Crisi in Burundi. Il terrore di una nuova guerra etnica.

geography-of-burundi0

 

 

 

 

 

 

È passato un mese e mezzo dall’inizio delle proteste in Burundi contro l’attuale presidente Pierre Nkurunziza per la sua candidatura ad un terzo mandato, giudicata incostituzionale da suoi oppositori. La costituzione burundese prevede infatti solo due mandati, già svolti da Nkurunziza. I suoi sostenitori considerano invece questa candidatura legittima perché nel 2005 il presidente non era stato votato dal popolo ma semplicemente designato dal Parlamento.

Un mese e mezzo, quello scorso, in cui non sono mancate manifestazioni represse spesso con violenza, che hanno portato alla morte di almeno 30 manifestanti e molte incarcerazioni. Alcune fonti parlano di almeno 800 arresti dall’inizio delle contestazioni. Testimoni riferiscono che chi non partecipa alle manifestazioni, rimane rinchiuso in casa “nutrendosi solo di banane verdi ed evitando contatti telefonici per paura di essere intercettato e quindi arrestato dai militari”. Molti hanno preferito scappare. Sono più di 100.000 i rifugiati nella Repubblica del Congo, in Ruanda e in Tanzania dove si registrano anche casi di colera tra i profughi. Un portavoce del Presidente ha alla fine cercato di correggere il tiro e ha annunciato il rientro, in queste ultime ore, di ben 40.000 persone. La notizia non trova tuttavia conferma.

Eppure il Presidente deve contare su un discreto sostegno se è vero che il tentativo di colpo di stato di metà maggio s'è rivelato un flop. Mentre, infatti, Nkurunziza era impegnato in Tanzania a discutere della questione burundese con i capi di stato dell’Africa Orientale (EAC) in un summit tenutosi a Dar es-Salam, il generale Godefroid Niyombare aveva tentato di strappargli le redini del potere. All'arrivo della notizia erano esplosi subito grandi festeggiamenti nelle piazze della capitale Bujumbura: non sono però durati molto e dopo pochi giorni, pur essendo l’aeroporto bloccato, Nkurunziza è riuscito a rientrare nel Paese riprendendo il suo posto. Risultato finale: un nuovo summit organizzato ieri, questa volta senza il presidente burundese (impegnato in campagna elettorale - come ha riferito un suo portavoce), e la richiesta da parte dei leader dell’Africa Orientale di rinviare le elezioni di almeno un mese e mezzo, disarmare i vari gruppi e fermare le violenze. Del problema del terzo mandato non è stato fatto alcun cenno: ecco perchè gli oppositori al nuovo mandato a Nkurunziza sono già pronti a riprendere le proteste a partire da martedì.

La situazione attuale sembra perciò riconducibile alla volontà dell’attuale Presidente di mantenere l'incarico e gli scontri sarebbero il risultato di una lotta di potere. La grande paura che si sta comunque manifestando da più parti è il possibile risveglio degli spettri di un passato che è stato segnato in profondità dallo scontro etnico tra la maggioranza hutu e la minoranza tutsi.

Nkurunziza, ex leader di un gruppo ribelle hutu, ha instaurato in questi anni un regime dittatoriale e la sua ricandidatura potrebbe significare un netto rifiuto della Costituzione e degli accordi di pace di Arusha del 2000, accordi che crearono una chiara ripartizione del potere tra le due etnie. Per ora le proteste di piazza vengono portate avanti da appartenenti a tutt'e due le etnie, ma fino a quando la crisi rimarrà politica se già ora testimoni di etnia tutsi attaccano il presidente ricordandogli le violenze già commesse dagli hutu?

Danielle Maion