Blitz contro clan camorristici in corso in mezza Italia: sequestrati beni per 320 milioni di euro

Beni riconducibili a un clan di camorra per un valore di 320 milioni di euro sono in corso di sequestro da parte della Guardia di Finanza di Napoli in tutta Italia. Sotto sequestro attività commerciali, immobili e terreni intestati a un centinaio di prestanome ma gestiti - secondo il Gico - da soggetti contigui al clan operante a Napoli. I sequestri - si apprende dalla Guardia di Finanza partenopea - sono stati disposti  per l'applicazione delle misure di prevenzione del Tribunale di Napoli nei riguardi di un clan di camorra che opera a Napoli. Nelle indagini, condotte come accennato dal Gico del Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli - stando agli elementi emersi finora - è stato individuato un vasto patrimonio costituito in maniera illecita, formalmente intestato ai prestanome ma in realtà - secondo gli investigatori - gestito direttamente da soggetti contigui al clan. Le attività commerciali riguardano svariati settori e i beni posti sotto sequestro - hanno reso noto le Fiamme Gialle - sono tutti riconducibili ai soggetti sottoposti alla misura di prevenzione. Questa operazione arriva a poco più di una settimana da quella definita "camorra capitale", quando in manette finirono, era il 10 febbraio scorso,  61 persone conosciute come i “napoletani della Tuscolana".  Imponente anche in quella occasione l'entità dei beni sequestrati:  30 immobili di cui 28 a Roma e provincia, uno nell’Avellinese e uno a Isola di Capo Rizzuto; 72 veicoli, 20 società e 222 rapporti finanziari per un valore complessivo stimato di circa 10 milioni di euro. In quell'occasione ad operare furono i carabinieri del comando provinciale di Roma che hanno portato all’individuazione di una organizzazione per delinquere di matrice camorristica operante nella zona a sud est di Roma, capeggiata, fino al suo arresto per associazione mafiosa e omicidio, da Domenico Pagnozzi, già  detenuto in regime di 41 bis. Oltre a Domenico Pagnozzi, condannato all’ergastolo per l’omicidio Carlino del 2001 e soprannominato ‘ice’ per i suoi occhi di giaccio, vi era fra gli  arrestati, Massimiliano Colagrande, uomo vicino all’estrema destra e coinvolto nell’inchiesta “Mafia capitale” . Come dire il cerchio si stringe anche se non è chiaro se vi siano interconnessione fra le due operazioni, ma di certo la matrice camorristica era comune, anche se la suddivisone in clan spesso diventa quasi a compartimenti stagni.  Tra i locali sequestrati nella prima decade di febbraio ci sono bar e ristoranti del centro di Roma, tra questi il bar Tulipano, da cui prende il nome l’operazione, che si trova in Via del Boschetto, nel Rione Monti, a pochi passi dall’abitazione dell’ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Ma anche un ristorante di Via dei Vascellari a Trastevere, e un negozio di orologi di Via Barberini. Come accennato negli ambienti criminali, gli affiliati al gruppo, erano noti come ‘i napoletani della Tuscolana’ poiché, da quanto accertato dagli investigatori, l’organizzazione era caratterizzata dall’integrazione tra personaggi di origine campana e noti criminali romani tanto da poter essere considerata una realtà autoctona che si avvaleva però della connotazione camorristica del suo capo, Domenico Pagnozzi, e di alcuni affiliati per poter accrescere la propria forza intimidatrice nella Capitale. Per gli inquirenti il gruppo gestiva lo spaccio di stupefacenti in alcune piazze della periferia della Capitale, come Centocelle, Borghesiana, Pigneto e Torpignattara. Durante le indagini sono emerse inoltre episodi di estorsioni e gravi intimidazioni per imporre il volere del clan e per recuperare crediti usurai anche per conto di terze persone. A quanto emerso, inoltre, l’organizzazione intendeva monopolizzare anche il controllo della distribuzione delle slot machines in molti esercizi commerciali della zona Tuscolana-Cinecittà. Insomma la doppia fotografia di una rete criminale imponente che dimostra, nelle due operazioni,  la capacità di radicamento dei malavitosi nella società secondo un chiaro copione. Il denaro illecito si recupera dappertutto ma soprattutto nelle grandi aree urbane, ma investimenti ed affari in giacca e cravatta si fanno soprattutto al nord, meglio in zone "tranquille" a bassa intensità malavitosa dove da parte delle istituzioni la "guardia" è bassa.