Coronavirus: In Cina il dramma da noi il melodramma

Probabilmente non è un caso che la vicenda del coronavirus sia coincisa in Cina con il capodanno cinese e in Italia con il carnevale. Da loro il dramma da noi il melodramma. Non che il possibile contagio non sia una cosa seria, anzi, ma di poco seria ai limiti del farsesco è stata complessivamente la trattazione della materia che ha visto impreparata la classe politica italiana, lombarda e veneta, per non parlare del Fvg che addirittura ha dimostrato ancora una volta la propria sudditanza a Luca Zaia. L'impreparazione politica era prevedibile, meno quella scientifica che ha oscillato fra opposte incrollabili e dogmatiche certezze. La conseguenza di questo cocktail malefico è stata la pericolosa oscillazione fra “oddio moriremo tutti” a “è solo una sindrome influenzale”. Poco male se si fosse solo confermata così la scarsa levatura di governanti e oppositori, peccato che le scelte, questa volta più che in altre occasioni, si sono ripercosse pericolosamente sulla vita di milioni di italiani a Nord, sul mondo dell'economia e del lavoro e più o meno alla lunga diventeranno un disastro per tutti gli italiani. Così da ieri è cambiato il passo ed è scattata l’operazione del contrordine e così, come sono state chiuse, riapriranno scuole e teatri, università e biblioteche, musei e cinema. Certo in tutte le cose si può vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, ma chi è al timone di governi, siano essi nazionali che regionali, non dovrebbe permettersi pericolose oscillazioni, ma doverebbe avere equilibrio e temperanza nelle azioni e soprattutto nella comunicazione. Ma con la classe politica che da tempo ha sposato il linguaggio e le modalità “social” come proprie linee guida, era difficile aspettarsi altro. Il risultato è che è scattata l'operazione Grande Ridimensionamento, dopo quella del Grande Allarme. A parzialissima giustificazione, possiamo dire che la situazione era ed è complessa, ma ci sia spettava che almeno il prevedibile venisse previsto. Invece è passato il principio dell'allarmismo e non quello della massima precauzione razionale, che poteva essere attuata in maniera più mirata. E se da una parte l'isolamento cautelativo di Comuni con casi conclamati aveva un senso, allargando provvedimenti pesantissimi anche in zone ed intere regioni, senza alcun caso di conteggio conclamato, è stata follia. Facendo così non si sono evitate le fughe in avanti di amministrazioni regionali sull'orlo di una crisi di nervi. Sono state bloccate economie e produzioni in città e regioni in assenza di contagi accertati valutando solo il dato della distanza chilometrica, che nell'era dei treni ad alta velocità, degli aerei, quando non semplicemente delle auto, appare azione ridicola. Neppure fossimo ancora ai tempi di cavalli, carri e carrozze, quando le mura cingevano corti e paesi e i ponti levatoi permettevano più o meno efficaci quarantene. Si è invece scelta la strada del “massimo allarme” e per la paura di essere accusati di aver sottovalutato il rischio, si è deciso di sopravalutarlo. Oggi dinnanzi alla devastazione fatta, non dal virus, ma dalla pandemia della paura che ha travalicato rapidamente le frontiere facendoci additare come untori peggiori dei cinesi, la giustificazione di questo disastro è di fare spallucce e sdegnatamente affermare un assolutorio “come fai sbagli”. Peccato che innestare certi allarmi, alimentare con azioni amministrative di grande impatto mediatico una guerra psicologica era chiaro avrebbe provocato una guerra psicologica. Una psicosi collettiva che ha fatto saltare ogni buonsenso ed equilibrio.
Insomma la crisi di questi giorni da sanitaria è diventata generale, economica, sociale e morale. La paura di un nemico senza volto e senza casa purtroppo ha contagiato prima i vertici della politica e poi, grazie ad una irrefrenabile comunicazione totalizzante, praticamente tutti. Una situazione di gran lunga più pericolosa del coronavirus e che farà più vittime, non di crisi respiratorie ma di crisi economica. Ognuno di noi più o meno consapevolmente, è circospetto, guarda il vicino di casa, il passante, la massaia al supermercato, come un possibile portatore di malattia. Per non parlare della sindrome delle mascherine, dell'incetta di amuchina. Il rischio che si sviluppi l’isteria di massa è talmente alto che finalmente se ne sono accorti perfino quelli che hanno innestato la reazione a catena. Peccato che non possano dire “abbiamo scherzato”... o forse lo diranno.

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