Chi inquina ripara e paga: almeno così dovrebbe essere

Quello ambientale e dei danni conseguenti ad un uso dissennato de territorio  è un tema complesso, sul quale  l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra)  ha deciso di aprire un confronto con istituzioni, mondo accademico, giuristi, magistratura e associazioni. Per questo già nel novembre scorso è stato  promosso un convegno alla Camera dei deputati. Il titolo era emblematico:  “Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete”. L'obiettivo era fare il punto sulla situazione attuale, mettere sul tavolo le questioni aperte e ipotizzare sviluppi futuri. Negli ultimi due anni, l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e le Agenzie ambientali hanno seguito le istruttorie di 217 casi di danno ambientale distribuiti su tutto il territorio nazionale.
“Come Commissione di inchiesta sulle attività illecite dedicheremo molto spazio al tema del danno ambientale – ha affermato il neo eletto presidente della Commissione Stefano Vignaroli aprendo il convegno – in particolare vogliamo affrontare il nodo delle fideiussioni”. Per chi svolge attività che potrebbero causare un danno ambientale si pone, infatti, la questione di sottoscrivere una forma di copertura finanziaria per premunirsi in caso di oneri da versare. E’ questa solo una delle numerose e diverse questioni aperte. Bisogna dire che meglio sarebbe concentrasi per evitare i danni ambientali e non farne solo una questione di monetizzazione secondo un concetto, tanto caro ad alcuni ambienti, secondo cui se pago posso inquinare o  distruggere senza contare alcuni danni ambientali non sono riparabili.    Si è in attesa di due decreti attuativi che stabiliscano i criteri con cui definire procedure amministrative, copertura assicurativa del danno, nonché i criteri di accertamento e quelli di riparazione hanno spiegato nel convegno. “Aspettando le norme migliori, iniziamo a lavorare insieme con tutti gli attori coinvolti per trovare percorsi operativi il più possibile pragmatici – ha detto il Direttore generale dell’Ispra Alessandro Bratti – Con questo convegno abbiamo fotografato una situazione: Ispra e il Sistema Snpa (Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente ci sono e hanno un buon bagaglio di competenze tecnico-scientifiche. Partiamo dalla casistica esistente, capiamo se l’approccio adottato sino ad oggi sul danno può essere allargato e guardiamo all’obiettivo finale: ripristinare lo stato ambientale di un’area nel modo più vicino possibile a quello originario”.

Tornando un passo indietro, cosa si intende per danno ambientale? Le norme indicano come tale qualsiasi deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e habitat protetti, a fiumi e laghi o al suolo. Per fare qualche esempio, si va dall’incidente della Costa Concordia alle discariche di Giugliano in Campania o quella di Bellolampo a Palermo, dalla Valle del Sacco nel Lazio allo sversamento di idrocarburi nel fiume Polcevera e noi aggiugeremmo anche la laguna di Marano in Friuli. La maggior parte delle istruttorie per danno ambientale è oggi associata a illeciti compiuti nella gestione dei rifiuti (41%), violazioni in materia di edilizia e paesaggio (19%) e scarichi fuori norma (5%). Un 8% è legato ai cosiddetti ‘ecoreati’ individuati della recente legge n. 68/2015 (disastro ambientale, inquinamento, omessa bonifica), nonché a illeciti relativi alle emissioni in atmosfera, in materia di bonifiche o di AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Gli oltre 200 casi di danno relativi a 2017-2018 vedono la Sicilia in testa tra le regioni dove risultano più istruttorie aperte (38), seguita da Campania e Puglia (25), Toscana (18).

Non tutte le segnalazioni di danno finiscono nei tribunali: dei 217 casi seguiti da Ispra, 184 si inseriscono in procedimenti giudiziari per reati ambientali ovvero casi di illeciti che finiscono davanti ai tribunali e per i quali il Ministero può richiedere la riparazione del danno; gli altri 33 sono, invece, casi extra-giudiziali che si avviano quando enti pubblici, cittadini, comitati o associazioni ambientaliste richiedono, attraverso le prefetture, l’intervento del Ministero denunciando potenziali danni all’ambiente.

All’interno dell’iter che verifica quanto danneggiato in un’area, il ruolo di Ispra è quello di seguire, per conto del Ministero dell’ambiente, l’istruttoria dei casi di potenziale danno. Un compito per il quale l’Istituto si avvale della collaborazione delle Arpa sul territorio: dallo scorso anno è stata attivata la “Rete operativa per il danno ambientale” del Sistema nazionale per la protezione ambientale, per far sì che la fase istruttoria venga elaborata in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale valutando le azioni per la riparazione e la prevenzione.

Eppure sono ancora molteplici le questioni aperte sul ruolo che Snpa  debba avere su questo fronte. Aspetto che meriterebbe un approfondimento normativo, come sottolineato dal magistrato Giuseppe Bettarino, consigliere della Commissione parlamentare per la lotta alle ecomafie: “Da appassionato della Legge 132, che ha istituito Servizio nazionale di protezione ambientale, rilevo che la norma parla di coinvolgimento del Sistema nei procedimenti penali e civili. In che senso? Come periti o consulenti tecnici? E in quale fase del procedimento?”. L’organizzazione di Ispra e Snpa va aldilà della matrice classica, secondo il magistrato, per cui il Sistema deve ragionare qui e subito sul modello da adottare. “Hic Rhodus ic salta” (frase latina il cui significato letterale è «Qui [è] Rodi, salta qui » in realtà il senso traslato è «Dimostraci le tue affermazioni, qua e ora».  Di sicuro nella valutazione del danno c’è bisogno di autorevolezza e terzietà: “Lo strumento riparatorio richiede un soggetto tecnico autorevole e attendibile – ha sottolineato Franco Anelli, giurista e rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – perchè bisogna capire quali azioni servono realmente, trovare soluzioni ragionevolmente compromissorie, mediando spesso con le richieste locali. E’ la via per arrivare alle riparazioni specifiche, altrimenti non si sa chi dovrebbe deciderle”. Tanti i temi aperti e le questioni da approfondire. Di sicuro è emerso un apprezzamento per il lavoro svolto sino ad oggi. “Snpa è squadra forte e può farcela – ha affermato Paola Ficco, giurista ambientale – a vantaggio del Sistema Italia”.