Cos’è “Lady Mary 2”: sequestro milionario al faccendiere Ezio Bigotti, a 10 anni dall’inchiesta su “Gestione immobili Fvg” si capisce chi bussava al “palazzo” della Regione

 
 

Avete presente il giochino passatempo nel quale bisogna unire di puntini per formare una figura? Ecco, spesso al giornalista sembra di unire fatti e notizie seguendo il filo di un inchiesta, si incontrano dei punti fissi e via via, puntino dopo l'altro la figura che ti appare è sempre più precisa ed inquietante, anche se poi non si hanno strumenti investigativi veri per uscire dalla sera delle ipotesi, delle strane coincidenze, per farle diventare prove effettive. Scrivevo così in apertura dell'inchiesta del 2008 ed oggi a distanza di 10 anni l'immagine è ancora valida. Scoprire la verità non compete al giornalista, competerebbe alle procure, ma la stampa può certamente essere determinante nell'unire pezzi diverità. Così ecco che quel filo può allungarsi nel tempo per dieci anni e oltre, per arrivare oggi, se non alla verità completa, almeno alla conferma che quanto scritto nel 2008 era più che fondato. Parliamo della inchiesta a mia firma sul Teleriscaldamento dell'Ospedale di Udine e sulle indecenti frequentazioni della Regione Fvg per tramite della ormai defunta Società Gestione immobili Fvg dalle attività, diciamo opache. Frequentazione che avevano portato, fra l'altro, all'affidamento irregolare in house della progettazione della centrale di Teleriscaldamento dell'Ospedale di Udine (in house è una modalità di assegnazione lavori a società interamente pubbliche quale Gestione Immobili non era, proprio per la presenza di un socio privato GEFI. ndr). Progettazione del valore di oltre 400mila euro ma funzionale ad un opera del valore di 60milioni di euro e potenzialmente generatrice di ulteriori 600 milioni per la gestione futura della stessa. Un bel bocconcino quindi, tanto appetitoso da ingenerare appetiti che sono andati ben oltre i confini del FVG. Insomma in questo caso non solo i puntini si sono mostrati chiari e veritieri, ma la “figura” che si è disegnata già allora andava oltre ogni aspettativa, con diramazioni e una ragnatela di fatti che rendevano la vicenda di enorme portata, per molti tranne che per la Procura di Udine e per gran parte della stampa locale.  

Insomma il disegno che allora avevamo intravvisto e raccontato si è oggi fatto più chiaro, più definito nel mostrare che certe tendenze e certi rapporti non sono terreno esclusivo di nessuno e che anche il Friuli Venezia Giulia ha avuto e chissà potrebbe avere ancora, i suoi bei collegamenti con aree della criminalità organizzata o per dirla più elegantemente con un concorso esterno di soggetti, società e politica, che forse non può essere stato ancora riconosciuto come reato conclamato, ma sicuramente è un conglomerato by partisan, uno strano sottobosco fatto di collegamenti indecenti e frequentazioni innominabili. Così oggi che da Roma e Palermo arrivano notizie giudiziarie precise è più facile tentare di dare risposta alla domanda, che dopo aver letto nel 2008 l'inchiesta sul “teleriscaldamento” si era anche fatto il vignettista Altan che con la sua disarmante, ma efficacissima sensibilità, in una vignetta che ci aveva dedicato, aveva chiosato “ Per pura curiosità cos'è la Ladi Mary 2”. Potremmo raccontarvi che allora perfino Altan subii la censura della stampa locale, non solo preoccupata di aver preso un buco da un piccolo giornale, ma dal fatto che l'inchiesta toccava ambienti che era meglio lasciar tranquilli, perchè in certe vicende è meglio non disturbare il manovratore. Così ci fu il rifiuto di pubblicare (a pagamento) la vignetta di Altan che lo stesso gruppo pagava profumatamente. Eppure alcune risposte c'erano già nel 2008, Lady Mary 2 SA è una società anonima lussemburghese che alla fine di una serie di marchingegni societari che avevamo evidenziato, si è rivelata ai vertici di comando della Società GEFI, la socia privata nella Spa pubblica Gestione immobili FVG e come si scoprirà dopo, in molte altre realtà economiche. Scorrendo le visure societarie già nel 2008 si poteva capire che il filo lungo delle società portava ad un nome, quello di Ezio Bigotti. E oggi questo personaggio è diventato l'uomo chiave di una serie di vicende che vanno dalle Alpi alla Sicilia passando per Roma.
Ma non si può dare risposta a “cosè Lady Mary 2” se non si risponde alla domanda chi è Ezio Bigotti. Bigotti è stato per decenni un nome semisconosciuto all’opinione pubblica ma non certo ai salotti “buoni” della finanza italiana. Diploma di geometra, classe 1964, a 29 anni fonda il Gruppo Sti che ha il suo core business nell’immobiliare. Nel 2004 il salto di qualità, con la decisione di fondare Exitone e lanciarsi nei servizi del facility management. Bigotti comincia a finanziare la destra come la sinistra ( come viene dimostrato da dichiarazioni presentate dai partiti in Parlamento. In particolare si segnala nel 2004 una donazione di 50 mila euro ad An, 10 mila alla Margherita, 105 mila ai Ds), a partecipare a gare pubbliche anche all’estero (per la realizzazione del catasto in Bulgaria), a frequentare i palazzi del potere e i salotti dei grandi affari. Il resto del curriculum sembra gossip, ma tanto non è, infatti amicizie e amori sono spesso funzionali alla fortuna economica. Negli uffici della Regione Piemonte infatti conosce l’ex assessore ai trasporti di An Barbara Bonino con la quale si fidanza, nello stesso periodo diventa console onorario della Repubblica del Kazakistan a Torino, e si fa notare pure in Sicilia, dove nel 2007 diventa membro di un Comitato promotore per portare l’America’s Cup a Trapani. È in quel periodo che probabilmnte compie il salto di qualità, conosce un nome "pesante" della politica siciliana, l’ex ministro Saverio Romano ministro dell'Agricoltura nell'ultimo governo Berlusconi, esponente di spicco dei centristi in Sicilia travolto nella ultime elezioni del 4 marzo 2018 ma che in passato era un pezzo da 90 della politica siciliana. Saverio Romano nell'ultima legislatura aveva aderito ad Ala, il partito fondato da Denis Verdini. Ebbene Bigotti viene “scelto” dalla Regione Sicilia guidata al tempo da Totò Cuffaro come partner privato della società regionale, Spi, per fare il maxi censimento di tutti gli immobili pubblici dell’isola. Insomma un ingresso in società pubblica esattamente come era avvenuto con il Fvg, in cui era presidente Riccardo Illy, quasi a dimostrare l'equidistanza politica del Bigotti e dei suoi affari. Quella del censimento degli immobili, vede ancora in corso un contenzioso con l’imprenditore piemontese che nel 2007 si era aggiudicato la gara per la creazione della società mista pubblico-privata Spi (Sicilia Patrimonio Immobiliare oggi in liquidazione) firmando un contratto per il censimento dei beni regionali a metro quadro, censimento costato a oggi oltre 80 milioni di euro (cifra immensamente superiore rispetto ad altri censimenti fatti dallo Stato). Soldi andati alla cordata di Bigotti che faceva alla fine capo alla F.B., acronimo che sta per “Finanziaria Bigotti“, a sua volta detenuta per il 45 per cento dalla società anonima, la Lady Mary II con sede in Lussemburgo, società che si scopre essere schermata da altre due fiduciarie del Granducato così da rendere praticamente impossibile risalire ai reali padroni dell'impero Bigotti. Ed è qui che si arriva alle ultime svolte dell'inchiesta, infatti mentre al Procura della Repubblica di Udine, nonostante articoli giornalistici ed un esposto argomentato, risulta aver archiviato la parte Fvg della vicenda, non così è stato per la procura di Palermo che il malaffare ormai lo riconosce al volo e anche per quella di Roma. Si, perchè è notorio che se in periferia si fanno buoni affari è nella capitale che la torta è più grossa. Così ritroviamo il nome dell'ineffabile Bigotti e indirettamente della “sua” Lady Mary 2 nel corposo fascicolo relativo agli appalti Consip. 986 pagine dell’informativa firmata dai Carabinieri e dalla Guardia di finanza per l’indagine Consip nascondono stralci di conversazioni intercettate e dettagli investigativi che, uniti ad altri documenti riservati, mostrano con evidenza il ruolo del Bigotti. A parlare è soprattutto Alfredo Romeo (oggi sotto processo per la presunta corruzione di Marco Gasparri, dirigente apicale della centrale acquisti dello Stato Consip) che intercettato raccontava come si sentisse davvero “accerchiato”. Vittima di un «complotto» dei vertici della società di Stato che, a suo parere, favorivano sistematicamente le cooperative rosse e, soprattutto, le imprese di quello che l’imprenditore Romeo considera il suo vero, acerrimo nemico: Ezio Bigotti. L'immobiliarista che secondo le intercettazioni e non solo sarebbe vicinissimo a Denis Verdini. Ma veniamo all'epilogo di queste settimane, non solo è ancora aperto il contenzioso sul catasto della regione Sicilia, ma a questo si è aggiunta l’indagine sugli appalti Consip e quella sulle sentenze di favore al Consiglio di Stato. Per questo la Procura di Roma ha sequestrato 40 milioni di euro all’imprenditore Ezio Bigotti, considerato dagli inquirenti vero punto di raccordo dei due maxi procedimenti in corso di istruzione all’ufficio giudiziario capitolino. Un «sistema» di rapporti, sempre secondo le tesi d'accusa, che partirebbe da Denis Verdini e dall’avvocato Piero Amara (il presunto grande manovratore di interessi illeciti nella giustizia amministrativa), e che farebbero del Bigotti un personaggio trasversale, uomo in grado di stringere presunti accordi «illeciti» per ottenere commesse milionarie o per avere sentenze favorevoli. Per questo è scattato il sequestro per la bancarotta fraudolenta della società Ge.Fi srl . Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il Gico della Guardia di Finanza di Roma, al comando del colonnello Gerardo Mastrodomenico, indagando sul sistema corruttivo nel Consiglio di Stato, hanno infatti scoperto operazioni illecite di distrazione di capitale. Ben 40 milioni di euro sono fatti uscire dalla società Ge.Fi Fiduciaria Romana srl. Nei documenti risultano anche pagamenti verso la Exitone spa, società controllata al 100% dalla Sti, a sua volta amministrata da Bigotti. La Sti è la stessa finita nella medesima indagine per le presunte false fatturazioni verso le società controllate dall’avvocato Amara. La Sti, però, è anche nota per essere finita appunto nell’inchiesta sul maxi appalto Consip da 2,7 miliardi di euro e potremmo continuare con la consapevolezza che un filo che è diventato una ragnatela fitta, nel passato porta anche in Fvg mentre è anche chiaro che i soci della “anonima lussemburghese” iniziano da trasparenti a diventare via via meno opachi, saranno mai resi in chiaro? Probabilmente qualche nome è già in questo articolo, difficile dirlo con certezza. Di certo fosse stato per la giustizia a targa Fvg Bigotti sarebbe già Cavaliere del lavoro e viste alcune nomine precedenti, chissà che non lo meriti.
Fabio Folisi