Con il caso Azzollini il Pd rottama anche la “questione morale”

E' stucchevole che si sia tirata in ballo la libertà di coscienza per giustificare la squallida manovra che ha consentito al senatore Antonio Azzollini di restare ancorato al suo scranno senatoriale. Del resto che le politiche del governo Renzi siano ostaggio del Nuovo Centro Destra di Angelino Alfano è cosa risaputa, dato che lo stesso leader di Ncd non perde occasione di ribadire, non smentito con la necessaria convinzione dal Pd, che il governo di pseudo centro sinistra sta compiendo tutte quelle riforme di destra che Berlusconi non era risuscito a fare. La lista è lunga, dal mercato del lavoro, alla volontà di isolare i sindacati (Berlusconi si era limitato alla sola Cgil), passando per i tagli alla sanità pubblica, ad una riforma della scuola discutibile ma comunque non discussa con gli interessati, per non parlare poi dei rapporti con L'Europa che vede l'Italia ridotta al ruolo di maggiordomo delle volontà teutoniche. Certo non è tutta colpa di Renzi, l'eredità ricevuta da un ventennio di non governo, con i problemi del Paese nascosti sotto il tappeto come fossero la polvere da non far vedere a un improvviso ospite, hanno imposto alcune scelte obbligate. Ma da questo a sposare in toto politiche d'austerità recessive, volute dall'alta finanza, il passo era lungo ed è stato fatto. Non basta di certo il contentino degli “80 euro” o gli annunci di mirabolanti riduzioni d'imposte, soprattutto se vengono fatti sulla pelle del welfare come avverrà entro l'anno per il recupero dei 10 miliardi che servono a scongiurare l'aumento dell'Iva. Se poi aggiungiamo ai provvedimenti draconiani contro i soliti noti, figuracce come quelle sul caso Azzollini, il quadro diventa devastante e l'autostrada diventa liscia e senza curve, sia per il movimento 5Stelle o per la riscossa della destra più becera e razzista. Infatti anche se con la solita furbata il segretario-premier ha cercato di nascondere la mano, è ovvio che la scelta della “libertà di coscienza” è stata di Matteo Renzi che sapeva che così avrebbe contribuito a "salvare" Antonio Azzollini dall'arresto e con lui la sua maggioranza, ma come drammatico effetto collaterale si è "rottamata" la questione morale che era patrimonio, almeno teorico, della storia del Pd. Già mi immagino un Enrico Berlinguer in lacrime, non sulla proprio tomba, ma su quella del Pci e non è escluso che a piangere con lui ci potrebbero essere anche Moro, Fanfani e forse perfino Almirante. Insomma un altro capolavoro di spregiudicata ipocrisia la scelta uscita da Palazzo Chigi, non certo un errore generato da frettolosa analisi, dato che il giochetto era stato comunicato al capogruppo Luigi Zanda già nei giorni scorsi. Insomma non regge la favoletta della libertà di coscienza come massima espressione del rispetto per i parlamentari, dato che le decine di voti di fiducia dimostrano che della volontà reale del parlamento Renzi se ne infischia, senza contare il fatto che si sia deciso di salvare Azzollini  nonostante la giunta per le autorizzazioni del Senato, demandata all'esame delle “carte”, avesse votato a favore dell'arresto con unanimità proprio del Pd. Insomma una democrazia diretta "prêt-à-porter" da vestire solo al bisogno.
Una correzione di rotta utile a salvare la maggioranza di governo, ma farlo sulla pelle della “questione morale” sottovalutando il clima di sfiducia verso la politica che attraversa il Paese, è una scelta sbagliata moralmente ed eticamente per un partito che recentemente aveva chiesto e ottenuto, ad esempio, le dimissioni del ministro Lupi, addirittura nemmeno indagato. Anche in quel caso si trattava di esponente di Ncd, quindi, o era sbagliata la scelta di allora, o era sbagliata quella di oggi dove fra l'altro vi è un presunto reato gravissimo e non solo il regalino di un pur costoso orologio.
Quanto avvenuto al Senato non è altro che la plastica dimostrazione del fatto che il degrado è diventato palpabile nella politica italiana, a livello territoriale e a tutti i livelli, ed è ben rappresentato anche nelle aule parlamentari. Del resto non poteva essere che così. Da questo punto di vista conviene uscire dalla cronaca e fare delle considerazioni più sociologiche. Iniziare davvero a ragionare su quanto sta avvenendo nel nostro Paese, prima di ritrovarsi dal degrado morale al disastro di possibili governi autoritari favoriti dalle scelte in campo legge elettorale che in maniera miope, proprio il Governo Renzi sta compiendo nella presunzione di vincere sempre.
Diciamo che il problema non è solo della politica, ma dell'intera società italiana che ha adottato da tempo modelli di gestione nella politica, così come nell'economia, che passano attraverso una selezione delle classi dirigenti basate non certo su merito e competenza, ma sulla capacità di raggiungere il vertice ad ogni costo, anche con metodi amorali, per non dire di di peggio. Se poi a questo aggiungiamo che il metodo successivo di proliferazione di chi viene messo al comando, avviene per cooptazione, per nomina, come nelle nostre aule parlamentari, anche stupidi obbedienti e delinquesti più o meno telecomandati, hanno le loro chance di entrare nelle cabine di comando. Ne deriva una profonda inefficienza a tutti i livelli, un arretratezza culturale evidente ad esempio, per uscire dallo stereotipo della politica, nei settori imprenditoriali, dove le nuove generazioni rampanti di “capitani d'impresa”, hanno l'obiettivo unico di massimizzare i vantaggi materiali di breve termine. Per non parlare di quello del mondo della ricerca, dove sempre di più i buoni risultati si ottengono all’estero, anche da parte di italiani che hanno dovuto emigrare per far riconoscere le loro qualità perchè nel belpaese i “posti” sono retaggio dei figli di...qualcuno in concezione quasi dinastica. Insomma negli ultimi vent'anni la società italiana è regredita non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista culturale e morale. La mancanza di un programma Paese che metta al centro valori diversi da quelli del denaro unita alla proliferazione della corruzione, diventato fattore diffuso e disgregante, hanno portato la società al livello di cui ci parlano i parametri internazionali: siamo fanalino di coda di ogni classifica positiva ed ai primo i posti in quelli negativi: dalla libertà di stampa, alla corruzione nella pubblica amministrazione, passando per l'inefficienza burocratica e via dicendo. Analisi impietosa, si dirà. Vero! Ma solo comprendendo la realtà si può sperare di uscire da questo avvitamento drammatico. Un tempo qualcuno gridava “resistere”, oggi quel grido andrebbe ripreso con maggiore forza cercando, anche al di fuori delle logiche di schieramento delle soluzioni condivise. Occorre tornare all'impegno, serve parlare e discutere anche ideologicamente del progetto di società che si vorrebbe. E' fondamentale la costruzione di un progetto culturale, prima ancora che politico. Una piattaforma che coinvolga il maggior numero di persone e che spinga la nostra società verso una sua rinascita partendo dalle basi. Serve allargarsi dai concetti di libertà a quelli di miglior vivere per tutti, utilizzando le potenzialità enormi che covano sotto la cenere della delusione. Insomma uscire dagli schemi e partecipare attivamente a quelle discussioni ed attività, che nonostante tutto stanno germogliando nel Paese, buttando a mare la maggior parte della attuale classe dirigente. Farlo con mezzi democratici è fondamentale ma non sarà semplice. Anche se è infatti vero che l'Italia non è mai stato il paese delle rivoluzioni violente, è anche vero che la misura oggi è più colma che mai e che la violenza bussa prepotente alle nostre porte.

Fabio Folisi