Come rilanciare l’economia nazionale attraverso la “lingua del cibo”

Inseguridad-alimentaria7L'Ateneo di Udine e l'Accademia Italiana della Cucina, propongono l'expo permanente della lingua, della cultura e della cucina italiane. L'argomento sarà dibattuto in un convegno 

Nel 2009, le Università italiane, capofila quella di Udine, portarono avanti un progetto di ricerca finanziato dal Miur dal titolo: “Perdita, mantenimento e recupero dello spazio linguistico e culturale nella II e III generazione di emigrati italiani nel mondo: lingua, lingue, identità. La lingua e cultura italiana come valore e patrimonio per nuove professionalità nelle comunità emigrate”. Esso si proponeva di accrescere le conoscenze su una materia di grande rilievo per la diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo, fornire un supporto conoscitivo alle Istituzioni preposte alla elaborazione delle politiche di diffusione della lingua italiana nel mondo, con particolare attenzione alle esigenze delle giovani generazioni di discendenti di emigrati italiani all’estero.
Insomma, si trattava di valorizzare tra i giovani stranieri il patrimonio linguistico-culturale di origine e poterlo trasformare anche in occasione professionale e scambio con l'Italia. Un reciproco sostegno che non solo consentirebbe di non smarrire per sempre cultura e identità, ma potrebbe anche sostenere l'economia. Come? Creando figure di snodo, capaci di generare imprenditoria fondata sulla valorizzazione del patrimonio linguistico-identitario originario. Ecco che sulla scia di questo progetto, l'Università di Udine ora lancia il tema della lingua, della cultura e della cucina italiane come strategico per il Paese, con la proposta di una Expo permanete capace di proiettare in primo piano il ruolo che queste tematiche hanno nel contesto del “made in Italy” e per il rilancio del Paese. E del tema si discuterà nell'ambito di un convegno dal titolo “Italiani nel mondo. Una Expo permanente della lingua e della cucina italiana”, promosso attraverso un gruppo di studiosi guidato dai linguisti Vincenzo Orioles e Raffaella Bombi, con l’Accademia Italiana della Cucina. L’appuntamento è per sabato 28 febbraio dalle 9.15 alle 13, presso la sala “Gusmani” di palazzo Antonini, in via Petracco 8 a Udine.
I temi del convegno saranno il cibo come elemento per l’internazionalizzazione del made in Italy, la sua lingua nei suoi aspetti lessicali e terminologici, il vino nella sua dimensione comunicazionale, il marketing, lo spazio culturale della cucina, la valorizzazione dei marchi legati alla specificità del territorio e nello stesso tempo anche l’ibridazione. caravaggio-bacco-adolescente
«I temi del cibo e dell’alimentazione del pianeta – spiega Orioles - sono di grande attualità alla vigilia di un evento internazionale quale l’Expo di Milano. Ma il cibo, oltre ad essere elemento fondamentale nella vita di ogni individuo e un bene economico, si presta a diventare veicolo di valori identitari e culturali». «Il convegno – anticipa Bombi - intende proiettare in primo piano il ruolo del food nel contesto del made in Italy, con un focus sull’impatto di questa tematica nella comunità italiana nel mondo».
Saranno coinvolti relatori di varie Università italiane e straniere, da quella di Udine con Michele Morgante, Flavio Pressacco, Rudy Vittori e Raffaella Bombi, a Mannheim con Elton Prifti, dalla Cattolica di Milano con Maria Teresa Zanola, all’Università per stranieri di Siena con Massimo Vedovelli, coordinatore nazionale del progetto Firb, e con Simone Casini, che illustrerà il progetto del portale del vino. Introdurranno i lavori il presidente del Consiglio regionale, Franco Iacop, Giuseppe Comi, delegato dell’ateneo friulano per l’Expo 2015, Laura Pani, per il Dipartimento di studi umanistici, Massimo Percotto per la delegazione udinese dell’Accademia Italiana della Cucina, Raffaella Bombi, direttrice del Corso di perfezionamento “Valori identitari e imprenditorialità”.
«In questo contesto – anticipa Orioles - Piero Bassetti, presidente dell’Associazione Globus et locus, avrà modo di illustrare la sua visione di una comunità di italici disseminata nel mondo e accomunata non tanto dall’appartenenza nazionale quanto dal fatto di porsi come tessuto connettivo per circa 250 milioni di persone che al limite nemmeno parlano l’italiano “ma che condividono un modo di essere e di stare nel mondo globale come nodi di una rete: la rete italica appunto, dove l’elemento distintivo è il riferimento costante, consapevole ovvero inconscio, all’insieme di valori e comportamenti che caratterizza l’italian way of life. E il cibo è parte essenziale e strategica di questo sentire condiviso».