Cina: il governo arresta 15mila persone per “crimini su internet”, alcuni sono opinionisti

Le autorità cinesi avrebbero confermato la notizia dell’arresto di circa 15mila persone per presunti crimini legati a internet. Fra i capi di accusa vi sono attività di hackeraggio, frode online, commercio illegale di dati personali e pornografia. Ma c'è il dubbio che vi siano anche oppositori o semplici commentatori invisi al regime di Pechino. Il ministero della Pubblica sicurezza ha chiarito di aver aperto circa 7.400 indagini, ma non ha specificato la durata dei fermi, anche se pare che la stragrande maggioranza dei casi si sarebbe comunque risolta con non più di una notte in cella. In luglio Pechino aveva annunciato un’operazione di “pulizia della Rete”, non proprio un blitz visto che dovrebbe durare circa sei mesi.
Il governo difende le proprie scelte, sottolineando che “nel mirino vi sono coloro che entrano nei siti e nelle reti interne alle compagnie private, alle banche e alle agenzie governative. Alcuni ottengono dati riservati, altri cambiano le informazioni o caricano dati sulle scommesse clandestine, altri ancora sono dediti alle frodi”. Fdin qui tutto regolare,. Sembrano semplici operazioni contro i cybercriminali, ma poi lo stesso dicastero ha chiarito che saranno perseguiti anche “discorsi impropri su internet” aggiungendo però che in questi casi ci si è limitati a “schedare” i soggetti e a cancellare i siti senza arrestare nessuno per questi “crimini”. Sulla questione arrivano i primi comenti internazionali: Xiao Qiang, professore presso la Scuola di Berkeley in California, ha speigato ad Al Jazeera di non aver mai visto un giro di vite sul web tanto pesante in Cina, aggiungendo che è possibile che alcuni degli arrestati siano degli attivisti per i diritti umani o che difendono semplicemente la libertà di espressione.
"L'atmosfera generale in Cina pesante quando si tratta di libertà di parola", ha spiegato Xiao.
L'annuncio degli arresti di massa, che vengono all'indomani delle protestw pubbliche relative alla carenza di informazioni rispettoo alle esplosioni che hanno ucciso più di 100 persone a Tianjin il 12 Agosto scorso potrebbe anche essere un avvertimento indiretto contro il dissenso. Ma c'è un precedente a questa ondata di arresti, più di 200 avvocati cinesi, blogger e attivisti erano stati presi di mira in quanto collaboratori di Amnesty International, l'associazione internazionale sui diritti umani. In quell'occasione il Quotidiano del Popolo di Pechino aveva riferito che il giro di vite era iniziato quando il ministero della pubblica sicurezza aveva esaminato le azioni di due attivisti di Amnesty allargando poi l'indagine.
A seguito di quella repressione un gruppo di avvocati di primo piano a Hong Kong ha lanciato una petizione globale per denunciare quello che definisce un “metodo intimidatorio” sugli avvocati da parte delle autorità.