Chiesti otto mesi per Erri De Luca, le contraddizioni del TAV non vanno sottolineate

Dopo essere stato denunciato nel 2013 dalla Lyon-Turin Ferroviaire (Ltf), l’azienda committente dei lavori per il TAV in Val di Susa, lo scrittore napoletano Erri De Luca ora rischia 8 mesi di carcere per le dichiarazioni rese all'incirca due anni fa. E' la pena che chiede la procura di Torino con l'accusa di istigazione a delinquere.

Erri De Luca era intervenuto sul dibattito contro il TAV affermando che fosse legittimo sabotarlo, in un momento delicato per le manifestazioni di dissenso che si svolgevano nella Valle. “Quando il signor De Luca parla, - ha detto il sostituto procuratore Antonio Rinaudo - le sue parole hanno un peso specifico rilevante, soprattutto sul movimento No Tav, soprattutto sui destinatari”. Le accuse rivolte a De Luca hanno ormai assunto un valore che va oltre il caso specifico: quello del TAV infatti è un tema che attraversa gli ultimi 25 anni di storia del nostro Paese. Un caso diventato a questo punto emblematico.

"Nel nostro Paese l'informazione è piuttosto compromessa - ha detto lo stesso Erri De Luca in un'intervista di altreconomia.it che risale ad un pò di mesi fa -. Io la chiamo informazione 'embedded', al seguito delle truppe, del bollettino di guerra degli stati maggiori. I giornali sono aziende la cui linea è dettata dal cda, dove i giornalisti sono impiegati". Ecco oggi di che cosa si tratta: il discorso si fa quindi più ampio di come appare ad un primo sguardo. La verità dietro alla frase "forte" pronunciata da De Luca sta nella scarsa informazione che i media mainstream hanno sempre dato sul TAV. Molta cronaca sugli scontri, le manifestazioni etc. e poco vero dibattito fin dall'inizio sui costi dell'opera e sulla sua utilità: i primi cresciuti con il passare degli anni, la seconda diminuita via via col tempo. Fino a diventare ormai anacronistica, se escludiamo gli interessi di qualche grande azienda interessata ai lavori.

"La libertà di stampa - continua De Luca - si è ridotta a termini simili a quelli precedenti alla Seconda guerra mondiale. Solo che oggi siamo sotto la dittatura dell’economia. Anche i nostri rappresentanti politici sono stati scelti in base alle loro fortune economiche. La tradizione di idolatria dell’economia è recente. Ma chi è davvero minacciato dall’incriminazione che mi è stata rivolta è l’articolo 21 della Costituzione". Il punto di vista dell'autore napoletano richiama perciò più alla larga la situazione politico-sociale di tutto un Paese, se non anche quello di tutta l'opulenta (forse meno di un tempo) civiltà che gli sta attorno.

E' come se ad alcune idee e opinioni non fosse permesso d'avere diritto di cittadinanza. Chissà per quanto tempo ancora sentiremo parlare di crisi economica, debiti pubblici, delocalizzazioni, concorrenza con i mercati emergenti etc. etc. Quello che vogliamo chiedere arrivati a questo punto è se su questi argomenti c'è ancora libertà di dire, scrivere oppure se si imponga l'obbligo d'allineamento ad un pensiero cementificante e univoco, magari più consolante, rassicurante, condiviso. Il fatto di sentirsi sicuri e "al calduccio" pare proprio essere oggi la prerogativa di sempre meno persone: e ciò non da' certo nè consolazione nè sicurezze. L'idea invece di trovare alternative senza venire meno al proprio pensiero bè di certo da' più l'idea di libertà. E la libertà, a parer mio, è sempre rassicurante. Se poi qualcuno si offende perchè la nostra idea non andrà a coincidere con la sua, ecco, caro De Luca, toccherà a lui portare una volta tanto pazienza, così come abbiamo fatto anche noi in altre occasioni. #iostoconerri