Cambio ai vertici della Danieli, “dimesso” l’Ad Trivellin. Solo fattori di relazioni interne gestite in stile Ebenezer Scrooge?

Le dimissioni dell'amministratore delegato di Danieli Alessandro Trivillin hanno natura professionale e sono legate al desiderio del manager "di completare il suo percorso di carriera". Lo ha sottolineato dando la notizia dell'abbandono dell'Amministratore Delegato la società friulana che in una nota burocratica alla quale nessuno crede veramente fino in fondo, segnala fra l'altro che a Trivillin non verranno corrisposte indennità di buona uscita. “Il Consiglio di amministrazione e il Collegio sindacale, si legge nella nota, ringraziano il dottor Trivillin per l'alta professionalità e il senso di responsabilità con cui ha gestito gli incarichi affidatigli. Il dottor Trivillin ringrazia il Gruppo Danieli per avergli dato l'opportunità, in questi anni, di svolgere un ruolo stimolante a cui resterà sempre legato”. Verrebbe da pensare alla vecchia formula di licenziamento senza neanche i sette giorni canonici, ma probabilmente non sarà così, perchè nel linguaggio dell'alta economia ed in particolare in quello cui ha abituato la Danieli potrebbe voler dire anche altro. Intendiamoci, non è che Trivellin finirà sulla strada, non stiamo parlando del licenziamento delle maestranze che spesso vien fatta senza alcun ritegno da certa imprenditoria, ma dell'abbandono da parte di un manager che c'è da credere, senza fare i conti in tasca a nessuno, potrà vivere di rendita o comunque ricollocarsi facilmente. Comunque lo stile dell'operazione, apparso come un fulmine a ciel sereno, sembra quello tipico della presidenza Benedetti al quale tutti riconoscono grandi capacità imprenditoriali ed altrettanto grande incapacità di relazionarsi in maniera umana con le proprie risorse quando queste non sono “meccaniche”. Un vero peccato perchè le capacità dell'uomo, anche di cogliere le occasioni in maniera disinvolta, sono palesi nella sua storia personale e familiare, ma la sua fama di essere una sorta di Ebenezer Scrooge lo accompagna da sempre e del resto ora siamo sotto Natale. Speriamo di vedere in futuro lo stesso epilogo del racconto Canto di Natale di Charles Dickens. Ma auspici a parte, tornando ai giorni nostri l'addio dell'a.d è stato comunicato indicando che l'attività del gruppo Danieli sarà ora gestita direttamente dal presidente Gianpietro Benedetti e dall'altro amministratore delegato Giacomo Mareschi Danieli. Per la consociata Acciaierie Bertoli Safau sarà la presidente Carla de Colle ad assumere il posto di a.d prima ricoperta da Trivillin. Il titolo, in calo “tecnico”, non sembra della vicenda non sembra averne risentito più di tanto dato che a Piazza Affari molti titoli industriali in questi giorni trattano in negativo, appesantiti dal nuovo clima di incertezza che si respira soprattutto a causa del nuovo capitolo Brexit e anche se marginalmente dalle questioni relative all'impeachment di Trump, senza contare che il volume degli scambi inizia a essere rarefatto in vista delle festività natalizie. Insomma il ritocco al ribasso del titolo Danieli sembra più dettato dalla generale cautela che aleggia sul listino di Milano che dalle novità ai vertici della azienda. La società friulana, leader mondiale nella produzione di acciai speciali e soprattutto di impianti chiavi in mano per produrre acciaio e alluminio, sembra infatti navigare in acque tranquille, aveva fra l'altro annunciato nei primi giorni di dicembre di aver vinto due nuove commesse in Cina messe in gara da Tangshan Reafon Iron & Steel e da Hegang Laoting per realizzare quattro nuovi sistemi di controllo dei processi negli stabilimenti, rispettivamente, di Tangshan e di Laoting. Non deve meravigliare che per la Danieli la “Cina sia vicina”, negli ultimi due decenni l'azienda di Buttrio, che ricordiamo essere tra i tre maggiori produttori al mondo di impianti per la metallurgia, ha puntato molto sul paese che fu di Mao Tse Tung, paese che copre più della metà della produzione mondiale di acciaio che per il fatturato dell'azienda friulana è arrivato a pesare il 60%. Danieli è entrata quasi un ventenni fa nel mercato cinese prima con un ufficio di rappresentanza e poi con la costruzione di due stabilimenti, uno nei pressi di Shanghai e uno a Pechino, per seguire da vicino i clienti locali. Ed è in Oriente che la tecnologia di Danieli ha ricevuto quest'anno i maggiori apprezzamenti con una serie di commesse.
L'ultimo accordo in ordine di tempo, subito prima delle due commesse cinesi, è stato quello con il gruppo siderurgico giapponese Tokyo Steel, principale utilizzatore nipponico di rottami di acciaio che ha selezionato il gruppo di Buttrio per utilizzare il Q-ASC Automatic Scrap Classification system in sotanza un innovativo sistema di classificazione automatica degli scarti metallici. Ma non solo Cina e Giappone, in Thailandia la controllata Danieli Services fornirà a GJ Steel un nuovo set di 216 rotoli in acciaio inossidabile come parte di un progetto di ammodernamento degli impianti, mentre la vietnamita Pomina, uno dei più grandi produttori di acciaio del Paese, ha assegnato a Danieli Automation la fornitura di un pacchetto di apparecchiature elettriche e di automazione per il forno esistente di Reheating e il laminatoio di Pomina 2.. Insomma per la Danieli di Buttrio il vento verso oriente sembra soffiare costante e fattivo anche versso la Russia dove l'azienda ha avuto un nuovo contratto per la costruzione di un impianto destinato a fabbricare tubi per la produzione di petrolio e gas senza saldature. Ma a dimostrazione della vocazione mondiale nel febbraio scorso Danieli ha stretto una partnership con GFG Alliance per la progettazione e la costruzione di una nuova acciaieria ad alta tecnologia per rotaie e profilati presso lo stabilimento di Whyalla Steelworks in Australia mentre in Azerbaijan ha avviato una joint venture con uno dei principali gruppi cinesi per costruire la più grande acciaieria ciclo completo del paese. Intanto l'espansione non trascura i mercati occidentali: a fine novembre il gruppo aveva comunicato di essere stato selezionato per realizzare un completo ammodernamento dell'impianto di acciaio in Ontario (Canada) di Algoma Steel. Anche in questo caso il valore del contratto non era stato comunicato. Sulla base di queste attività presenti e future non dovrebbero esserci problemi per la società friulana, anche se lavorando su scaccjieri geopolitici delicati, i rischi esistono. Il gruppo ha archiviato il bilancio 2018/2019 (la società chiude il bilancio al 30 giugno) con un portafoglio ordini di 3,1 miliardi rispetto ai 2,95 miliardi di inizio esercizio, un fatturato di 3 miliardi, +13%, e un ebitda di 238 milioni, +5%. L'utile netto è salito del 15% a 67 milioni.