Carceri e carcerati, fra realtà e luoghi comuni da sfatare sugli stranieri. I dati del rapporto di Antigone

Il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizione delle sue carceri”, diceva Voltaire. Una verità non confutabile privata alle condizioni spaventose dei detenuti nei paesi a “vocazione” autoritaria ma purtroppo anche in alcuni paesi democratici. Anche l'Italia ha i suoi problemi, magari non per volontà persecutoria nei confronti dei detenuti come del resto sancito dall'articolo 27 della Costituzione che fra l'altro spiega che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Per poi spiegare anche, all'art 13 che “E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Parlare di carcere e carcerati è quindi un dovere. A tale proposito importante è il ruolo svolto da alcune associazioni . Lo scorso 19 aprile si è svolta la presentazione di "Un anno in carcere", XIV Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione. Il rapporto ha preso in esame numeri e dati sulle carceri. Così si scopre, e non è certo una novità, che le carceri italiane sono sempre più affollate, tanto da ledere spesso i diritti dei detenuti. I dati invece sfatano alcuni luoghi comuni come quello della presunta emergenza stranieri che in realtà non sono aumentati nel numero ma sono invece sempre di più a rischio radicalizzazione in cella. Altro dato interessante è quello che vede il 40% di chi è uscito di prigione (anno di riferimento il 2007) farvi rientro negli anni successivi. “Il 39% delle persone uscite dal carcere nel 2007, spiega Antigone, vi ha fatto rientro, una o più volte, negli ultimi 10 anni. Troppo spesso il carcere non aiuta la sicurezza dei cittadini'' infatti ''dei 57mila 608” arrestati, solo 22mila 253, meno del 37%, non avevano alle spalle precedenti carcerazioni. Ben 7mila 42 “ne avevano addirittura un numero che spazia dalle 5 alle 9”. Il 29% degli italiani e il 57% degli stranieri non ha precedenti, mentre il 49,6% degli italiani e il 38,8% degli stranieri ne avevano fino a 4. Sempre secondo i dati estratti dal XIV dossier sulle condizioni di detenzione pubblicato oggi dall’Associazione Antigone: in poco più di due anni, tra fine dicembre 2015 e oggi, i detenuti sono cresciuti di 6mila 59 unità, con un tasso di sovraffollamento del 115,2% e un costo pro capite di 137 euro al giorno. Uno su tre è in cella in attesa di una condanna definitiva. Secondo Antigone, come accennato in apertura, “non c'è un'emergenza stranieri”, quindi nessuna correlazione “tra i flussi di migranti - in vario modo e a vario titolo - in arrivo in Italia e i flussi di migranti che fanno ingresso in carcere''. Negli ultimi quindici anni, è scritto nel rapporto, “a partire dal 2003, alla più che triplicazione degli stranieri residenti in Italia è seguita, in termini percentuali, una riduzione di quasi tre volte del loro tasso di detenzione. Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti in Italia (erano circa un milione e mezzo) l'1,16% finiva in carcere, oggi (che sono circa 5 milioni) è lo 0,39%". Anche in valori assoluti, rispetto al 2008 sono quasi 2mila i detenuti stranieri in meno. Dati non negativi quindi al quale fa da contraltare il fatto che nel 2017 i detenuti sotto osservazione per radicalizzazione sono stati in forte aumento rispetto all'anno precedente, addirittura del 72%. Sono infatti “506 contro 365 del 2016. Si parla dei detenuti monitorati dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria con tre livelli di allerta: alto, medio e basso", spiega l'associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale. "242 sono oggetto di un alto livello di attenzione (il 32% in più del 2016), 150 di un livello medio (il 100% in più del 2016) e 114 di un livello basso (nel 2016 erano 126). Tra coloro che rientrano nel livello alto, 180 sono in carcere per reati comuni e 62 perché sospettati (molti) o condannati (pochi) per reati connessi al terrorismo islamico”. Tra i detenuti in regime di alta sicurezza, “pochissimi sono i condannati in via definitiva” appena 4, quindi il 6% del totale.
Un capitolo a parte merita secondo Antigone la questione relativa alle persone transgender e transessuali “il riconoscimento di un circuito informale, in cui si sviluppino regolamenti e pratiche in grado di provvedere alle loro esigenze di salute e benessere dovrebbe essere un'esigenza di primaria importanza per l'amministrazione penitenziaria''. C'è poi la questione religiosa, visto che nelle carceri italiane “la libertà di culto non è pienamente garantita, considerando che se nelle 189 carceri italiane c'è almeno una cappella, i 7mila 194 detenuti musulmani hanno a disposizione solo 17 ministri di culto".