Così ho visto il Vietnam quarant’anni dopo

Due foto sono il poster della fine della seconda guerra del Vietnam, il 25 aprile 1975. Seconda, quella vinta contro gli americani sostenuti dal regìme di Saigon (oggi Ho Chi Minh City, dal nome del padre della patria) mentre la prima era stata quella per scacciare i coloni francesi debellati a Dien Bien Phu. In entrambi i casi un condottiero-eroe, il generale Giapo, morto quasi centenario poco prima della mia partenza dalla capitale Hanoi. Due foto: una bambina nuda, piangente sul grande fiume mentre gli americani scaricano gli ultimi carichi di morte e, a poca distanza, un grande aereo da trasporto Usa che sta per decollare da Saigon per rimpatriare gli ultimi marines. Attaccati alle eliche, disperati, parecchi funzionari del Governo collaborazionista. In Vietnam ci sono tornato per vedere cos’è cambiato 40 anni dopo la fine di quell’interminabile periodo di guerra che ha dissanguato il Paese e ingigantito l’eroismo dei partigiani-patrioti dell’indipendenza, i vietcong. I tunnel che dalla Cambogia e dal Laos conducono fino al mare sono intatti. Mi hanno lasciato entrare considerandoli il museo della loro gloria. Tre strati: il più profondo per il passaggio dei carriaggi, il mediano con le sale dello Stato maggiore, il più esterno per i cecchini che, alla vista dei nemici nella giungla, alzavano i pertugi per sparare e uccidere. Erano i tempi (ci aiutano i ricordi e l’età) in cui i Consigli comunali, anziché dedicarsi ai piani regolatori e alle tasse sulla casa, erano pieni di dibattiti sull’eroica resistenza dei vietcong. Ma cos’è rimasto? Prima di tutto il traffico caotico che rende impossibile attraversare le strade delle città, strapiene di furgoncini Ape della Piaggio e di biciclette formato mignon. Mignon come la gente, specialmente le ragazze, tutte piccole e carine, molte ancora mignotte, sempre concentrate nel quartiere cinese di Cholon. E poi una sorpresa: un Paese che per decenni ha combattuto contro gli americani è l’unico dell’Indocina che non accetta l’euro per i pagamenti, ma soltanto i dollari Usa. Saigon è diventata una succursale della capitale Hanoi, il cui centro è dominato dal mausoleo a Ho Chi-minh, fotocopia di quello dedicato a Lenin sulla Piazza Rossa a Mosca. Più sotto, modernizzata, c’è Da Nang dove sorgeva la più importante base americana. Più in alto l’ec capitale imperiale Hué, elegante e maestosa da visitare con i riksciò. Il centro del turismo, finalmente dotato di buoni resort, c’è il golfo di Halong sul mar della Cina. Oltre 15 faraglioni in mezzo al mare (roba da far arrossire Capri) che raggiungi con le giunche e, in uno di essi ti porta dentro un isolotto che pare Postumia, ricco com’è di stalattiti e stalagmiti.

Augusto Dell’Angelo

Augusto.dell@alice.it