eterogenea che, messa a dura prova dalla crisi, cerca nei paesi del Nord Europa le opportunità che in Italia non trova e che magari avrebbero bisogno almeno in una prima fase solo di un minimo sostegno economico in Patria in attesa di trovare collocazione occupazionale o magari una strada imprenditoriale o professionale propria. Il fenomeno fra l'altro non è solo italiano, a fare compagnia ai nostri giovani troviamo infatti quelli provenienti dagli altri paesi dell'Europa mediterranea che stanno soffrendo la crisi, come Spagna, Grecia e Portogallo. Per capire meglio il fenomeno vale la pena anche dare uno sguardo al passato, dato che vi è una sostanziale differenza tra la vecchia e la nuova generazione di emigrati. Infatti mentre la prima emigrazione avviene in massa sul finire del secondo dopoguerra e comprende in particolar modo l'emigrazione dalle regioni del Sud-Italia, i nuovi flussi oggi hanno caratteristiche ben diverse. Ma una cosa uniforma i fenomeni così storicamente lontani, l'offerta lavorativa oggi più di ieri è costituita da attività precarie e poco qualificate che può essere utile al massimo per la sopravvivenza e forse essere strumentali ad imparare la lingua, ma non certo a consolidare il proprio futuro. Non solo molti infatti in realtà i giovani che alla fine restano stabilmente all'estero, in genere per molti si tratta solo di una esperienza e non sempre è positiva, quelli che possono davvero aspirare ad una attività lavorativa stabile sono solo quelli altamente qualificati.