Condanna ritorsiva in Egitto per Amal Fathy attivista per i diritti umani nonchè moglie del consulente legale della famiglia Regeni

L'anno si chiude con un ennesima porcata egiziana sulla vicenda Regeni, infatti una Corte d’appello egiziana ha confermato la condanna a due anni di carcere inflitta a fine settembre ad Amal Fathy per aver denunciato, in un video pubblicato su Facebook, le molestie sessuali da lei subite e aver criticato il governo per il mancato contrasto alla violenza di genere. Secondo i giudici egiziani in quel post, che comunque non conteneva alcun incitamento alla violenza, Amal Fathy aveva diffuso “notizie false” rea anche di “possesso di materiale indecente” e di “uso di espressioni offensive”.
Un procedimento giudiziario del tutto pretestuoso, basato su accuse fabbricate ad arte. Così come pretestuosa è anche la seconda inchiesta, ancora in corso, che riguarda la stessa Amal Fathy che è indiziata di “appartenenza a un gruppo terroristico“, “diffusione di notizie false e dicerie per danneggiare la sicurezza pubblica e gli interessi nazionali” e “uso di Internet per istigare a compiere atti di terrorismo”.
Il motivo di questo accanimento è noto, Amal Fathy è la moglie di Mohamed Lotfy, direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione per i diritti umani che fornisce consulenza legale alla famiglia Regeni e che per questo ha subito intimidazioni e arresti di suoi esponenti. Come già raccontato dalla cronaca internazionale di questi mesi Amal Fathy, il marito e il loro figlio di tre anni erano stati arrestati nelle prime ore dell’11 maggio, dopo una rovinosa irruzione notturna delle forze di sicurezza nella loro abitazione. Lotfy e il bambino, che hanno anche passaporto svizzero, erano stati rilasciati poche ore dopo. Niente libertà invece per la donna che ha atteso il verdetto in carcere fino al 27 dicembre scorso quando era stata messa in libertà condizionata. Ma ora con la condanna è assai probabile che debba tornare in carcere. Il carcere sarebbe del tutto incompatibile con le condizioni di salute di Amal, che nei sette mesi di detenzione preventiva aveva perso circa 20 chili di peso. Per Amnesty International Amal Fathy è una prigioniera di coscienza: non avrebbe dovuto trascorrere neanche un minuto dietro le sbarre ed è giunto davvero il momento che sia assolta da ogni accusa.
Inutile dire che il caso è seguito con apprensione anche in Italia ed in particolare a casa Regeni dove i genitori dello sfortunato ricercatore trucidato si sono detti sgomenti per la sentenza che ha colpito la moglie del loro consulente legale al Cairo.

«Apprendiamo con sgomento la notizia della conferma da parte della Corte d'Appello di Maadi Misdemeanors della condanna a due anni di carcere ai danni di Amal Fathy, la moglie del nostro consulente legale in Egitto, Mohammed Lotfy» scrivono in un comunicato firmato anche dall'avvocato di famiglia Alessandra Ballerini. «Chiediamo al nostro governo e alle ambasciate dei paesi "amici" presenti al Cairo di attivarsi immediatamente ed intercedere - chiede la famiglia Regeni - con il presidente al Sisi affinché conceda il perdono ed Amal non debba tornare in carcere. Amal non è colpevole di nulla ma paga il coraggio e la determinazione del marito e del nostro legal team egiziano nel chiedere al nostro fianco e gratuitamente verità per Giulio. A loro va la nostra commossa gratitudine e la promessa che faremo quanto in nostro potere per liberare Amal e non lasciarla mai sola»