Civati e Berlusconi, ardito accostamento, ma ambedue vogliono rifondare la destra e la sinistra, ma…. dopo le regionali

Diciamo che se il buon giorno si vede dal mattino il nuovo movimento promosso da Pippo Civati non nasce sotto una buona stella, almeno non dimostra grande fantasia ed originalità. Chiamare, come pare voglia fare, il suo ambizioso movimento “Possibile” il giorno dopo la vittoria di Podemos in Spagna sembra come cercar di saltare sul carro dei vincitori, esattamente il contrario di quanto ci racconta la vita politica di Civati che, ad esempio,  sul carro renziano non è meritoriamente salito. Per questo vale la pena perdonare la maldestra ingenuità e cercare di capire dove vuole andare il “Possibile” civiatiano. Da quello che si è saputo, subito dopo le Regionali, nascerà il movimento. Una sorta di rete, di radar, che il deputato uscito dal Partito democratico immagina come “inedito e diverso dal solito”.
11108678_447997992027734_5508093706013948546_nDi ufficiale ovviamente non c’è ancora nulla ma secondo indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera c'è già logo e simbolo, realizzato da Federico Dolce e Marianna Zanetta del Vixen Studio di Torino. Il simbolo sarà depositato prestissimo ma qualche bozzetto è sfuggito al controllo dei creatori, complice il solito galeotto telefonino “fotografico”. Anche il logo ricorda il movimento spagnolo, un cerchio rosso ciliegia in cui si inscrive il segno tipografico dell’uguale. Civati ovviamente nega di essersi ispirato al movimento spagnolo e soprattutto di averlo fatto oggi.

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In effetti una certa lungimiranza a Civato bisogna riconoscerla, il logo e lo slogan “è possibile” era già presente nel 2014 e precisamente l'11, 12, 13 luglio, a Livorno quando al The Cage Theatre - Villa Corridi ebbe luogo il PolitiCamp promosso proprio da Giuseppe Civati detto Pippo. Tre giorni di workshop, dibattiti, incontri su legalità, Costituzione, diritti, ambiente e partecipazione si leggeva nella presentazione dove capeggiava appunto anche il logo “é possibile”. Resta però ancora un oggetto misterioso, certo vi sono contatti con Maurizo Landini e la sua “Coalizione sociale” così come con il Sel di Vendola, ma ancora nulla di preciso. Civati insiste che non è possibile la trasposizione di alcun modello straniero in Italia e che la sua vuol essere una grande occasione di dibattito messa a disposizione di tutti coloro che possono essere interessati a condividere un modello di lavoro completamente nuovo, che supera i partiti tradizionali. Sembra lo sport nazionale quello di superare i modelli tradizionali. In realtà poi o si ricade in quelli, mascherandoli con nomi di fantasia o si finisce per provarne nostalgia. Perfino Renzi si è reso conto e su quello rischia di perdere le regionali, che senza una organizzazione territoriale si perde il controllo della periferia e localmente si generano mostri come De Luca o Paita. Ma tornando a Civati, i meglio informati dicono che Pippo ha in testa un sistema di consultazione permanente degli elettori, non solo sulle tematiche ma anche per la scelta dei candidati e sulle posizioni da assumere in Parlamento, un modello di tipo grillino quindi, dove però il web non sarebbe il centro della verità, ma solo uno strumento di comunicazione collettiva e di interazione fra le idee, non sostitutivo comuque delle più umane assemblee. Sempre i meglio informati raccontano che dopo le regionali, anche sulla base dei risultati di queste, soprattutto di quello in Liguria considerato dai civatiani un laboratorio anche per la politica nazionale, si annuncerà la formazione di gruppi parlamentari sotto il simbolo di “Possibile”. Civati starebbe alacremente lavorando per richiamare a se pezzi del Pd e degli ex M5s. Tutto o quasi dovrebbe avvenire dal 3 giugno prossimo.
E in quei giorni non solo a sinistra ci saranno queste manovre, si vedrà se saranno grandi o dei asfittici ritorni di fiamma. Anche nel centro destra si arriverà ad una resa dei conti post elettorale, fuochi in quel caso che rischiano di essere “fatui”. In cuor suo ne è convinto anche Silvio Berlusconi che comunque ci proverà ancora una volta a ricompattare la diaspora che lui stesso ha provocato. Sarà missione impossibile probabilmente e lui in qualche modo l'ha già ammesso nel non detto nel corso della laconica intervista di sabato scorso con Fabio Fazio. Ha spiegato di non aver in mente con precisione un leader per un nuovo soggetto del centrodestra: “Ancora non c'è e non brucio nomi, anche se qualche speranza ce l'ho”. Evidentemente si è da solo reso conto che Toti, che pur aveva tirato fuori dal cappello come possibile delfino, ha l'appel mediatico di un soufflè e per questo lo ha bruciato candidandolo in Liguria; se vincerà farà il governatore, se perderà sarà appunto un perdente. Degli infedeli traditori della sua leadership, vecchi e nuovi, neppure parlarne. All'ex cavaliere non resta che esorcizzare l'ascesa di Matteo Salvini, se potesse quel nome Matteo lo cancellerebbe con un editto dal calendario e dalle anagrafi e non solo per colpa del leghista. Silvio dice chiaro, “un leader per il centrodestra ancora non c'è e non brucio nomi, anche se qualche speranza ce l'ho”, ed è palese che non pensa al leader del Carroccio che se prenderà un voto di più rispetto a quelli di Forza Italia rivendicherà senza dubbio quel ruolo. Ma in fondo Berlusconi non ha fretta di andare la voto politico, spera in una miracolosa riabilitazione in salsa europea che lo renda nuovamente candidabile ed allora in mancanza di un leader con carisma naturale tornerà lui in campo, il problema età per lui è relativo. E' o non è, come diceva in passato “unto dal signore” in grado di fare miracoli e poi la storia è piena di leader longevi da Breznev a Castro, per non parlare di Mu'ammar Gheddafi che se non l'avessero accoppato malamente sarebbe ancora saldamente in sella alla Libia.

Fabio Folisi