Da Stadio ad Arena Povero Friuli!

Nuovo stadio Friuli

Nuovo stadio Friuli

Ormai tutto è in vendita, verrebbe da esclamare sapendo che sono in corso trattative per cambiare il nome dello Stadio Friuli, unico simbolo identificativo della nostra regione a livello internazionale, e si potrebbe anche abbandonare il campo dicendo il fatidico “fate quel che volete”, oppure, come scrisse il poeta Luciano Morandini quando il Comune di Udine sfrattò il Centro Friulano Arti Plastiche da Via Beato Odorico: “Anciamocene, lasciamo Udine ai mercanti”: chiara l'allusione a quelli scacciati da Gesù dal Tempio.
Sforziamoci allora, ancora una volta, anche a costo di apparire provinciali o antiquati, e comunque certi di contrapporre ragioni ideali a un mucchio di soldi, di spiegare perché il nome Friuli non può essere cancellato o messo in ombra nell'intitolazione dello Stadio di Udine.
Incominciamo con una breve storia dell'intitolazione.
Lo Stadio, costruito sulle ghiaie del Cormôr a sud-ovest dei Rizzi verso la metà degli anni Settanta, su parere della Commissione consultiva per la Toponomastica fu intitolato al Friuli con voto del Consiglio comunale il 3 marzo 1978.
La Commissione, a dire il vero, aveva proposto “Stadio del Friuli”, ma siccome - diceva un mio indimenticabile professore - “la madre dei fessi è sempre incinta”, il Sindaco Candolini e il Consiglio eliminarono il 'del' per andare incontro a qualche oppositore convinto che quello era lo Stadio di Udine o dei Rizzi, non del Friuli … ! (Ogni commento guasterebbe).
La Commissione scartò - anche questo va detto – altre intitolazioni proposte da singoli o gruppi: ricorderò “Stadio 6 Maggio” (data del terremoto) e “Stadio San Simeone” (il monte che, scivolando sulla faglia periadriatica, aveva prodotto la catastrofe del 6 maggio). Non si dirà che i friulani non siano sprezzanti del pericolo e impermeabili al ridicolo: sarebbe bastata un po' della sana superstizione napoletana per non avanzare quelle proposte.
La Commissione suggerì l'intitolazione dello Stadio al Friuli sia per ragioni ideali (Udine si sentiva allora Capitale del Friuli e, dopo il 6 maggio 1976, anche Capitale della Ricostruzione “alla friulana”, ammirata in tutto il mondo) che per ragioni economiche legate alla comunicazione di massa. La Commissione era infatti convinta che intitolando lo Stadio al Friuli la nostra regione, tanto negletta e dimenticata, avrebbe goduto della gratuita pubblicità sui mass-media per molti mesi all'anno: “Scusa Ameri, al Friuli l'Udinese è in vantaggio...”: si sarebbe così creata, finalmente, un'immagine chiara a livello nazionale e, grazie ai successi dell'Udinese, che riuscì a disputare i campionati europei, si rivelò più tardi spendibile anche a livello internazionale, con vantaggio di tutto ciò che è friulano, dal vino al turismo, dai musei al frico. Basti ricordare che prima dell'intitolazione dello Stadio al Friuli nelle cronache sportive i giocatori dell'Udinese venivano definiti “veneti” o “giuliani”, dal 1978 “friulani”.
Ma nel 1986 morì Alfredo Foni, udinese di nascita e grande campione negli anni Trenta, e il Panathlon di Udine propose al Comune di intitolargli lo Stadio, già denominato Friuli da più di quindici anni.
La Commissione e il Consiglio comunale, rifiutarono la proposta, ma riconoscendo la grandezza di Foni decisero di intitolargli una strada nei pressi dello Stadio, e per tutta risposta i portavoce del Panathlon scatenarono la polemica sul “Messaggero Veneto” nell'ottobre del 1999.
Pazientemente spiegai allora, in due lettere pubblicate sul quotidiano il 1° e il 5 ottobre, che la reintitolazione nulla avrebbe aggiunto alla fama di Foni, nota peraltro soltanto ai tifosi dei suoi anni, non certo alle nuove generazioni, e molto avrebbe sottratto al Friuli. (C'è gente che da allora non mi saluta; altri mi parlano per accusarmi di lesa maestà verso un grande campione: vista la levatura delle dette persone, mi ritengo onorato per il loro atteggiamento).

Superati gli scogli del 6 Maggio e di Foni, il nome Friuli pareva ormai consolidato, ma oggi è l'Udinese Spa che pretende di cambiare il nome alla Stadio, per trasformarlo in Arena preceduto dal nome di uno sponsor (diciamo Hacca per non fare della gratuita pubblicità).
A parere dell'Udinese Spa la parola Arena è più dilatata di quella di Stadio, perché comprende anche attività di contorno e di loisir. Ora, a parte il fatto che in Italia ricorda un resto archeologico (l'Arena di Verona, l'Arena di Pola … ), osservo che le attività di contorno (ristorante, museo della squadra, concerti … ) si svolgono o si possono svolgere anche in impianti chiamati Stadio o Stadium, come è facile verificare. Caso mai, mi dicono gli esperti, è l'Udinese Spa ad aver eliminato una di queste attività, precisamente i concerti rock, perché nella fase di ristrutturazione ha creato uno stadio troppo piccolo!
Naturalmente l'Udinese Spa ha messo sull'amo l'esca dei soldi: si sentiva inizialmente parlare di 250.000 euro in cinque anni, che risultano raddoppiati sul “Messaggero Veneto” del 21 agosto. In tal modo, se la risposta sarà “No, quel nome non si tocca”, il Comune sarà accusato di aver perso l'occasione di assicurare finanziamenti per impianti locali e sport minori!
Ci sarà poi qualcuno che dirà: se a Londra c'è l'Emirates Stadium, a Monaco di Baviera l'Allianz Arena, perché non ci può essere la Hacca Arena a Udine?
Per due motivi: perché quelli sono impianti privati, non pubblici come lo Stadio Friuli, e poi perché Londra e Monaco non hanno bisogno del calcio per avere un'immagine visibile in un mondo in cui per essere bisogna anche apparire.
Ma prima di prendere una decisione che sicuramente scontenterà molti tifosi dell'Udinese (già scocciati perche esclusi dalla parte centrale dei cosiddetti “distinti centrali”), sarà bene che i padroni del vapore valutino con attenzione anche il cosiddetto “bacino di utenza”: la Juventus, il Milan, l'Inter hanno un bacino della dimensione della penisola italiana; quello dell'Udinese è ampio tanto quanto la regione storica, cioè molto piccolo. Conseguenze: le magliette con i nomi dei giocatori delle squadre del nord-ovest sono vendibili in tutta l'Italia; quelle dell'Udinese soltanto nel Friuli.
Altrettanto si può dire per l'affluenza allo stadio e anche per le cosiddette attività di contorno. Attenti, quindi, a non scatenare uno sciopero del tifo!
Concluderemo con una considerazione probabilmente inedita. Ci sono poche squadre nel mondo che rappresentano una regione storica, non soltanto una città: una di queste è l'Udinese.

Enrico Pavonello, prima dello stadio Friuli, panchina dell'Udinese allo stadio Moretti

Enrico Pavonello, prima dello stadio Friuli, panchina dell'Udinese allo stadio Moretti

La Juventus e il Torino non rappresentano il Piemonte, e neanche la sua capitale. Neanche il Milan e l'Inter, la Roma e la Lazio, il Genoa e la Sampdoria, rappresentano per intero le loro città! L'Udinese, al contrario, è sentita come emblema sportivo di una regione storica, perché è la squadra simbolo del Friuli; perché è, o dovrebbe essere, la squadra di tutti veri friulani. E non solo qui in casa, anche all'estero, come disse a Udine venticinque anni fa il prof. Luciano Bosio, docente di viabilità antica all'Università di Padova. Nel mondo, disse, di domenica i friulani, dovunque si trovino, domandano: “Che cosa ha fatto l'Udinese?”. Se la risposta è “Ha vinto” o pareggiato si sentono orgogliosi, se è “Ha perso” un velo di malinconia scende sul loro volto.
Amaramente concludo con una frase di Ido Cibischino, l'autore di un memorabile articolo intitolato “I simboli non si toccano”, apparso su “Messaggero Veneto” dell'11 novembre 1999: “Non è più tempo di aquile, ormai rare in Friuli: anche qui, purtroppo, si sono moltiplicati i pavoni”.

di Gianfranco Ellero