Crisi in Cina: tramonto della classe operaia

 

Mao puntava tutto sui campi e la classe contadina, i suoi successori Lin Piao e Deng Hsiao-ping sulle fabbriche, l'industria pesante e quindi la classe operaia. E questa ha trainato la Cina che negli ultimi 30 anni è diventata la seconda potenza economica al mondo.
Ma ora, anzi da tempo, è volta al tramonto e lo si nota per gli effetti negativi (assieme all'altalena dei prezzi del petrolio) sulle Borse dell'intero Pianeta.
Le ragioni di questa emergenza sono due: la crisi del debito pubblico e la sovracapacità produttiva del sistema. Un esempio: la Cina produce 1,14 miliardi di tonnellate di acciaio all'anno, ma con un eccesso di 327 milioni rispetto alle sigenze del mercato.
Quanto alla crisi del debito pubblico, per far fronte a questi tempi difficili e a conti sempre più in rosso, le autorità di Pechino sono pronte ad abbattere la scure sui lavoratori. Due mesi fa, in dicembre, durante una conferenza per illustrare il 13° piano quinquennale statale, il Primo ministro Li Keqiang ha annunciato “la svolta riformatrice”. Ha detto: “Dovremo agire senza pietà, affondando il coltello”.
I tagli colpiranno milioni di lavoratori delle miniere di carbone e delle acciaierie, ma anche nelle industrie di cemento, alluminio, vetro, carta, chimica, cantieristica navale e raffinerie di petrolio.
In Cina lo Stato ha la proprietà di 150 mila imprese, il cui valore (sulla carta) ammonta a quasi 100 mila miliardi di yuan, cioé circa 14 mila miliardi di euro. A rischiare il posto sono ora 5 o 6 dei 30 milioni di operai che lavorano in queste fabbriche, il 20% del totale. Gli analisti le chiamano “zombi”, “morte viventi”. Un film dell'orrore industriale.
Si parla di 1,8 milioni di esuberi nei settori del carbone e dell'acciaio, di 1,3 per i minatori e di mezzo milione per i metalmeccanici. Il Governo metterà a disposizione 13 miliardi di euro per sostenere gli operai che perderanno il posto.
Comunque l'opposizione interna alle misure delle autorità è fortissima: molti governatori di provincia e amministratori locali temono di perdere potere e di dover affrontare un periodo di instabilità sociale nelle loro zone

 

Augusto Dell’Angelo
Augusto.dell@alice.it

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