“Caporalato” in agricoltura, nuove minacce ai giornalisti, questa volta in Piemonte

Un nuovo episodio di intimidazione verso un giornalista che svolgeva il suo lavoro, in questo caso un inchiesta sul “caporalato” in agricoltura, nulla di nuovo si penserà facendo ritornare alla mente le immagini della raccolta di pomodori in Campania o le notizie recenti sulla morte di Mohammed che aveva 47 anni e veniva dal Sudan, uciso in un campo dalla fatica e dal caldo raccogliendo pomodori 12 ore al giorno per guadagnare meno di 25 euro ovviamente senza contratto di lavoro, senza tutela. Ma il nuovo episodio di intimidazione non viene da quelle aree tormentate dove lo Stato è assente, dove le istituzioni volgono lo sguardo altrove, viene dal nord dal Piemonte. L'episodio riguarda il giornalista della Stampa Riccardo Coletti, minacciato da due sconosciuti per le sue indagini sul caporalato nelle vigne dell'Astigiano. Dopo aver subito un danneggiamento dell'auto le intimidazioni si sono rivolte contro la persona. Quest'episodio dimostra che certi comportamenti sono ormai diffuso su tutto il territorio nazionale. In una nota a firma del presidente dell Unione Cronisti Nazionali Alessandro Galimberti si legge: “si rende sempre più urgente un intervento legislativo a tutela dei cronisti, intervento che prenda atto della intollerabile escalation di aggressioni dirette, indirette, fisiche e virtuali a loro danno. Perché mentre il legislatore continua a concentrarsi - nei disegni in gestazione - su come restringere il perimetro della cronaca e su come aumentare la punibilità di chi ha solo il torto di raccontare la realtà ai cittadini/elettori, oggi con le regole in vigore chi ha minacciato Riccardo Colettti rischia una condanna meno che simbolica. Lo stesso, cioè nulla, rischiano i boss più o meno mafiosi che dai social network attaccano quotidianamente i cronisti. Mentre i cronisti devono invece affrontare quotidianamente, oltre il pericolo per la propria incolumità e dei propri congiunti, anche il rischio di querele temerarie e citazioni milionarie infondate, rischi che con le future leggi possono solo aumentare. Ribaltare questa logica perversa dovrebbe essere, prima di tutto, un atto di responsabilità di chi governa il Paese e scrive le leggi”.