Arriva la nuova vessazione di Stato sui migranti regolari. Tassa supplementare “cattiveria” dell’1,5% sulle rimesse alle famiglie

La propaganda paga, la cattiveria anche. Così sulla base di questa miscela esplosiva che affonda le radici nelle peggiori debolezze della natura umana, il tema migrazioni, migranti e stranieri in genere non solo è prepotentemente presente nella agenda politica ma lo è anche nell'azione di governo che spera così di annacquare le evidenze dei propri fallimenti programmatici. Cosa c'è di meglio che innestare la guerra fra i poveri per distogliere l'attenzione del popolo elettore facendolo diventare plebaglia di basso livello di comprendonio. Così con il doppio risultato di colpire i migranti, quelli regolari è integrati, facendo anche cassa è nata appunto la “tassa sui migranti regolari” e già immaginiamo alcuni solerti tecnici ministeriali all'opera nello studiare ogni migliore forma di vessazione non verso i "clandestini" ma verso i regolari perchè "prima gli italiani" deve passare innanzitutto attraverso le differenziazioni di nazionalità, oseremmo dire razziali. Il nuovo balzello sugli "stranieri" è dell’1,5% ed è applicato sulle rimesse verso l'estero, insomma per far cassa, il governo penta-leghista si prepara a pescare in quel fiume di denaro che scorre dall’Italia verso i Paesi d’origine degli immigrati. Denari, intendiamoci, sui quali gli immigrati hanno già pagato le tasse dato che per la quasi totalità, chi invia denaro alle famiglie all'estero, è lavoratore dipendente e quindi tassato alla fonte. Un prelievo che porterà allo Stato poco più di 60 milioni di euro ma che peserà molto sulle tasche dei lavoratori bangladesi, filippini, senegalesi e indiani. Non solo. La nuova tassa sui money transfer si aggiunge alle spese di commissione già pagate dai migranti e cozza contro tutti gli impegni assunti a livello internazionale. Se poi consideriamo che il governo ha anche annunciato che il reddito di cittadinanza sarà solo per gli italiani in ossequio allo slogan “prima gli italiani”, ci si è dimenticati che tasse mascherate ed esclusioni varie spesso cozzano con obblighi costituzionali che prevedono pari trattamento per chi soggiorna regolarmente in Italia da lungo tempo. E, soprattutto, gli “stranieri” non sono tutti uguali dal punto di vista normativo per non parlare del fatto che si potrebbe ottenere l'effetto di ingrossare i canali informali e spesso illegali di trasferimento del denaro o di quelle “border line” che vedranno italici faccendieri prestarsi ad operazioni di trasferimento denaro come prestanome o addirittura, in zone di frontiera, attraverso sportelli money transfer o bancari situati all'estero. Ma in realtà il metodo più seguito dai migranti per portare il denaro ai familiari è costituito dal “contante al seguito” portato con sé nelle periodiche visite presso il paese di origine. Questo flusso “informale” spiega un’indagine che la Banca d’Italia ha pubblicato nel giugno del 2016 (dal titolo: “Le rimesse dei lavoratori stranieri in Italia: una stima dei flussi invisibili del canale informale”) si colloca tra il 10 e il 30% del flusso totale, dove per “totale” si intende il flusso complessivo verso l’estero, ossia “osservato” (dato ufficiale pubblicato) più “informale” (non osservato). In altre parole, fino a quasi un terzo (circa il 30 per cento) del denaro che è inviato all’estero dai lavoratori immigrati potrebbe passare da canali informali e con la nuova trovata salviniana c'è da scommettere che la percentuale aumenterà di molto. Ma poco importa, l’intenzione del governo è dunque quella di introdurre nel decreto fiscale (tramite un emendamento targato Lega) un prelievo dell’1,5% su tutti i trasferimenti di denaro diretti verso Paesi extraeuropei come operazione di propaganda, poco importerà se gli effetti saranno economicamente marginali per le casse dello stato ma non per le tasse degli stranieri sulle cui rimesse già incidono le “esose” commissioni pagate al servizio di money transfer. Considerando che la media italiana è del 6,20%, si calcola che i migranti abbiano pagato quasi 350 milioni di euro in commissioni nel solo 2017. Numerosi accordi internazionali sono volti a ridurre il costo di queste transazioni finanziarie verso l’estero effettuate da persone fisiche, già nel corso del G8 del 2009 a L’Aquila fu stabilito l’obiettivo di portarlo al 5%. Lo stesso obiettivo fu ribadito ai G20 di Cannes (2011) e Brisbane (2014). Inoltre, all’interno degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite è fissato l’impegno di ridurre i costi al 3% entro il 2030. Con la nuova “tassa sui migranti regolari” il nostro Paese prenderà invece tutt’altra direzione: portando di fatto oltre il 7% (tra commissione e nuovo balzello) il costo delle rimesse. A pesarne le conseguenze teoriche è uno studio della Fondazione Leone Moressa che spiega che nel primo semestre del 2018, per la prima volta dal 2013, si registra infatti un segnale di ripresa: 2,71 i miliardi di euro spediti all’estero, con un aumento dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2017. Mantenendo la tendenza dei primi sei mesi, a fine 2018 si sfiorerebbero i 5,5 miliardi. Lo scorso anno le rimesse complessive dal nostro Paese si sono invece fermate a quota 5 miliardi. Di questi, circa l’80% è destinato a Paesi extra Ue (4,13 miliardi). «Applicando la nuova ipotetica tassa dell’1,5% – scrivono i ricercatori della Moressa – entrerebbero dunque nelle casse dello Stato 62 milioni di euro». Bangladesi e filippini i più colpiti, infatti se si guarda alla classifica di chi spedisce più soldi a casa, dopo i romeni (che non sarebbero tassati in quanto comunitari), da tempo si segnala il record dei bangladesi. E infatti, «il contributo più consistente imposto dalla tassa sarebbe dato dai cittadini del Bangladesh, con ben 8 milioni di euro». E visto che i bangladesi in Italia sono circa 130mila, sarebbe come chiedere a ciascuno di loro, inclusi bambini e anziani, un contributo annuale di circa 60 euro. Seguono i migranti delle Filippine (che verserebbero 4,9 milioni complessivi di tasse), Senegal (4,6 milioni), India (4,4 milioni), Sri Lanka (4,2) e Marocco (4,2).