“Cantonate” sulla cooperazione sociale

Domenica il quotidiano "L'Avvenire" ha pubblicato una lunga intervista al presidente dell'Autorità Anticorruzione Raffaele Cantone. Argomento: la cooperazione, in particolare quella sociale. L'intervista contiene giuste critiche, che però in parti importanti appaiono superficiali, se non demagogiche. Cantone dovrebbe evitare di fare come Saviano, parlando di tutto, anche quando non ne ha la competenza.
Cantone dovrebbe inoltre chiarire il suo ruolo: parla come magistrato, o come astro emergente del renzismo? Tutte e due le cose non le può fare, altrimenti continua ad alimentare quella qualunquistica permeabilità tra poteri (Legislativo, Esecutivo e Giudiziario) che ormai troppi magistrati hanno varcato. Trasformando ad esempio implacabili procuratori in sgrammaticati parlamentari. E' ora di porre precise incompatibilità tra le funzioni: non se ne può più di "servitori dello Stato" che sono sovraesposti ed appaiono più candidati in campagna elettorale permanente, che "funzionari" nostri (di noi cittadini) dipendenti.
Tra le cause della crisi cooperativa, c'è in primo luogo la "fine delle ideologie". E' stato un bene, visto che ha significato il dilagare del turbocapilismo più scatenato? Non si stava forse meglio, quando il movimento dei lavoratori era forte e rappresentato da suoi partiti di classe? Va poi considerato il meccanismo intrinsecamente corruttore e desertificatore delle grandi opere, che Cantone non critica a fondo, anzi cerca di giustificare per motivazioni eminentemente politiche/partitiche, come nel caso dell'Expo. Non a caso, il suo giudizio risulta più indulgente verso grandi cooperative "multiservizi" come CPL Concordia e La Cascina, mentre è liquidatorio nei confronti della cooperazione sociale.
Gli appalti (e la loro frequente ripetizione) sono un dato di corruttibilità. Bene, ed allora non sarebbe il caso di far venire allo scoperto le pratiche corrette di concertazione territoriale? Lo propone la stessa bozza di linee-guida per gli affidamenti al terzo settore, redatta dall'ANAC di Cantone, quando si riferisce alle coop sociali "A" - quelle che gestiscono servizi sociali - per le quali si fa "risorgere" la legge 328 di riforma dei servizi sociali, con il suo ricco cassetto degli attrezzi di procedure di coprogettazione e concertazione pubblica. Lo stesso documento si apprezza meno nella parte relativa alle cooperativa sociali "B", cioè quelle di inserimento lavorativo di persone svantaggiate: è la parte meno convincente della sua bozza. Una parte che sembra scritta da qualcuno che non ha letto le recenti direttive europee, che vanno su questa stessa strada, e non su quella degli "appalti normali", che hanno trasformato lo strumento principe dell'inserimento lavorativo in una pratica di appalti quotidiani, trasformando operatori sociali in esperti di appaltistica e comunque non garantendo la cooperazione sociale B, che versa in uno stato di crescente crisi, tendenzialmente vicina al punto di rottura. Altro che cooperative piene di soldi da riutilizzare per la corruzione politica! Tra un po', la cooperazione sociale nata dalla riforma di Franco Basaglia chiuderà, e quello di Cantone sarà solo il "colpo di grazia".
In sintesi, l'attacco alla cooperazione sociale B da parte di Cantone è una vera e propria carognata, che scambia alcuni casi con un mondo esteso ed importante, capace di fare scelte etiche impegnative. Ad esempio, quella di rifiutare di gestire i campi di concentramento per migranti, come abbiamo saputo fare nella maggioranza dei casi, con una dura lotta politica. Dov'erano Cantone e gli altri magistrati? Con noi, che bloccavamo Cpt e Cie, oppure con chi ci denunciava ed accusava di "violenza"? Ma forse "carognata" è una parola forte: in realtà è evidente che Cantone parla senza sapere nulla o quasi dell'oggetto dei suoi discorsi. "Di un bel tacer non fu mai detto".
Quanto agli abusi, ricordiamo che ci sono regioni (come il Friuli Venezia Giulia) dove si sono sempre e poi sempre fatte le gare di appalto per l'affidamento dei servizi, grazie a leggi regionali rigorose. Se in alcune regioni si è fatto diversamente, si esamini cosa è successo in quei casi, senza generalizzare. Gli stessi atti dell'Avcp (predecessore dell'Anac cantoniera) hanno notato queste consistenti differenze negli anni scorsi, e non si capisce perché ora si agisca erga omnes, dopo aver chiuso occhi ed orecchie in alcune situazioni specifiche, particolarmente vicine al potere politico.
E poi, cosa c'entra il lavoro con il volontariato? Il volontariato lo fa chi ha già un reddito: se si vuole che le coop diventino delle strutture di volontariato, Cantone spieghi al suo "mandante" Renzi che allora bisogna garantire a tutti e tutte il reddito sociale minimo (non inferiore alla soglia di povertà ufficiale, altro che le cifre inferiori - e discontinue - che vengono previste in alcuni esperienze locali, come quella del Fvg di Debora Serracchiani).
Inoltre la proposta di legge sull'impresa sociale, espressione del governo di cui fa implicitamente parte Cantone, non può che far ulteriore confusione, con la pretesa di cooptare nel no-profit anche l'impresa profit "caritatevole". Così ogni privato impresario "furbo" potrà riciclare i suoi affari sotto un ombrello di favore, e il qualunquismo di Cantone non farà altro che ispessire quella cortina fumogena in cui "tutti i gatti sono bigi".
Caso mai, bisognerebbe centrare la questione sulla democrazia. Quella cooperativa, ma non solo: come si fa a restaurare e rafforzare la democrazia economica, quando nella società politica e dell'informazione ormai siamo ad una quasi-dittatura? In questo quadro, se i riferimenti di Cantone al finanziamento pubblico dei partiti appaiono una lancia spezzata per il ritorno all'antico (fiumi di denaro pubblico che, come sappiamo, sono stati una fonte di sprechi e corruttela, dalle mutande verdi di Cota alla prostituzione di qualche clericale a-giorni-alterni), quelli ai sindacati puzzano di regime, e non a caso sono convergenti con le dichiarazioni del Renzi desiderante un unico e totalitario "sindacato nazionale".
Infine: le cooperative ed il finanziamento dei partiti. Secondo Cantone il fenomeno riguarda soprattutto le cooperative sociali: ma qui occorre ripetere che il difetto della sua critica è la generalizzazione, oltre che il guardare il dito invece che la luna. Il finanziamento occulto ai partiti è strutturale in questo paese, e l'alternarsi tra movimenti populistici che negano il finanziamento pubblico e provvedimenti di "sanatoria" del finanziamento stesso, dagli anni '70 in poi, non ha aiutato. In realtà, è un segreto di Pulcinella che i partiti siano sempre stati finanziati dalle imprese, anche cooperative. Ma, se non si risolve il problema, offrendo alla luce del sole sedi (pubbliche) di riunione e comunicazione, ed abbassando le retribuzioni degli eletti a normali paghe da lavoratori dipendenti, non andremo mai molto lontano.
Infine, sull'antimafia. Se Cantone pensa (e forse ha un pezzo di ragione, visto che è il suo terreno di indagine consolidato) che possa essere inquinata e strumentalizzata, non ha che da fare una proposta "rivoluzionaria": i beni confiscati debbono diventare il più presto possibile proprietà pubbliche. Costituendo il nucleo di una nuova professionalità imprenditoriale dello Stato, una specie di IRI che, invece che partire dalle aziende in crisi (che possono esserne comunque interessate) parta dal patrimonio di quella mega-azienda che è la mafia. Espropriamo i padroni più s-corrotti e violenti, per trasferire i loro beni alla Mano pubblica. Mica la repubblica sarà incapace di fare quello che fece il dittatore Mussolini?

Gian Luigi Bettoli